La Teologia del Corpo di Giovanni Paolo II
Il racconto jahvista prosegue così:
<<Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua
moglie e i due saranno una sola carne>>. Poiché l'unione della carne di
cui qui si parla è senza dubbio l'atto coniugale, si può affermare che
nell'atto coniugale l'uomo e la donna riscoprono il mistero della
creazione,
ritrovano l'unione originaria (<<carne dalla mia carne e osso dalle mie
ossa>>) e con essa la propria identità maschile e femminile, superano la
solitudine esistenziale. Ma c'è di più: con questa intima unione, con questa
profonda comunione l'uomo e la donna diventano immagine e somiglianza di Dio.
La sessualità è dunque il mezzo con il quale l'uomo e la donna entrano in
comunione tra loro e riflettono l'immagine di Dio.
La sessualità nevrotica (pornografia,
masturbazione, prostituzione, ...) è quella che utilizza la sessualità, e
trasforma l'altra persona in un oggetto sessuale.
Secondo Giovanni Paolo II, uno
splendido esempio di linguaggio del corpo è offerto dal Cantico dei Cantici:
<<Il "Cantico dei Cantici" si trova certamente sulla scia di
quel sacramento, in cui, attraverso il "linguaggio del corpo", è
costituito il segno visibile della partecipazione dell'uomo e della donna
all'alleanza della grazia e dell'amore, offerta da Dio all'uomo. [...] Perfino
un'analisi sommaria del testo del "Cantico dei Cantici" permette di
sentire esprimersi in quel fascino reciproco il "linguaggio del
corpo". Tanto il punto di partenza quanto il punto d'arrivo di questo
fascino - reciproco stupore ed ammirazione - sono infatti la femminilità della
sposa e la mascolinità dello sposo nell'esperienza diretta della loro
visibilità. Le parole d'amore, pronunciate da entrambi, si concentrano dunque
sul "corpo", non solo perché esso costituisce per se stesso sorgente
di reciproco fascino, ma anche e soprattutto perché su di esso si sofferma
direttamente e immediatamente quell'attenzione verso l'altra persona, verso
l'altro "io" - femminile e maschile - che nell'interiore impulso del
cuore genera l'amore>>.
Tra le offese alla castità va
ricordata la pratica dell'omosessualità. Benché questa tendenza (pur essendo un
disordine oggettivo) non sia di per sé un peccato, <<gli atti di
omosessualità sono intrinsecamente disordinati. Sono contrari alla legge
naturale. In nessun caso possono essere approvati>> (C.C.C. 2357). Il
giudizio negativo nei confronti dell'omosessualità non riguarda però le persone
che provano queste tendenze; esse, infatti, <<devono essere accolte con
rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di
ingiusta discriminazione>> (C.C.C. 2358).
Ma il bene reciproco degli sposi non
è l'unico fine del matrimonio: <<Mediante l'unione degli sposi si
realizza il duplice fine del matrimonio: il bene degli stessi sposi e la
trasmissione della vita>> (C.C.C. 2363). <<La fecondità è un dono,
un fine del matrimonio>> (C.C.C. 2366). <<Per validi motivi gli
sposi possono voler distanziare le nascite dei loro figli>> (C.C.C.
2368).
<<Le tecniche che provocano
una dissociazione dei genitori, per l'intervento di una persona estranea alla
coppia (dono di sperma o ovocita, prestito dell'utero) sono gravemente
disoneste. Tali tecniche (inseminazione e fecondazione artificiali eterologhe) ledono
il diritto del figlio a nascere da un padre e da una madre conosciuti da lui e
tra loro legati dal matrimonio. Tradiscono il diritto esclusivo degli sposi a
diventare padre e madre soltanto l'uno attraverso l'altro>> (C.C.C.
2376). <<Praticate in seno alla coppia, tali tecniche (inseminazione e
fecondazione artificiali omologhe) sono, forse, meno pregiudizievoli, ma
rimangono moralmente inaccettabili. Dissociano l'atto sessuale dall'atto
procreatore>> (C.C.C. 2377).
EMMANUELE
FONTE:
Titolo: Amore e sessualità. La Teologia del Corpo di Giovanni Paolo II; Autore:
Roberto Marchesini; Editore: I quaderni del Timone.
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