Capire la
crisi. Parte 4
Invece, è stata proprio la
globalizzazione della follia a rendere sistemico il pericolo.
Perché è solo compiendo un
microscopico atto di fiducia nei nostri confronti che il barista può appoggiare
la tazzina sul bancone, fidandosi del fatto che noi pagheremo il nostro euro.
Ed è solo fidandoci del barista che noi possiamo lasciare la moneta sul bancone
prima che il caffè arrivi. Se nessuno si fida, noi e il barista resteremmo
fermi per ore a guardarci con la tazzina e l'euro trattenuti nelle nostre mani.
La fiducia non è cosa da poco,
appartiene alla categoria del capitale sociale di una comunità, piccola o
grande che sia. Ci vogliono decenni per costruire un patrimonio di fiducia, può
bastare un niente per distruggerlo. E, a quel punto, quando il danno è fatto,
per rimettere insieme i cocci del vaso possono servire anni.
Quello che avviene nel mondo dopo il
fallimento della Lehman Brothers è proprio questo. Più che l'effetto del
contagio finanziario per i titoli tossici in circolazione legati alla Lehman, a
mandare in corto circuito l'economia planetaria è una gigantesca crisi di
fiducia.
L'etica? Un insieme di regole,
niente di più, norme che servono a piegare le nuove pratiche al servizio del
denaro e del Business.
Il concetto
di bene comune è sacrificato a favore del bene individuale.
Ai francescani va, invece, il merito
di <<trovare la via d'uscita dall'imbarazzo della ricchezza, con l'invenzione
dell'economia del mercato civile>>, come insegna uno dei massimi esperti
della materia, l'economista Stefano Zamagni.
L'economia di mercato nasce, dunque,
come esaltazione della libertà e della tensione verso il bene comune.
Il discorso valeva allora, quando
vengono fondati i Monti di Pietà e l'attività di credito viene sottratta alla
comunità degli avari usurai per essere destinata a favore della collettività.
Ma varrebbe ancora oggi, se, ad esempio, la finanza tornasse alla sua funzione originaria di sostegno dell'economia reale e
del benessere dell'umanità, e non venisse utilizzata per produrre ricchezza a
favore di pochi e a danno di altri.
Gli strumenti del mercato in sé sono
neutri, è l'uso che se ne fa, o l'assenza di regole, a cambiare le cose.
Il problema dei subprime, del
credito facile, delle speculazioni con i derivati, e, in ultima istanza, della
crisi che si genera negli Stati Uniti e travolgerà l'Europa, è tutto qui. Non
negli strumenti del mercato, ma nell'uso di questi a favore di un guadagno
esclusivamente individuale, per gonfiare il pil e far credere alle persone di
poter raggiungere più velocemente la felicità. Consumando e indebitandosi.
Sono i colpi della crisi e della
speculazione internazionale, l'euro si rivela una moneta non completa, nata da
un'unione imperfetta.
Ovviamente, il problema non sono i
disegni sulle banconote, ma il modo in cui è stata costruita l'Eurozona.
L'Europa che ha aderito al progetto della moneta si è lanciata nell'avventura
senza compiere subito quei passi necessari a garantire la tenuta di un'unione
monetaria. Come la storia di altre esperienze simili ha insegnato, è difficile
stare insieme sotto lo stesso cambio senza integrare veramente le economie,
senza un sistema di governo economico efficiente e comune, senza coordinare le
politiche fiscali, di bilancio e quelle sociali. Senza un ministero delle
Finanze comune, o almeno una via di fuga in caso di emergenza.
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