sabato 3 maggio 2014

LEGGI CONTRO LA FAMIGLIA PARTE 3



f) La legalizzazione delle convivenze tra omosessuali

            Che cosa si nasconde dietro la richiesta di riconoscere le coppie di fatto? L'ultima, definitiva aggressione alla famiglia: l'idea di legalizzare le unioni fra persone dello stesso sesso. Attraverso i " registri comunali delle unioni di fatto": l'obiettivo è affiancare in dignità e normalità al matrimonio tutte le possibili varianti di unioni, che nulla hanno in realtà a che fare con la famiglia. Basti qui ricordare che: 


1) Queste unioni sono famiglie. La famiglia non è un'entità costruita dallo Stato, ma riconosciuta dallo Stato come entità di diritto naturale.

2) Fosse vero il contrario, dovremmo mettere in conto che lo Stato riconosca il titolo di famiglia anche ad un gruppo di vecchi amici che convivono insieme; o a una anziana donna che ha sotto il suo tetto tre gatti e due cani... Tutti casi in cui esiste una mutua assistenza e un legame affettivo anche molto forte.

3) Allora perché fermarsi alle unioni affettive tra due persone dello stesso sesso? E non ricomprendere per esempio nello status di famiglia anche gruppi di tre, quattro, cinque, che convivessero per motivi di disordinata concupiscenza. Esempi sgradevoli, paradossali se si vuole, ma che dimostrano come sarebbe impossibile porre limiti alla deriva giuridica, una volta rinnegata la definizione giusnaturalistica di famiglia.

4) La certezza del diritto viene compromessa dalle unioni di fatto che, per definizione, rifuggono da ogni forma di regolamentazione sociale. Così pure, l'adempimento dei compiti viene lasciato alla totale arbitrarietà dei conviventi.

I problemi posti dalla società multietnica: i matrimoni misti.

            Nella tradizione cristiana è ben conosciuta l'ipotesi di un credente - uomo o donna, in questo senso non fa differenza - che desidera sposare una persona di altra religione. Il Codice di Diritto Canonico, al canone 1125, contempla la possibilità del matrimonio misto, ma a precise condizioni: 

a. che la parte cattolica sia determinata a professare comunque la propria fede;
b. che il cristiano si impegni a fare il possibile affinché i figli siano battezzati ed educati nella fede cattolica;
c. entrambe le parti devono essere istruite e accettare i fini e le proprietà essenziali del matrimonio. 

            La questione si fa particolarmente spinosa nell'ipotesi di matrimonio con un musulmano, per una serie di ragioni che sono poco conosciute al grande pubblico perché ostacolerebbero l'operazione divernissage che si sta tentando per far apparire l'Islam come assolutamente compatibile con la cultura e i costumi dell'Occidente.

            Ogni ragazza italiana che sta per sposare un cittadino proveniente da Paesi musulmani dovrebbe sapere che un giorno il marito - legittimamente secondo le sue leggi - potrà chiederle di abbandonare la sua fede, di educare i figli secondo i dettami dell'Islam, di accettare la presenza di altre mogli, di trasferirsi nel suo Paese d'origine; in caso di diniego, che i figli seguano il padre nella sua terra; e che la sua posizione di donna, già decisamente subalterna nella cultura islamica, sarebbe ancor più mortificata fin tanto che lei rimanesse cristiana. In un Paese islamico la donna non gode di diritti elementari, come la possibilità di testimoniare in giudizio. La nostra ipotetica ragazza cattolica non dovrebbe farsi illusioni sulla possibilità di convertire suo marito al cristianesimo, perché questi potrebbe incorrere in gravi sanzioni, in qualche caso sino alla morte, come accaduto di recente in Iran.

            Padre Giovanni Boccali, francescano, vissuto a lungo tra i musulmani, sintetizza così le basi teologiche e civili su cui si fonda la famiglia musulmana, in base allo studio di alcuni contratti matrimoniali originali: 1. la donna è possesso del marito, ed è infatti comprata con denaro; 2. il marito ha diritto legale a quattro mogli; 3. il marito può ripudiare la moglie e può divorziare; 4. il marito è proprietario dei figli (in sua assenza lo è il parente maschio più prossimo); 5. la moglie ripudiata ha diritto solo alla veste; 6. la donna cristiana non ha diritto ad alcuna eredità; 7. i figli che nascono sono per legge e di fatto musulmani; 8. la madre ha diritto sui figli fino a sei anni, sulle figlie fino a 8; 9. la donna musulmana non può sposare in nessun modo, anche sotto pena di morte, un cristiano; 10. il matrimonio con cristiane è un'opera religiosa per diffondere l'Islam; 11. le promesse di garanzia fatte alla parte cristiana prima del matrimonio, dopo il matrimonio non potranno essere mantenute, perché contrarie alla legge musulmana.

EMMANUELE

FONTE:  Da i quaderni del Timone; AUTORE: Mario Palmaro; TITOLO: Matrimonio e famiglia; EDITORE: Edizioni Art.

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