giovedì 28 maggio 2015

CAPIRE LA CRISI



Parte 2

            L'avidità è la madre della vita facile, il faro di chi vede nel lavoro una minaccia, il volano di un agire economico che non prevede responsabilità, di azioni che escludono a priori solidarietà e carità. L'avidità è all'origine di tutti quei comportamenti che creano un benessere artificiale facendo pagare i danni a qualcun altro.
              In queste pagine vorremmo provare a raccontare come la crisi - che convenzionalmente viene fatta deflagrare nell'estate del 2007, con lo scoppio della bolla immobiliare e il crollo dei mutui subprime negli Stati Uniti, e che estende i suoi effetti fino ai giorni nostri - prima che frutto di una deriva finanziaria o politica sia in realtà una crisi di tipo morale: non in quanto violazione di una manciata di regole etiche, ma come globale e diffusa perdita di senso della realtà e di disprezzo del bene comune. A ogni livello. 

            Si devono verificare alcune precise condizioni. Una di queste, ad esempio, è che l'inflazione sia sotto controllo.

            Il sistema, introdotto dalla globalizzazione, funziona così: la stragrande maggioranza degli oggetti che vengono prodotti da aziende americane e venduti in tutto il mondo - dai tablet, alle camice di moda - è realizzato in Asia beneficiando di una manodopera che costa quasi niente (sia in termini di dollari sia, spesso in termini di diritti umani) e accettando un cambio con lo yuan, la moneta cinese, tenuto artificialmente basso per mantenere vantaggiosi i prodotti di Pechino.

            Le merci, in tal modo, costano meno di quello che dovrebbero, i prezzi in patria sono sotto controllo, l'inflazione non corre troppo, mentre la differenza tra il bassissimo prezzo di produzione in Asia e quello di vendita nel resto del mondo si trasforma in meravigliosi profitti per le imprese e le multinazionali, fiorisce nei dividendi per gli azionisti, nei guadagni di Borsa, nei premi ai manager, nel pil che corre. Una manna.

            Tutto lecito e regolare. Gli americani hanno cominciato ad applicare questo modello nel sudest asiatico già dagli anni Settanta. L'invenzione della globalizzazione non è un fattore negativo: anzi, ha portato e porterà benessere in aree del mondo per anni emarginate o escluse dallo sviluppo. Il problema, come sempre, sono gli squilibri spinti all'eccesso, le esagerazioni, le derive patologiche e le tentazioni degli esseri umani a cavalcare la rendita oltre ogni ragione.

            In pratica: gli USA acquistano prodotti made in China a prezzi competitivi, si indebitano per continuare a fare i ricchi, e quel debito lo sostengono i cinesi. Anche in questo caso il problema non è il meccanismo ma l'esagerazione.

            Ma perché la turbolenza possa trasformarsi nella tempesta perfetta, oltre al credito facile e al debito irragionevole, servono altri ingredienti. Il più importante risiede nella proliferazione di prodotti finanziari capaci di nascondere i rischi di questo gioco pericolosissimo.

            Ma se le quotazioni delle case vendute si impennano di colpo, è chiaro che qualcosa non torna.

            Come abbiamo visto, è la politica monetaria della Federal Reserve, che favorisce i prestiti per l'acquisto di case, a generare la bolla. Ma a riempirla di plutonio è qualcun altro.

A giovedì prossimo

FONTE: Titolo: Capire la crisi; Autore: Massimo Calvi; Editore: Rubbettino

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