martedì 9 dicembre 2014

COLTIVARE LA SPERANZA STORICA



Care amiche, cari amici

            Se è vero che la battaglia più importante è quella che si combatte dentro ciascuno di noi, allora oggi la virtù che maggiormente dobbiamo difendere e coltivare è quella della speranza.


            Ci sono pochi motivi umani per ben sperare nel mondo di oggi, ma proprio per questo bisogna mettere una cura particolare per impedire che lo scoraggiamento penetri nel nostro cuore e ci impedisca di combattere e di sperare.

            Come sappiamo, la speranza è una virtù teologale che si coltiva soprattutto con la preghiera e con i Sacramenti, che aumentano la nostra amicizia con Dio. Tuttavia, anche umanamente parlando, qualcosa è possibile e doveroso fare per impedire che il demone dello scoraggiamento si annidi nel nostro cuore. 

        Partiamo dalla consapevolezza che il male oscuro che incombe sull'Occidente viene da lontano, da una crisi plurisecolare, e che non può essere guarito in pochi mesi o anni, come qualcuno vorrebbe. 

            La stessa ideologia gender che tanto oggi ci preoccupa è stata seminata per oltre duecento anni nelle società europee, prima di esplodere nelle Conferenze organizzate dall'ONU a Il Cairo e a Pechino nel 1994 e nel 1995.

            Questo ci aiuti a capire che non possiamo avere premura e che sarebbe insensato pretendere di risolvere in poco tempo una malattia così profondamente radicata. Se la speranza è una virtù teologale che ha bisogno soprattutto di preghiera e di vita sacramentale, la speranza storica che dobbiamo coltivare ha bisogno di pazienza e di tempo. Non ci sono scorciatoie e non esistono neppure ricette magiche.

            Esiste la possibilità di un paziente e costante lavoro quotidiano sul corpo sociale, fatto di piccole iniezioni di fiducia e di speranza. Bisogna costruire giorno dopo giorno relazioni autentiche fra le persone, consolidare quelle che esistono, mettere in rete le persone attorno a motivi di speranza e anche ad obiettivi di lotta contro il male, che dilaga anche perché nessuno si oppone.

            Quando gli uomini, le famiglie e i popoli collaborano con Dio, nella storia sono successe cose grandi. L'Europa cristiana che ha coperto di cattedrali le nostre terre è nata semplicemente nei focolari di tante famiglie che hanno potuto superare le persecuzioni e gli scherni del mondo pagano e poi hanno favorito la conversione dei popoli barbari.

            Questa grande e straordinaria prima evangelizzazione si è stretta intorno a figure esemplari, come i santi e in particolare i Papi, i vescovi che a Roma hanno costituito un punto di riferimento anche civile.

            Oggi bisogna costruire o meglio ricostruire una civiltà così come fecero allora i nostri antenati attorno a San Benedetto e ai suoi monaci, costruttori di piccole cittadelle che furono il tessuto connettivo dell'Europa nascente.

            Che fare dunque? Costruire piccole comunità di persone con il massimo possibile di omogeneità, che si trovino e si vogliano bene reciprocamente, aiutandosi a capire che cosa avviene nel mondo e ad agire di conseguenza.

            È soltanto cosi, partendo dal basso e senza disdegnare azioni grandi, che si può ricostruire, a cominciare dalle relazioni umane, assolutamente indispensabili per qualsiasi iniziativa. I nostri figli non vedranno i risultati, probabilmente neppure i nostri nipoti, ma se il seme verrà gettato prima o poi, quando il Signore vorrà, comincerà a dare i primi frutti.

            Queste piccole comunità imparino ad agire sul corpo sociale, con pazienza, e mantenendo una fedeltà forte e visibile con il vescovo di Roma, il Sommo Pontefice che troppi contestano con grande superficialità e spesso ignorando completamente il suo insegnamento. In un mondo in cui cadono quotidianamente tutti i principali punti di riferimento, continuiamo a indicare nel Papa e nel suo Magistero una guida sicura da cui non si può prescindere.

      Dal Magistero del Papa come punto di riferimento fino alla cellula fondamentale della società, oggi molto maltrattata come ha detto recentemente proprio papa Francesco. Lavorare sul corpo sociale significa valorizzare e proteggere la famiglia, che è una sola, e favorire la nascita di una politica per le famiglie, che non c'è mai stata in Italia. Da questa politica magari potrebbe nascere un'esperienza politica che non c'è, un partito della famiglia di cui si sente insistentemente la necessità. Chissà.

EMMANUELE
Fonte: Marco Invernizzi di Alleanza Cattolica

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