SENTINELLE IN PIEDI
A
Milano coscienze sopite e dittatura del Pensiero Unico in azione. Continueremo
a difendere chi non può parlare
Le Sentinelle in Piedi hanno raggiunto quota 200 veglie. Con
la discesa in piazza a Bari di 80 veglianti, il 4 gennaio scorso, la
nostra presenza torna a testimoniare in Italia che c’è un popolo ancora libero. Duecento veglie non sono per noi un
traguardo da festeggiare, ma una tappa consapevole di un popolo in difesa
dell’essenza dell’uomo e della sua libertà.
Mai ci saremmo immaginati di doverlo fare fino a scendere in piazza. In questi giorni la Corte d’appello di Torino ha riconosciuto a
due donne gli stessi diritti come mamme nei confronti di un bambino nato in
Spagna tramite fecondazione artificiale eterologa, una decisione che sarà
trascritta dal Comune di Torino e che il mainstream accoglie
come un passo avanti della civiltà.
Ma
piegare il diritto all’ideologia non servirà a cambiare la realtà
delle cose: questo bambino non ha due mamme e ha non solo il diritto ad essere
cresciuto da suo padre, ma anche il diritto di non essere preso in giro da
una società che deve mettere il suo bene al di sopra di desideri distorti e
imposti dagli adulti.
Pochi
giorno fa inoltre in Senato è stato depositato un disegno di legge dal titolo “introduzione
dell’educazione di genere nelle attività e nei materiali didattici nelle scuole
del sistema nazionale di istruzione”, un testo che mira a imporre una visione
ideologica che delegittima e annulla la dicotomia maschile e femminile alla base
di ogni società normale e sana che non voglia autodistruggersi. Ma non è tutto.
Subito
dopo la pausa natalizia, quotidiani e tv sono tornati a riempirsi con forza
dell’allarme “omofobia”. Sotto accusa un convegno del prossimo 17 gennaio a Milano,
un “convegno omofobo” scrivono tanti, supportando questa tesi con le argomentazioni
più faziose: strumentalizzazione politica, presenza di relatori etichettati come
pericolosi, oscurantisti e antidemocratici solo perché alcuni sono credenti, e
la presenza tra i promotori di una realtà, Obiettivo Chaire, che, stando ai
contestatori e ai giornalisti, che evidentemente non hanno a cuore la verità,
si occuperebbe di “curare i gay”. L’espressione, ripresa da diversi titoli,
profondamente disonesta e offensiva, svela il volto della nuova dittatura del
Pensiero Unico.
Sarebbe
bastato informarsi per capire che Obiettivo Chaire è una associazione confessionale
che non si occupa di psicoterapia ma di accompagnamento pastorale, con particolare
attenzione alle ferite della sfera identitaria e sessuale, compresa l’omosessualità.
Sarebbe bastato informarsi per capire che non costringono nessuno, ma tendono
una mano a chi la chiede, in molti casi aiutando le persone a ritrovare con successo
la propria identità. Ma il punto evidentemente è un altro: oggi, nel 2015, in
un paese dell’Occidente democratico e sviluppato, ci sono parole inaccettabili,
come ferita, disagio, sofferenza e bisogno di aiuto legati a una tendenza
omosessuale soggettivamente indesiderata. Non si capisce – come ben scrive
Obiettivo Chaire - “come l'interpretazione del disagio debba essere la sola
teoria conosciuta come Gay Affermative Therapy (GAT), secondo cui il malessere
sarebbe unicamente frutto della omofobia sociale interiorizzata.
L’interpretazione
che la tendenza omosessuale possa rappresentare una ricerca erotizzata, “riparativa”,
messa in atto dal soggetto per riconnettersi con la propria vera identità (maschile,
femminile), è una lettura liberatoria in cui molti soggetti hanno ritrovato equilibrio
e serenità”. Parole, queste, che non sarebbero state pronunciate in un convegno
che ha per tema la famiglia e la sua ricaduta sulla società, ma che sono
inaccettabili anche se non dette, come inaccettabile è la presenza di chi le
pensa. Ma cosa c’è di “omofobo” in queste parole?
È
sconvolgente come in nome della libertà oggi si chiedano interrogazioni su un
convegno innocuo che parla solo dell'importanza del matrimonio fra uomo e
donna. Per non parlare delle interpellanze, dei presidi che mirano a mettere a
tacere chi nemmeno doveva parlare al convegno. È paradossale infine che in nome
dell’inclusione si decida di escludere qualcuno.
Per
questo non ci stanchiamo di scendere in piazza. Per aprire gli occhi di chi non
vede queste contraddizioni, per svegliare le coscienze di chi non crede che la
libertà d’espressione sia in pericolo. Il ddl “sull’omofobia”, approvato dalla
Camera, è ancora fermo al Senato, tuttavia è evidente da questo fatto che non occorre una legge per far tacere le voci contrarie
al pensiero unico, è evidente che non occorre discriminare per essere
accusati di omofobia, non occorre offendere o deridere, non occorre nemmeno
parlare, basta avere un’opinione contraria al mainstream dell'ideologia unica pansessualista. Noi diciamo no
al reato d’opinione e scendiamo in piazza. Vegliamo per ribadire che il
bimbo di Torino non è un oggetto e non può essere privato del padre solo
per i desideri di due adulti, vegliamo per ribadire che le identità
maschile e femminile sono fondative di ogni essere umano, vegliamo per avere la
libertà di esprimere una legittima opinione.
Siamo in piazza per il bene anche di chi ha la coscienza addormentata,
di chi ci contesta perché vittima cosciente o incosciente dell’ideologia.
FONTE: Sentinelle in piedi
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