giovedì 18 giugno 2015

CRISI DI FIDUCIA SULLA SITUAZIONE MONDIALE



Capire la crisi. Parte 4

            Invece, è stata proprio la globalizzazione della follia a rendere sistemico il pericolo.

            Perché è solo compiendo un microscopico atto di fiducia nei nostri confronti che il barista può appoggiare la tazzina sul bancone, fidandosi del fatto che noi pagheremo il nostro euro. Ed è solo fidandoci del barista che noi possiamo lasciare la moneta sul bancone prima che il caffè arrivi. Se nessuno si fida, noi e il barista resteremmo fermi per ore a guardarci con la tazzina e l'euro trattenuti nelle nostre mani.

            La fiducia non è cosa da poco, appartiene alla categoria del capitale sociale di una comunità, piccola o grande che sia. Ci vogliono decenni per costruire un patrimonio di fiducia, può bastare un niente per distruggerlo. E, a quel punto, quando il danno è fatto, per rimettere insieme i cocci del vaso possono servire anni. 

            Quello che avviene nel mondo dopo il fallimento della Lehman Brothers è proprio questo. Più che l'effetto del contagio finanziario per i titoli tossici in circolazione legati alla Lehman, a mandare in corto circuito l'economia planetaria è una gigantesca crisi di fiducia.

            L'etica? Un insieme di regole, niente di più, norme che servono a piegare le nuove pratiche al servizio del denaro e del Business.

Il concetto di bene comune è sacrificato a favore del bene individuale.

            Ai francescani va, invece, il merito di <<trovare la via d'uscita dall'imbarazzo della ricchezza, con l'invenzione dell'economia del mercato civile>>, come insegna uno dei massimi esperti della materia, l'economista Stefano Zamagni.

            L'economia di mercato nasce, dunque, come esaltazione della libertà e della tensione verso il bene comune.

            Il discorso valeva allora, quando vengono fondati i Monti di Pietà e l'attività di credito viene sottratta alla comunità degli avari usurai per essere destinata a favore della collettività. Ma varrebbe ancora oggi, se, ad esempio, la finanza tornasse alla sua funzione  originaria di sostegno dell'economia reale e del benessere dell'umanità, e non venisse utilizzata per produrre ricchezza a favore di pochi e a danno di altri.

            Gli strumenti del mercato in sé sono neutri, è l'uso che se ne fa, o l'assenza di regole, a cambiare le cose.

            Il problema dei subprime, del credito facile, delle speculazioni con i derivati, e, in ultima istanza, della crisi che si genera negli Stati Uniti e travolgerà l'Europa, è tutto qui. Non negli strumenti del mercato, ma nell'uso di questi a favore di un guadagno esclusivamente individuale, per gonfiare il pil e far credere alle persone di poter raggiungere più velocemente la felicità. Consumando e indebitandosi.

            Sono i colpi della crisi e della speculazione internazionale, l'euro si rivela una moneta non completa, nata da un'unione imperfetta.

            Ovviamente, il problema non sono i disegni sulle banconote, ma il modo in cui è stata costruita l'Eurozona. L'Europa che ha aderito al progetto della moneta si è lanciata nell'avventura senza compiere subito quei passi necessari a garantire la tenuta di un'unione monetaria. Come la storia di altre esperienze simili ha insegnato, è difficile stare insieme sotto lo stesso cambio senza integrare veramente le economie, senza un sistema di governo economico efficiente e comune, senza coordinare le politiche fiscali, di bilancio e quelle sociali. Senza un ministero delle Finanze comune, o almeno una via di fuga in caso di emergenza.

FONTE: Titolo: Capire la crisi; Autore: Massimo Calvi; Editore: Rubbettino

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