Parte 2 Il
cristiano e la sofferenza
Inutile dire
che la speranza e la fede in Dio vanno ricercate non tanto e non solo come
medicina dei nostri mali fisici, ma anche e soprattutto come fattori della
nostra salvezza eterna e come
sostegno per vivere la nostra vita in sintonia con gli insegnamenti del
Vangelo.
In
principio, quando Dio creò il cielo e la terra <<vide quanto aveva fatto,
ed ecco, era cosa molto buona>> (Genesi 1,31). Già nell'Antico Testamento
il libro della Sapienza, lodando il <<Dio amante della vita>>
afferma: <<Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei
viventi. Egli infatti ha creato tutto per l'esistenza; le creature del mondo sono
sane, in esse non c'è veleno di morte, né gli inferi regnano sulla
terra>> (Sapienza 1,13-14)
La Rivelazione, dunque, afferma con
chiarezza che Dio non vuole il male, né la sofferenza per l'uomo. Il profeta
Ezechiele lo dice: <<Forse che io ho piacere della morte del malvagio,
dice il Signore Dio, o non piuttosto che desista dalla sua condotta e
viva?>> (Ezechiele 18,23).
Si china su di lui, come un padre
tenerissimo. Ed è con la figura del "servo di Jahwè" che la
misericordia di Dio si manifesta: Israele è il servo di Jahwè, il Messia è il
servo di Jahwè ed entrambi assumono la sofferenza per la salvezza della
moltitudine. La sua sofferenza non è mai valutata positivamente, tuttavia
diventa, nelle mani di Dio, fonte e mezzo di salvezza.
Con il Servo anche i martiri
Maccabei accettano il loro dolore davanti a Dio, elevando come grido di
supplica perché Dio trasformi la sofferenza in servizio reso alla salvezza
degli altri.
Non esiste nell'Antico Testamento la
sofferenza ascetica, cioè il dolore accettato o provocato per dimostrare a Dio
qualcosa o per dominare i propri istinti; come non esiste un soffrire senza
senso. Ogni sofferenza e persino ogni male è assunto da Dio misteriosamente,
per strade a volte oscure, e ricreato per realizzare il suo progetto, il cui
scopo è la vita e la felicità dell'uomo. Nessun male (né il peccato, né la
sofferenza, né la morte) si sottrae alla Signoria di Dio. <<Tutto
concorre al bene di coloro che amano Dio>> (Romani 8,28).
L'uomo si è evoluto tecnologicamente; ma al
progresso tecnico non è seguito un uguale progresso di civiltà. Anzi, si sta
sviluppando una cultura di morte che offusca sempre più la coscienza, al punto
da renderla incapace di distinguere tra bene e male, anche quando è in gioco la
vita umana.
Non si tratta solo della guerra, dei
genocidi, di aborti, di soppressione, con l'eutanasia, di quelle persone che
vengono considerate un peso inutile; e di forme meno appariscenti quali le
diagnosi prenatali (che sfociano quasi sempre nell'aborto quando rivelano
malformazioni dell'embrione), le manipolazioni genetiche, le sperimentazioni su
embrioni, i trapianti di organi prelevati in modo iniquo e attraverso
l'inganno.
L'uomo sa mettere la sua
intelligenza e la sua inventiva a servizio del male più di quanto non sappia
porle a servizio del bene. Porta però dentro di se, anche se nascosta dalla
maschera omicida, la bellezza e la ricchezza del volto di Dio. Per questo Dio
difende lo stesso Caino e proibisce di ucciderlo.
Ci troviamo non solo <<di
fronte>>, ma <<in mezzo>> al conflitto tra il male e il bene,
tra la <<cultura della morte>> e la <<cultura della
vita>>: tutti siamo coinvolti e partecipi, con l'ineludibile
responsabilità di scegliere incondizionatamente a favore della vita.
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