Care amiche, cari amici
ancora qualche breve
considerazione su Milano e la questione dell'abolizione dei termini di
"padre" e "madre" dai moduli anagrafici per l'iscrizione
dei bambini al prossimo anno scolastico.
Se osserviamo con un po' di distacco la vicenda, non ci
si deve sorprendere: il comune è guidato da un sindaco che ha capito come dopo
il 1989 la partita non si sarebbe più giocata sulla "questione
sociale" ma su quella antropologica, passando così da una posizione
rigorosamente comunista a un'altra, sempre più aperta al contributo di quelle
forze culturali e politiche che in questi 25 anni si sono soprattutto
preoccupate di "decostruire" l'uomo, negandone l'identità nelle sue
relazioni primarie (divorzio, aborto, droga) per arrivare all'ideologia del gender,
cioè alla messa in discussione della sua stessa identità sessuale.
Così il sindaco, che ha vinto le elezioni grazie al
contributo importante di una parte del mondo cattolico, governa anche con
l'appoggio delle forze glbt, cioè dei gay, delle lesbiche, dei
bisessuali e dei transessuali, a cui sembra si siano aggiunti ultimamente gli
intersessuali, che non sono quelli di "sesso interista", ma credo
quelli che non riescono a stare dentro una sola tipologia e preferiscono
spostarsi, secondo una concezione molto liquida della vita, anche di quella
sessuale.
Lesbica militante infatti è la consigliera del Partito
democratico, Rosaria Iardino, che ha promosso la rivoluzione nella modulistica
con l'appoggio della Giunta, la stessa che aveva introdotto il registro delle
unioni civili nel luglio 2012.
Il sindaco Pisapia dunque esprime un mondo culturale
molto preciso, che certamente non si esaurisce in quello glbt, ma che ne
sposa le tesi ideologiche o comunque le difende. Un mondo variegato e composito
che comunque non ama la famiglia, quella naturale, fondata sull'amore di un
uomo e di una donna, dal quale possono nascere dei figli attraverso un rapporto
sessuale "normale", secondo natura, senza bisogno di aiuti esterni.
Un mondo che esiste, certamente, molto più forte nei salotti della borghesia
ricca che nelle case dove abitano le famiglie, un mondo fatto di tanti single,
molto protetto dai giornali e dai cosiddetti poteri forti, purtroppo un mondo
che è riuscito ad abbagliare un non piccolo numero di cattolici.
Quello che bisogna costruire, invece, è l'altro mondo,
quello che fa riferimento alla famiglia così come è prevista dalla natura, un
mondo composto da chi ha il dono della fede ma anche da chi semplicemente
rispetta la natura e cerca di osservarne i valori.
Questo mondo non ha una paternità politica perché i
politici sembrano tutti (o quasi) rimasti a prima del 1989, attardati in
polemiche che riguardano quasi esclusivamente la spartizione del potere. Sono
rimasti dentro il Palazzo e non hanno capito quasi nulla della rivoluzione
antropologica in atto, per cui stentano a capire che cosa sia l'ideologia del gender,
ma anche sono poco sensibili alla deriva liberticida contenuta in un disegno di
legge come quello sull'omofobia, approvato alla Camera e in discussione al
Senato. Soltanto sei senatori del Nuovo Centro Destra hanno rivolto una
interpellanza al Governo per chiedere come mai l'Unar (Ufficio nazionale
antidiscriminazione razziale), che dipende dal Dipartimento delle pari
opportunità, si sia servito di un istituto (Istituto Beck, palesemente
omosessualista) per redarre il materiale da distribuire nelle scuole attraverso
un opuscolo che contiene affermazioni favorevoli all'ideologia gender e
contrarie alla morale insegnata dalla Chiesa cattolica.
Ora, bisogna dire che questo mondo, che ama e vuole
difendere la famiglia naturale, fatica a trovare aiuto e comprensione anche da
parte del suo interlocutore naturale, il mondo cattolico nella sua struttura
organizzata. Certamente vi sono tanti bravi parroci, tante associazioni e
movimenti che si spendono in mille modi per aiutare la famiglia, ma oggi siamo
di fronte a un attacco ideologico e generalizzato, che si estende in tutto il
mondo occidentale e che è arrivato anche in piazza della Scala, nel palazzo
comunale.
Un attacco simile merita una risposta che non può
più limitarsi a gesti, pure apprezzabili, di solidarietà, o a generici inviti a
fare qualcosa. Questa iniziativa contro la famiglia, e contro la persona, che
arriva a colpire i bambini, insegnando a corrompere la loro innocenza ancora
più facilmente di come avviene in una società corrotta come quella nella quale
viviamo, merita una risposta di alto profilo, una risposta positiva e negativa,
di costruzione e di denuncia, ma una risposta seria e impegnata, che comporti
delle conseguenze, anche gravi.
Il Santo Padre ha chiesto ai vescovi di occuparsene loro,
che conoscono la specificità delle situazioni locali, e molti hanno cominciato
a farlo, come in Triveneto, in Portogallo, in Polonia, in Slovacchia e altrove.
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