f) La legalizzazione delle convivenze tra
omosessuali
Che cosa si nasconde dietro la
richiesta di riconoscere le coppie di fatto? L'ultima, definitiva aggressione
alla famiglia: l'idea di legalizzare le unioni fra persone dello stesso sesso.
Attraverso i " registri comunali delle unioni di fatto": l'obiettivo
è affiancare in dignità e normalità al matrimonio tutte le possibili varianti
di unioni, che nulla hanno in realtà a che fare con la famiglia. Basti qui
ricordare che:
1) Queste
unioni sono famiglie. La famiglia non è un'entità costruita dallo Stato, ma
riconosciuta dallo Stato come entità di diritto naturale.
2) Fosse
vero il contrario, dovremmo mettere in conto che lo Stato riconosca il titolo
di famiglia anche ad un gruppo di vecchi amici che convivono insieme; o a una
anziana donna che ha sotto il suo tetto tre gatti e due cani... Tutti casi in
cui esiste una mutua assistenza e un legame affettivo anche molto forte.
3) Allora
perché fermarsi alle unioni affettive tra due persone dello stesso sesso? E non
ricomprendere per esempio nello status di famiglia anche gruppi di tre,
quattro, cinque, che convivessero per motivi di disordinata concupiscenza.
Esempi sgradevoli, paradossali se si vuole, ma che dimostrano come sarebbe
impossibile porre limiti alla deriva giuridica, una volta rinnegata la
definizione giusnaturalistica di famiglia.
4) La
certezza del diritto viene compromessa dalle unioni di fatto che, per
definizione, rifuggono da ogni forma di regolamentazione sociale. Così pure,
l'adempimento dei compiti viene lasciato alla totale arbitrarietà dei
conviventi.
I problemi posti dalla società multietnica: i
matrimoni misti.
Nella tradizione cristiana è ben
conosciuta l'ipotesi di un credente - uomo o donna, in questo senso non fa
differenza - che desidera sposare una persona di altra religione. Il Codice di
Diritto Canonico, al canone 1125, contempla la possibilità del matrimonio
misto, ma a precise condizioni:
a. che la parte cattolica sia
determinata a professare comunque la propria fede;
b. che il cristiano si impegni a fare
il possibile affinché i figli siano battezzati ed educati nella fede cattolica;
c. entrambe le parti devono essere
istruite e accettare i fini e le proprietà essenziali del matrimonio.
La questione si fa particolarmente
spinosa nell'ipotesi di matrimonio con un musulmano, per una serie di ragioni
che sono poco conosciute al grande pubblico perché ostacolerebbero l'operazione
divernissage che si sta tentando per
far apparire l'Islam come assolutamente compatibile con la cultura e i costumi
dell'Occidente.
Ogni ragazza italiana che sta per
sposare un cittadino proveniente da Paesi musulmani dovrebbe sapere che un
giorno il marito - legittimamente secondo le sue leggi - potrà chiederle di
abbandonare la sua fede, di educare i figli secondo i dettami dell'Islam, di
accettare la presenza di altre mogli, di trasferirsi nel suo Paese d'origine;
in caso di diniego, che i figli seguano il padre nella sua terra; e che la sua
posizione di donna, già decisamente subalterna nella cultura islamica, sarebbe
ancor più mortificata fin tanto che lei rimanesse cristiana. In un Paese
islamico la donna non gode di diritti elementari, come la possibilità di
testimoniare in giudizio. La nostra ipotetica ragazza cattolica non dovrebbe
farsi illusioni sulla possibilità di convertire suo marito al cristianesimo,
perché questi potrebbe incorrere in gravi sanzioni, in qualche caso sino alla
morte, come accaduto di recente in Iran.
Padre Giovanni Boccali, francescano,
vissuto a lungo tra i musulmani, sintetizza così le basi teologiche e civili su
cui si fonda la famiglia musulmana, in base allo studio di alcuni contratti
matrimoniali originali: 1. la donna è possesso del marito, ed è infatti
comprata con denaro; 2. il marito ha diritto legale a quattro mogli; 3. il
marito può ripudiare la moglie e può divorziare; 4. il marito è proprietario
dei figli (in sua assenza lo è il parente maschio più prossimo); 5. la moglie
ripudiata ha diritto solo alla veste; 6. la donna cristiana non ha diritto ad
alcuna eredità; 7. i figli che nascono sono per legge e di fatto musulmani; 8.
la madre ha diritto sui figli fino a sei anni, sulle figlie fino a 8; 9. la
donna musulmana non può sposare in nessun modo, anche sotto pena di morte, un
cristiano; 10. il matrimonio con cristiane è un'opera religiosa per diffondere
l'Islam; 11. le promesse di garanzia fatte alla parte cristiana prima del
matrimonio, dopo il matrimonio non potranno essere mantenute, perché contrarie
alla legge musulmana.
EMMANUELE
FONTE: Da i quaderni del Timone; AUTORE: Mario
Palmaro; TITOLO: Matrimonio e famiglia; EDITORE: Edizioni Art.
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