PARTE 2
“L’educazione si può anche perdere
ma alla fine riaffiora”, ha raccontato. “Ad una certa età ho perso la fede, ma
di sicuro la fede non ha mai perso me – ha proseguito -. A volte questo ti fa
scoprire una forza che non credevi di avere”.
Quando, in età matura, Ferretti
iniziò a ripensare criticamente la sua vita, sentì l’esigenza di un esame di
coscienza. Ripensò, quindi, agli esami di coscienza fatti da bambino con la
nonna e alle tante preghiere con lei recitate, “anche se, quando ricominciai a
pregare, le mie preghiere avevano una dimensione più terapeutica che
religiosa”.
Il ragazzo smise di andare in
chiesa, intorno ai 14 anni: “le ultime messe a cui ho assistito furono le prime
con le chitarre, poi, abbandonate le messe, iniziai ad andare ai concerti dei
Nomadi e dell’Equipe 84”. È l’inizio della grande passione per il rock che non
lo ha mai abbandonato. Anche oggi, “quello che offro al Signore è la mia
musica”, ha raccontato.
Negli anni in cui Giovanni Lindo
Ferretti diventa adulto, il connubio tra musica e politica è assai di moda e
lui se ne lascia conquistare. “Sono cresciuto nella mitologia delle
rivoluzioni”, ha detto, ricordando anche di quando, nel 1974, si ritrovò “in
Portogallo, armato su una barricata”, durante la “rivoluzione dei garofani” che
mise fine alla dittatura salazarista.
Come la maggior parte dei
rivoluzionari, Ferretti è stato per molti anni un avversario della Chiesa
Cattolica: “Vedevo la Chiesa come la causa di tutti i mali sociali”, ha detto.
Sparare a zero sulla Chiesa, oggi come ieri, è fin troppo facile: è come se
esistessero tanti “pacchetti di luoghi comuni anticattolici e io li ho presi
tutti”, ha confidato.
Poi sono arrivati il successo, unito
all’inevitabile prezzo da pagare e alle tante amarezze della vita. Ferretti
vede morire in giovane età tanti amici, chi per droga, chi per terrorismo, poi,
molti anni più tardi, un viaggio nei paesi dell’allora “socialismo reale” lo
riporta bruscamente alla realtà.
“Credevo che con la prassi
rivoluzionaria si potesse costruire il paradiso in terra, invece peggiora le
condizioni di vita degli uomini”, ha osservato l’artista.
In tempi più recenti il ritorno alla
casa paterna, agli affetti e ai ricordi d’infanzia: l’amata nonna non c’era più
ma le preghiere da lei insegnate erano più vive che mai. “Ho la certezza che,
anche quando ero lontano da Dio, qualcuno ha pregato per me”.
Un ritorno a casa colmo di
struggimento e gioia al tempo stesso, ma niente affatto facile da
intraprendere, così come non è stato facile il ritorno alla pratica
sacramentale: “La strada più lunga che ho mai percorso è stata quella fino al
confessionale”, ha raccontato Ferretti.
Proseguendo in vari botta e risposta
con Lorenzo Fazzini, sono emersi vari spunti curiosi nella vita e nel pensiero
del cantante emiliano: “Quando pensiamo agli uomini per categorie, facciamo un
atto blasfemo”, ha detto, a proposito dei riduzionismi ideologici.
Quanto
all’avvento del nuovo pontificato, Ferretti ha dichiarato che “a caldo, la
rinuncia di Benedetto XVI, mi è sembrata la cosa meno pensabile possibile, poi
ho compreso che era un’occasione per fare silenzio e pregare tanto”. Poi la
gioia per l’arrivo di papa Francesco, “un dono del suo predecessore”.
Ha poi confidato di essere tornato a
vivere in montagna, perché l’uomo, a suo avviso, merita di vivere in un mondo
che rispecchi la “creazione” e la presenza del “Creatore”, laddove le caotiche
città ultramoderne sono il simbolo di un “mondo artefatto che non rispecchia
l’essere umano, né è fatto per l’uomo”.
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