La domanda
più impegnativa riguardo al Pentateuco (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri,
Deuteronomio) è sempre stata quella sull'autore e sull'epoca in cui questi
cinque libri sono stati scritti. Gli
antichi maestri ebrei attribuivano la sistemazione del materiale, che adesso
troviamo raccolto nella Torah, a un sacerdote vissuto alla fine del V sec. a.C.
di nome Esdra, dal quale prende il nome anche un libro della Bibbia.
Gli
studiosi moderni ritengono che il Pentateuco ricevette la sua sistemazione
attuale per opera di sacerdoti che lavorarono dopo l'esilio in territorio
babilonese, mettendo in ordine testi più antichi e aggiungendo del materiale
loro. L'opera di questi sacerdoti, che forse iniziò già durante l'esilio
babilonese nel VI sec. a.C. viene abitualmente indicata come tradizione
sacerdotale.
Che i materiali raccolti siano
diversi si vede, per esempio, dal fatto che abbiamo nei primi due capitoli
della Genesi due racconti della creazione:1,1-2,4a e 2,4b-25. Il cap. 1
appartiene alla tradizione sacerdotale (indicata con la sigla <<P>>
da <<priest, sacerdote>>), il secondo capitolo alla tradizione jahvista
(indicata con la sigla <<J>> dal nome di Dio, Jhwh). Anche nel
racconto del diluvio troviamo presenti due tradizioni, quella sacerdotale (P) e
quella jahvista (J).
Quando nelle storie dei patriarchi
troviamo genealogie o itinerari sintetici delle tappe di un viaggio, dati
sull'età di un personaggio oppure testi di tenore giuridico, come il contratto
per l'acquisto della tomba per Sara in Gen 23, possiamo essere certi di leggere
brani della tradizione sacerdotale o <<P>>. Naturalmente i
sacerdoti erano ancora più interessati alle leggi, a quelle sul culto in particolare, per cui possiamo dire
che quasi tutto il Levitico e gran parte di Numeri sono testi della tradizione
sacerdotale, nei quali troviamo un gran numero di norme che sono state via via aggiornate.
Quasi tutti i racconti esistevano
già e, in genere, gli autori della tradizione sacerdotale si sono limitati a
trascriverli, con qualche ritocco. Anzi, probabilmente esisteva già da secoli -
qualcuno dice addirittura dai tempi di Salomone, altri da quelli di Ezechia -
una storia organica, cioè una vera e propria opera letteraria che raccontava le
vicenda dei patriarchi, di Mosè con l'epopea dell'esodo dall'Egitto e dal
deserto, fino alle soglie dell'insediamento nella terra promessa o si sarebbero
limitati a , secondo alcuni, anche oltre, fino agli inizi della monarchia. Si
tratta della tradizione jahvista, che i redattori della tradizione sacerdotale
si sarebbero limitati a riprodurre, interrompendola o modificandola, quando
necessario, per inserire armonicamente il loro materiale. Gli autori della
tradizione jahvista unificarono le antichissime memorie su Abramo e Giacobbe,
inserendo con chiarezza nei momenti più significativi il richiamo alla promessa
divina sia di una numerosa discendenza, sia del futuro dono della terra. La
tradizione jahvista ha una visione molto
positiva del cammino della storia. Conosce la debolezza umana, ma è convinta
che la benedizione divina darà sicurezza di vita al popolo e, proprio grazie a
questa sicurezza, la fede si rafforzerà. E' necessaria però una fede
incrollabile nella promessa e non si deve cercare di anticipare i tempi di Dio,
come fece invece Abramo quando volle un figlio da Agar. La tradizione jahvista
è anche particolarmente attenta alla psicologia femminile, ma il suo interesse
per le nozze e la maternità è sopratutto motivato dalla convinzione che, in
questa fase iniziale della storia, la benedizione si concretizza soprattutto
nel dono di una discendenza numerosa, forte, decisamente attaccata alla vita e alle tradizioni dei padri.
Probabilmente, alla fine del sec.
VIII confluisce nel racconto jahvista, nato nel sud, una serie di brani che
vengono attribuiti alla tradizione detta elohista perché non usa il nome divino
Jhwh prima che esso sia rivelato a Mosè nel roveto (Es 3,14) ma quello più
generico di Elohim, "Dio". Questo filone sottolinea di più il dovere
della fedeltà interiore al comandamento di Dio. Un brano significativo è forse
quello dove si racconta la prova di Abramo, chiamato ad offrire a Dio il suo
unico figlio Isacco. La fede e l'obbedienza sono i grandi valori che le due
tradizioni, quella jahvista e quella elohista continuano a insegnare anche a
noi.
Nessun commento:
Posta un commento