Sono Alessandro, ho 48 anni e da cinque condivido la
mia esperienza con un tumore celebrale. Inizialmente la massa invadente ha
avuto un aspetto benigno, poi ha prepotentemente preso il sopravvento e ha
virato verso una forma più aggressiva. Ho imparato a misurare le giornate col
metro dei farmaci, delle visite mediche, delle terapie, cercando nello stesso
tempo di salvare affetti, lavoro,amici. E non è facile. Non ho mai perso
la fede, ma l’esperienza di una presenza attiva all’interno della Chiesa era ormai
un lontano ricordo, sepolta da esperienze negative.
L’8
gennaio 2013 è morta la mia mamma dopo un periodo di malattia che ha distrutto
il suo fisico fragile, ma ha cementato noi familiari attorno alla sua figura.
Un mese dopo, esattamente l’8 febbraio, ho affrontato un nuovo intervento
chirurgico seguito da un programma serrato di chemio e radio terapia, ma nelle
mie difficoltà quotidiane sentivo la sua mano che continuava a stringermi e a
condurmi. Avvertivo nuovamente il bisogno di pregare e di affidarmi. In
questo contesto a maggio ho accolto l’invito di ricevere l’Unzione degli
Infermi, che ho sentito come un’occasione di un nuovo incontro con Gesù.
A
maggio 2014 l’esito della risonanza magnetica di controllo ha evidenziato una
situazione che aveva dell’incredibile: la massa tumorale era scomparsa nei
punti più importanti e rischiosi, e in generale ampiamente ridotta. I medici,
dopo essersi presi un periodo di tempo per verificare, mi hanno comunicato la
bella notizia, con un cauto ottimismo e l’invito a proseguire le terapie e i
controlli.
E’ difficile raccontare la gioia legata alla speranza di poter riprendere una vita normale. Sentivo di avere avuto una grande opportunità e il desiderio di ringraziare Dio e la Madonna a cui mi ero affidato.
E’ difficile raccontare la gioia legata alla speranza di poter riprendere una vita normale. Sentivo di avere avuto una grande opportunità e il desiderio di ringraziare Dio e la Madonna a cui mi ero affidato.
Pensai
di andare a Lourdes.Non so dire come mi venne questa idea, in quanto c’ero
stato con la mamma da piccolo e l’unica cosa che ricordavo era il treno. Avrei
potuto raccogliermi in qualunque chiesa della mia città, ma qualche cosa mi
spingeva e mettermi in viaggio. L’incontro con il responsabile Unitalsi ha
messo insieme una proposta con le mie esigenze terapeutiche e lavorative: a
fine settembre partiva il pellegrinaggio degli ammalati. Perche non
parteciparvi?
In agosto l’esito degli esami si era purtroppo trasformato in senso negativo, ma questo non ha modificato la determinazione di partecipare al pellegrinaggio. Non sapevo bene cosa aspettarmi, ma preparando la valigia ho sentito che dovevo mettere fra le mie cose il Vangelo, che non aprivo da tantissimi anni.
In agosto l’esito degli esami si era purtroppo trasformato in senso negativo, ma questo non ha modificato la determinazione di partecipare al pellegrinaggio. Non sapevo bene cosa aspettarmi, ma preparando la valigia ho sentito che dovevo mettere fra le mie cose il Vangelo, che non aprivo da tantissimi anni.
La sera all’arrivo ci siamo ritirati presto nelle camere e ho ritrovato la parola del Signore a farmi compagnia e a darmi tanta serenità. Il giorno successivo c’è stata la Celebrazione con tutti i partecipanti al Pellegrinaggio, una folla enorme di ammalati, accompagnatori, infermieri, barellieri e sorelle.
Ho provato una sensazione mai provata nella mia vita: non c’era la gente , non c’era il tempo, ero solo a colloquio con la Madonna e le consegnavo me stesso, i miei figli, Arianna e tutte le persone che mi avevano chiesto di essere ricordate. Si sono succeduti altri incontri ed io ero sempre talmente all’interno di ciò che avveniva che per me il tempo svaniva. E’ stata un’esperienza intensa, inaspettata, inimmaginabile. Ero in comunione con Dio.
Lourdes mi ha stupito e
cambiato, grazie ai momenti di preghiera, alle Celebrazioni, ma anche per la
presenza di tante e altrettante che si erano messe a servizio, pur avendo esse
stesse problemi e difficoltà. Ho sentito che la gioia e la serenità partivano
dall’aver consegnato la propria persona nelle mani di Dio. E’ come se si
fosse aperta una porta che avevo chiusa tanti anni prima, e attraverso questo
spiraglio rivedevo mie esperienze di educatore ACR, le persone con cui avevo
intessuto rapporti positivi, i campeggi. Pur con tutte le difficoltà legate
alla mia situazione familiare e di malattia ho capito che anche per me c’è
spazio per la gratuità e nella chiesa.
Il mio sogno è di poter tornare a Lourdes il prossimo anno come volontario.
FONTE: Sito dell'U.N.I.T.A.L.S.I.
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