Vangeli e
atti degli apostoli. Parte 3
I Vangeli di Matteo, Marco e Luca
sono chiamati <<sinottici>> (dal greco syn,
<<insieme>>, e <<opsis, <<sguardo>>), perché, in
uno <<sguardo d'insieme>> (collocati uno accanto all'altro su tre colonne),
presentano molte somiglianze.
Questo confronto evidenzia però anche molteplici
discordanze, che riguardano il materiale evangelico in essi contenuto, l'ordine
con cui è stato disposto e la formulazione che lo esprime. Tutto ciò ha dato
origine a quello che gli studiosi chiamano il <<problema
sinottico>> e che può essere così semplificato: Qual è il primo
evangelista? Quali sono le fonti avute a disposizione? Quali rapporti di
dipendenza ( e di autonomia) intercorrono tra questi tre evangelisti?
Presentiamo ora rapidamente i dati,
per poi indicare la soluzione più plausibile. Per quanto riguarda il materiale
dei tre vangeli, abbiamo un grande numero di testi comuni a tutti e tre i
Sinottici: questi vengono perciò chiamati testi di <<triplice tradizione>>.
Abbiamo poi elementi comuni a solo due vangeli. Questi sono i testi
appartenenti alla <<duplice tradizione>> (come le beatitudini, in
Mt 5,1-12 e in Lc 6,17-23). Infine c'è il materiale proprio a un solo
evangelista (<<tradizione semplice>>). Questo è molto scarso in
Marco, più abbondantemente in Matteo e ancor più in Luca.
Il materiale comune ai tre Sinottici
risulta disposto secondo un ordine in larga parte identico: la preparazione del
ministero di Gesù, il ministero in Galilea, il cammino verso Gerusalemme,
l'entrata in Gerusalemme e la passione-morte-risurrezione. Questa coincidenza è
visibile in un numero abbastanza elevato di casi, tale da escludere una
spiegazione fortuita. Per quanto riguarda la formulazione, si deve ammettere il
carattere più primitivo e originario di Marco, rispetto a Matteo e Luca. Questo
vale per i testi appartenenti alla triplice tradizione. Considerazioni di
carattere letterario e grammaticale sono a favore di questa affermazione.
La duplice tradizione presenta tre
forme. La prima comprende le parti comuni a Matteo e a Marco. La seconda
riguarda le parti comuni a Marco e a Luca, meno numerose. La terza abbraccia
parti comuni a Matteo e a Luca, molto numerose: comprendono 230 versetti in
Matteo e 240 in Luca. Si tratta di parole, affermazioni, insegnamenti di Gesù
che Matteo colloca nel <<discorso della montagna>> (capp. 5-7),
mentre Luca li inserisce nella grande sezione del viaggio di Gesù a
Gerusalemme, che caratterizza lo schema narrativo (e teologico) del suo vangelo.
Come spiegare, allora, il problema
sinottico? La teoria ritenuta più attendibile pone all'origine di Matteo e di
Luca il vangelo di Marco e una seconda fonte anonima. Si tratta della
cosiddetta <<teoria delle due
fonti>>. Essa suppone la priorità di Marco e l'esistenza di una fonte
anonima , che nel 1899 fu indicata da Wernle con la lettera Q (dal tedesco
Quelle, <<fonte>>). Secondo questa teoria, Matteo e Luca hanno
derivato da Marco il materiale comune ai tre Sinottici (la triplice
tradizione), mentre dalla fonte Q ( una fonte di detti di Gesù) hanno desunto,
in modo indipendente da loro, il materiale della duplice tradizione.
I testi della tradizione semplice,
infine, cioè quelli propri di ciascun evangelista, vengono considerati come
appartenenti alla loro teologia, cioè al particolare modo di presentare la
figura di Gesù e il suo messaggio ai destinatari del loro vangelo. Così, i
testi propri di Matteo sono caratterizzati dal riferimento all'Antico
Testamento (pensiamo alle <<profezie di compimento>>) e alla figura
di Mosè (per Matteo, Gesù è il nuovo Mosè, che offre a Israele al nuova legge).
I testi propri di Luca, invece hanno elementi che egli fa di <Gesù: la
preghiera, la gioia, la misericordia, il perdono, la condivisione dei beni, la
carità fraterna, l'uso cristiano della ricchezza, il farsi prossimo.
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