martedì 21 aprile 2015

ARCHEOLOGIA DELLA PALESTINA



Parte 2

            William F. Albright, il più eminente archeologo americano, cominciò a fare degli scavi nel 1922 e perfezionò il sistema di datazione della ceramica confrontando gli oggetti di un sito con quelli di tutti gli altri, in base alla insuperata conoscenza che ne aveva. Tra gli archeologi più autorevoli che lavorarono in Palestina negli ultimi cinquant'anni ricordiamo Kathleen Kenyon (1906-1978). Nei suoi scavi di Gerico (1952-1958) applicò il metodo stratigrafico dello sterro e dell'annotazione, con risultati brillanti.

            Si tratta di una metodologia di scavo che prevede di andare sempre più in profondità, rimuovendo ciò che man mano si trova dopo aver catalogato i reperti e annotato con cura la loro posizione. Così si raggiungono i livelli più antichi di un insediamento abitato, che sono situati più in profondità.

            Gli scavi della Kenyon a Gerico e quelli successivi a Gerusalemme (1961-1967) addestrarono o influenzarono molti archeologi che hanno lavorato posteriormente in Palestina. Una metodologia più recente, adottata dagli archeologi israeliani, prevede non l'indagine approfondita su un singolo sito ma una ricerca più rapida e superficiale su una regione più ampia. In questo modo è possibile farsi un'idea di come e quanto era abitata una regione in un determinato periodo, quali erano le attività economiche principali e le relazioni tra i diversi insediamenti e villaggi.

            Certi autori hanno ritenuto di poter usare l'archeologia per "dimostrare" la Bibbia; ciò, però, implica chiedere all'archeologia più di quanto è nelle sue possibilità. L'archeologia non è in grado di dimostrare la Bibbia e neppure di contraddire le sue affermazioni che hanno un taglio più religioso che meramente storico. L'archeologia può invece essere utile in ciò che riguarda la storia biblica e le usanze d'Israele. Se la Bibbia, o qualche altro libro antico, dice che la gente seguiva certi tipi di comportamento in un dato tempo, le scoperte archeologiche possono rivelare se succedeva proprio così. Del resto, il fatto che i risultati delle scoperte archeologiche concordino con le narrazioni degli antichi scrittori su un episodio antico, non prova ancora che quell'episodio si sia verificato.

            Collocare questi documenti nel loro antico ambiente è uno dei servizi principali dell'archeologia, perché consente così ai lettori moderni di apprezzarli meglio a livello storico e culturale. Poiché tutte queste scoperte accrescono le nostre conoscenze del mondo in cui fu scritta la Bibbia, permettono anche al suo messaggio religioso specifico di risaltare con più forza.

FONTE: Titolo: Nuova guida alla Bibbia; Autore: Gianfranco Ravasi; Editore: San Paolo

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