Partendo
dalla scena evangelica del giovane ricco che non riesce a rinunciare ai propri
beni, Francesco ha denunciato che <<l'attaccamento
alle ricchezze è l'inizio di ogni genere di corruzione, dappertutto:
corruzione personale, corruzione negli affari, anche la piccola corruzione
commerciale di quelli che tolgono 50 grammi al peso giusto, corruzione
politica, corruzione nell'educazione>>.
Il motivo è che <<quelli che
vivono attaccati al proprio potere, alle proprie ricchezze, si credono nel
paradiso. Sono chiusi, non hanno orizzonte, non hanno speranza. Ma alla fine
dovranno lasciare tutto>>.
La cosa più drammatica, in una
prospettiva soprannaturale, è che questo attaccamento <<ci dà tristezza e
ci fa sterili>>. Ma, ha precisato
il Pontefice, <<dico "attaccamento"", non
"amministrare bene le ricchezze", perché le ricchezze sono per il
bene comune, per tutti. E se il Signore a una persona gliene dà è perché le
utilizzi per il bene di tutti, non per se stesso>>.
Senza generosità, le ricchezze
<<ci fanno credere che siamo potenti, come Dio. E alla fine ci tolgono il
meglio, la speranza>>.
Gesù invece indica la giusta
modalità per vivere il possesso dei beni: <<La prima beatitudine,
"Beati i poveri in spirito", cioè aprire la mano, aprire il cuore,
aprire l'orizzonte>>.
FONTE:
Omelie da Santa Marta di Papa Francesco
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