giovedì 16 aprile 2015

ERO MALATO E MI AVETE VISITATO



Parte 2           Il cristiano e la sofferenza      
   
            Inutile dire che la speranza e la fede in Dio vanno ricercate non tanto e non solo come medicina dei nostri mali fisici, ma anche e soprattutto come fattori della nostra salvezza eterna e come sostegno per vivere la nostra vita in sintonia con gli insegnamenti del Vangelo.
           Un malato che sopporta pazientemente i suoi mali e che guarda agli altri con simpatia e riconoscenza per quel tanto o quel poco che fanno per lui, è certamente un malato che ha già ricominciato a "camminare", anche se è ancora costretto a starsene immobile sotto le coperte.

            In principio, quando Dio creò il cielo e la terra <<vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona>> (Genesi 1,31). Già nell'Antico Testamento il libro della Sapienza, lodando il <<Dio amante della vita>> afferma: <<Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutto per l'esistenza; le creature del mondo sono sane, in esse non c'è veleno di morte, né gli inferi regnano sulla terra>> (Sapienza 1,13-14)

            La Rivelazione, dunque, afferma con chiarezza che Dio non vuole il male, né la sofferenza per l'uomo. Il profeta Ezechiele lo dice: <<Forse che io ho piacere della morte del malvagio, dice il Signore Dio, o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?>> (Ezechiele 18,23). 

            Si china su di lui, come un padre tenerissimo. Ed è con la figura del "servo di Jahwè" che la misericordia di Dio si manifesta: Israele è il servo di Jahwè, il Messia è il servo di Jahwè ed entrambi assumono la sofferenza per la salvezza della moltitudine. La sua sofferenza non è mai valutata positivamente, tuttavia diventa, nelle mani di Dio, fonte e mezzo di salvezza.

            Con il Servo anche i martiri Maccabei accettano il loro dolore davanti a Dio, elevando come grido di supplica perché Dio trasformi la sofferenza in servizio reso alla salvezza degli altri.

            Non esiste nell'Antico Testamento la sofferenza ascetica, cioè il dolore accettato o provocato per dimostrare a Dio qualcosa o per dominare i propri istinti; come non esiste un soffrire senza senso. Ogni sofferenza e persino ogni male è assunto da Dio misteriosamente, per strade a volte oscure, e ricreato per realizzare il suo progetto, il cui scopo è la vita e la felicità dell'uomo. Nessun male (né il peccato, né la sofferenza, né la morte) si sottrae alla Signoria di Dio. <<Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio>> (Romani 8,28). 

             L'uomo si è evoluto tecnologicamente; ma al progresso tecnico non è seguito un uguale progresso di civiltà. Anzi, si sta sviluppando una cultura di morte che offusca sempre più la coscienza, al punto da renderla incapace di distinguere tra bene e male, anche quando è in gioco la vita umana.

            Non si tratta solo della guerra, dei genocidi, di aborti, di soppressione, con l'eutanasia, di quelle persone che vengono considerate un peso inutile; e di forme meno appariscenti quali le diagnosi prenatali (che sfociano quasi sempre nell'aborto quando rivelano malformazioni dell'embrione), le manipolazioni genetiche, le sperimentazioni su embrioni, i trapianti di organi prelevati in modo iniquo e attraverso l'inganno.

            L'uomo sa mettere la sua intelligenza e la sua inventiva a servizio del male più di quanto non sappia porle a servizio del bene. Porta però dentro di se, anche se nascosta dalla maschera omicida, la bellezza e la ricchezza del volto di Dio. Per questo Dio difende lo stesso Caino e proibisce di ucciderlo.

            Ci troviamo non solo <<di fronte>>, ma <<in mezzo>> al conflitto tra il male e il bene, tra la <<cultura della morte>> e la <<cultura della vita>>: tutti siamo coinvolti e partecipi, con l'ineludibile responsabilità di scegliere incondizionatamente a favore della vita. 

FONTE:  Supplemento a "La Domenica"; Edizione San Paolo

Nessun commento:

Posta un commento

Post più popolari