martedì 11 marzo 2014

SARA' UN SINODO RIVOLUZIONARIO?



         In vista del prossimo sinodo incentrato sul tema della famiglia continuano a rincorrersi dichiarazioni sempre più insolite e speranzose. Speranzose perché da più parti si aspetta il sinodo come un nuovo concilio in cui la Chiesa possa rivedere alcune posizioni in merito alle complicate situazioni matrimoniali. 

            Ultimo in ordine di tempo è stato il cardinal Walter Kasper che ha affermato di aspettarsi molte novità sulla pastorale familiare perché  «esistono attese che non possono essere deluse». Le attese di cui parla il cardinale sono quelle emerse dal recente questionario in cui una netta maggioranza di fedeli germanofili si aspetta dalla gerarchia ecclesiastica un apertura sui temi di omosessualità, seconde nozze e soprattutto sul diritto alla comunione per i divorziati risposati.

            In pratica, però,  un questionario non può modificare il Magistero. Per di più lo scorso 22 ottobre in un corposo documento  (Indissolubilità del matrimonio e dibattito sui divorziati risposati e sui sacramenti su "L'Osservatore Romano" del 23 ottobre 2013) il  Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede Gehrard Müller aveva già chiarito le basi su cui affrontare il prossimo sinodo e non discosta di molto, anzi conferma in maniera decisa,  l’idea di papa Benedetto XVI secondo cui una pastorale sulla famiglia deve poggiarsi sulla verità.  Il documento ribadisce la linea del Magistero della Chiesa che più volte si è espresso in merito. In particolare cita come riferimento principale la Familiaris Consortio  pubblicata nel 1981 da Giovanni Paolo II.  Nell’esortazione apostolica il papa, prossimo santo, chiariva che è importante mostrare carità e comprensione verso le difficili situazioni vissute dai tanti divorziati risposati ma che questo non vuole dire riammettere al sacramento della comunione. Perché «se si ammettessero queste persone all’eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio».

            A chi avanza che la confessione possa essere sufficiente per coloro che vivono situazioni matrimoniali non regolari per riaccostarsi al sacramento della comunione,  il cardinal Müller chiarisce che il pentimento è una condizione determinante ma ad esso deve seguire «una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio». Il concetto fondante intorno cui muovere una pastorale sulla famiglia è di dover  compiere «ogni sforzo perché venga compreso bene che non si tratta di nessuna discriminazione, ma soltanto di fedeltà assoluta alla volontà di Cristo che ci ha ridato e nuovamente affidato l’indissolubilità del matrimonio».

            Un aspetto particolare su cui diversi commentatori hanno insistito riguarda il dibattito sull’insegnamento  dei Padri della Chiesa.  Alcuni studiosi affermano che le posizioni della Chiesa poggiano solo su un filone e non su tutta l’eredità patristica. In oriente, infatti, secondo il principio di oikonomìa (clemenza) ,in alcuni casi particolarmente difficili, sono previste le seconde e terze nozze,  anche se differenti  sacramentalmente dalle prime. Il cardinale Müller avvalora la Tradizione della Chiesa cattolica che «ha difeso l’assoluta indissolubilità del matrimonio anche a costo di grandi sacrifici e sofferenze», ricordando lo scisma di Enrico VIII,  e  «ha respinto il divorzio e il secondo matrimonio».  Sbagliano quindi quegli studiosi che difendono questa linea di studi perché l’eredità  dei padri è «inequivocabile».  

            Quindi, nessuna rivoluzione. Soprattutto in questo momento perché repentini cambiamenti verrebbero avvertiti  solo come una concessione allo spirito mondano contrario all’insegnamento di Cristo e non come un atto di misericordia.  «Uno dei più gravi problemi pastorali» scrive il cardinal Müller «consiste nel fatto che molti giudicano il matrimonio esclusivamente secondo criteri mondani e pragmatici. Chi pensa secondo lo “spirito del mondo” (1 Corinzi, 2, 12) non può comprendere la sacramentalità del matrimonio. Alla crescente mancanza di comprensione circa la santità del matrimonio, la Chiesa non può rispondere con un adeguamento pragmatico a ciò che appare inevitabile, ma solo con la fiducia nello “Spirito di Dio, perché possiamo conoscere ciò che Dio ci ha donato” (1 Corinzi, 2, 12)».

Scritto da Michele Canali

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