Care amiche,
cari amici
La mancanza di attenzione e di
solidarietà nei confronti dei tanti cristiani perseguitati e uccisi nel mondo è
certamente il segno della crisi della nostra società cristiana.
Il fatto che i
ripetuti inviti degli ultimi tre Papi, con parole forti e drammatiche, a
ricordarli, a pregare per loro e per le loro famiglie, a fare sentire sugli
assassini la pressione della nostra preghiera affinché si convertano e la smettano
di uccidere, il fatto che tutto questo non venga recepito nelle parrocchie, nei
movimenti e associazioni, nella nostra vita quotidiana di cristiani
d'Occidente, tutto questo rappresenta un problema.
Eppure papa Francesco ha ricordato
con forza in diverse occasioni che se la Chiesa è un corpo tutti devono
sentirsi solidali quando qualcuno soffre. Eppure l'arcivescovo di Milano
continua a tenere alta l'attenzione, sia con i suoi interventi sia invitando
protagonisti delle Chiese perseguitate a comunicare la loro esperienza
drammatica. Ma così non avviene e la solidarietà non decolla. Perché?
I motivi
possono essere diversi.
Innanzitutto c'è quella che il Papa
chiama la malattia o il peccato dell'indifferenza. Una indifferenza che nasce
dalla mancanza di preghiera e quindi di carità, cioè di quell'amore per i
fratelli che ha origine dalla convinzione che la Chiesa è un solo corpo, una
sola famiglia. Causa di questo peccato di omissione è anche una cattiva
formazione, che ci ha fatto dimenticare che cosa è effettivamente la Chiesa,
così come la definisce il Catechismo della Chiesa Cattolica.
Un altro motivo nasce dalla
ossessiva ed esclusiva attenzione alla crisi della Chiesa, così come si
manifesta in Occidente e in particolare in Europa. Questo ci fa dimenticare i
diversi problemi che la Chiesa deve affrontare dove viene fisicamente
perseguitata, in Asia e in Africa per esempio, dove è ancora in corso una prima
evangelizzazione che incontra resistenza e persecuzione. Chi ha in testa solo i
propri problemi, le proprie abitudini, non riesce ad aprirsi ai problemi altrui
e nemmeno alla sofferenza. Mi chiedo spesso che cosa debba accadere per sentire
finalmente nelle nostre chiese, nelle nostre associazioni e movimenti, una
presa di posizione chiara e forte sul tema della persecuzione e della libertà
religiosa.
Un terzo problema riguarda il
principio della libertà religiosa che riguarda soprattutto i cristiani, ma non
soltanto. I cristiani delle diverse confessioni sono i più perseguitati, ma la
Chiesa si fa un vanto di difendere la libertà di tutti, anche di chi professa
un'altra religione, perché il diritto alla libertà religiosa appartiene alla
persona e alle comunità e questo diritto deve essere riconosciuto e protetto
dagli Stati in quanto tale. Il tema della vera religione è fondamentale ma non
riguarda la competenza dello Stato moderno. La forza che viene alla Chiesa
dall'essere e dal presentarsi come la garante della libertà di tutti i
perseguitati è grandissima, si pone sul piano della ragione, precede tutte le
religioni e offre ai cattolici una forza e una credibilità straordinari.
Un'ultima considerazione riguarda il
fatto che la religione (e a maggior ragione la Chiesa cattolica) deve occupare
lo spazio pubblico e questa verità viene poco percepita in Occidente, dopo
secoli di laicismo. La persecuzione nei confronti dei cristiani in Iraq, Siria,
Pakistan e Nigeria, per citare solo i casi più emblematici, non può essere
risolta semplicemente ritagliando a questi perseguitati un piccolo spazio dove
poter sopravvivere, ma riconoscendo il ruolo pubblico e storico della religione
e in particolare delle Chiese che hanno segnato la storia di quelle nazioni.
Per tutti questi motivi, Alleanza
Cattolica organizza con Integra onlus un grande convegno
internazionale che si svolgerà a Milano sabato 28 marzo (Hotel
Michelangelo – Piazza Luigi di Savoia 6), dalle 15 alle 18. Saranno presenti
uomini molto significativi, a cominciare da Paul Bhatti, il fratello del
martire Shabbaz, ucciso in Pakistan quando era ministro dello Stato in
rappresentanza delle minoranze religiose di quel Paese. Ci sarà anche il
vescovo Agostino Marchetto, considerato da Papa Francesco il miglior interprete
del Vaticano II, che ci parlerà della libertà religiosa, mentre altri,
giornalisti e uomini delle istituzioni, ci presenteranno il problema dal punto
di vista delle vittime, sia i perseguitati sia quelli costretti a fuggire
dall'inferno della violenza fondamentalista.
Invitiamo tutti i nostri amici a non
mancare a questo importante evento, a invitare altri, a farlo conoscere anche
come forma di solidarietà nei confronti di chi sta ancora soffrendo e non deve
essere dimenticato, come Asia Bibi, la madre cristiana in prigione in Pakistan,
e le decine di migliaia di profughi sopravvissuti alla violenza islamista del
Califfato in Iraq e Siria.
FONTE: Marco Invernizzi di Alleanza Cattolica
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