Care
amiche, cari amici
C'è qualcosa di grottesco e
profondamente inaccettabile nel modo in cui, anche quest'anno, viene affrontato
il tema delle donna in occasione dell'8 marzo. L'aggravante di quest'anno
riguarda la discussione sulla legge elettorale, cioè la pretesa di inserire la
parità di genere nelle candidature, dopo i consigli di amministrazione, le pari
opportunità, le quote rose, adesso dovrebbe diventare obbligatorio per legge
che ogni lista elettorale preveda la presenza di una metà di donne.
Che così tante persone non si
rendano conto che questo modo di ragionare è la peggiore offesa che si possa
fare alle donne è veramente difficile da credere. Ma forse non è questo il
punto. Il punto è che esiste da anni ormai un itinerario di genere che mira a
eliminare la differenza fra l'uomo e la donna, a ogni costo. Anche a costo,
perciò, di ricoprire le donne di ridicolo, quasi fossero una specie protetta
composta da persone un poco minorate (minus habens), che hanno bisogno della
spinta legale per affermarsi, essendo incapaci di farlo da sole.
Ma, appunto, non è questo il
discorso. Il punto è che dal 1955 almeno esiste un tentativo di imporre
l'ideologia del gender, termine che in quell'anno venne usato per la prima
volta in Usa da John Money, un medico che sperimentò su un bambino la
possibilità di educare un maschio a essere una femmina. Fu un tragico
fallimento ma anche l'inizio di una ideologia, che avrebbe portato a negare
l'esistenza della natura, maschile o femminile, sostenendo che ogni persona
diventa, da un punto di vista sessuale, ciò che vuole diventare, seguendo il
proprio orientamento, oppure non diventa una identità sessualmente stabile,
preferendo cambiare orientamento di volta in volta ... Questo processo di
trasformazione ideologica della persona e della cultura occidentale viene
descritto in un bel libro scritto da Marguerite A. Peeters, Le gender. Une
norme mondiale? Pour un discernement, che sta per essere tradotto in
italiano.
Se il 1955 è l'inizio, il 1989 è un
nuovo inizio. Finisce la Guerra fredda, quell'anno, con la caduta del Muro di
Berlino, e inizia una nuova epoca. Dalla "questione sociale" si passa
alla "questione antropologica", e le questioni bioetiche diventano
centrali, al posto di quelle ideologiche. Il sesso non esiste, sostiene questa
ideologia, perché ha il torto di fissare una identità, qualcosa di stabile,
mentre tutto nel mondo deve fluire nel divenire, indistintamente, verso un
esito senza meta.
Maschi o femmine, omo o
transessuali, unioni aperte a tutti i tipi di coppia, addirittura la pretesa di
insegnare alla Chiesa come si deve comportare di fronte a queste sfide epocali:
questa è l'ideologia del gender che ispira le Pari opportunità, le quote rosa,
il disegno di legge Scalfarotto approvato alla Camera dei deputati,
l'iniziazione al sesso dei bambini nelle scuole secondo programmi preparati da
organizzazioni lgbt su indicazione del Ministero dell'istruzione, il matrimonio
gay in tutti i Paesi occidentali.
Questa è l'ideologia che umilia la
donna, considerandola una minorata incapace di raggiungere quegli obiettivi
sociali per i quali ha bisogno del concorso della legge dello Stato.
Da questa ideologia dobbiamo
difenderci, innanzitutto conoscendone la pericolosità e poi, soprattutto,
riaccostandoci con gratitudine alle fonti della cultura cristiana, che ha
donato all'Occidente l'idea di persona, titolare di diritti inalienabili, che
lo Stato deve soltanto riconoscere. Persona che nasce maschio o femmina, nel
rispetto della natura.
Scritto da Marco Invernizzi
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