Care amiche,
cari amici,
"La povertà per il Regno è
magnificata. E nella figura del Povero, noi siamo portati a riconoscere
l’immagine e come la presenza misteriosa del Figlio di Dio che si è fatto
povero per amore nostro. Questo è il fondamento delle parole inestinguibili di
Gesù sul Giudizio in Mt 25,31-46. Nostro Signore è solidale con ogni
infelicità; ogni angoscia è segnata dalla sua presenza".
Queste parole non sono di Papa
Francesco e neppure di San Francesco, ma sono contenute nel primo documento
della Congregazione per la dottrina della Fede sulla “Teologia della
liberazione”, quello del 1984 che contiene la condanna di una certa Tdl,
quella che usa le categorie marxiste considerate scientifiche come analisi
della società e come base del programma dei movimenti popolari di liberazione.
Sono passati più di trent'anni e
quel documento della Congregazione allora guidata dal card. Ratzinger merita di
essere riletto. Vi troviamo le stesse parole usate da papa Bergoglio nel suo
recente viaggio in America Latina a conferma che il regnante Pontefice non sta
dicendo "cose nuove", ma semplicemente ripetendo, con una particolare
enfasi sulla povertà, quanto la Chiesa ha sempre sostenuto. Sarebbe così
fuorviante accusare il Santo Padre di essere un rivoluzionario dimentico dei
suoi predecessori così come accusare la Chiesa del passato di avere tradito le
Beatitudini, la Magna Charta del cristianesimo.
La rilettura del testo aiuta a
mettere le cose a posto e ad apprezzare la straordinaria continuità della dottrina
della Chiesa, che in tempi diversi sottolinea aspetti diversi del proprio
insegnamento, ma non perde mai di vista il tutto e l'unico filo conduttore.
Per esempio, leggeremo come nel 1984
la Chiesa ricordava che esistono diverse teologie della liberazione, che viene
condannata soltanto quella che usa il marxismo al posto della dottrina sociale
cristiana e si dimentica che la liberazione principale è quella dal peccato. Il
fatto che allora molti venivano sedotti da una prospettiva inaccettabile non significa
che l'analisi della Chiesa non vedesse le grandi ingiustizie che c'erano,
soprattutto in America Latina:
"In certe regioni dell’America
Latina - troviamo scritto - l’accaparramento della maggior parte delle
ricchezze ad opera di una oligarchia di proprietari priva di coscienza sociale,
la quasi assenza o le carenze dello Stato di diritto, le dittature militari
sprezzanti dei diritti elementari dell’uomo, la corruzione di certi dirigenti
al potere, le pratiche selvagge di un certo capitale di origine straniera,
costituiscono altrettanti fattori che alimentano un violento sentimento di
rivolta in coloro che si considerano così le vittime impotenti di un nuovo
colonialismo di ordine tecnologico, finanziario, monetario o economico. La
presa di coscienza delle ingiustizie si accompagna ad un pathos che
spesso mutua dal marxismo il suo linguaggio, presentato abusivamente come se
fosse un linguaggio “scientifico” ".
Lo stesso documento non disprezza
un'azione coerente con il Vangelo (cioè non violenta e non dialettica) rivolta
a eliminare queste ingiustizie e a fare diminuire le distanze fra ricchi e
poveri. Questi ultimi sono oggetto di un'amore preferenziale e chi si ritiene
cristiano non può non esercitare nei loro confronti un'attenzione speciale. Sempre
lo stesso documento, approvato da papa Giovanni Paolo II e quindi testo
magisteriale, invita ciascuno di noi a non "scherzare" con la
povertà, a metterla al centro delle proprie attenzioni perché si tratta di una
caratteristica fondamentale del cristianesimo.
Questo è quello che sta facendo Papa
Francesco, in un contesto storico diverso da quello di allora. Mentre negli
Anni Settanta e Ottanta, il comunismo era ancora una minaccia reale per tutto
il mondo e la Tdl aveva confuso e portato fuori strada molti cattolici
sudamericani, oggi si tratta soprattutto di difendere la persona umana e la
famiglia da un'aggressione antropologica di tipo tecnocratico. Nell'azione
pastorale del Papa i poveri e i popoli vanno aiutati a difendersi da quelle
colonizzazioni ideologiche che vengono imposte loro dall'esterno, dal di sopra,
come erano le ideologie del Novecento e come avviene oggi con il consumismo
imposto da un'economia e da una tecnocrazia anti umane.
Nella difesa dei poveri e dei popoli
si può trovare la morte e il martirio. È quello che è accaduto a due frati
francescani polacchi e a un prete bergamasco in Perù, assassinati dai
terroristi di Sendero Luminoso nel 1991, dei quali è stato riconosciuto
il martirio dal Santo Padre e che verranno beatificati il prossimo 5 dicembre.
Ricordiamoci i loro nomi:
Michele Tomaszek e Sbigneo
Strzałkowski, Sacerdoti professi dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali,
Alessandro Dordi, Sacerdote diocesano fidei donum, bergamasco, uccisi in odio
alla Fede, il 9 e il 25 agosto 1991, a Pariacoto e in località Rinconada, nei
pressi di Santa (Perú).
A loro, uccisi da chi credeva di
poter porre fine alle ingiustizie con la violenza della lotta di classe,
chiediamo di aiutarci a seguire la strada della nuova evangelizzazione
missionaria costantemente insegnata dal Magistero della Chiesa, senza
divisioni, senza settarismi.
Nessun commento:
Posta un commento