L'omosessualità è naturale?
L'omosessualità
è - come dicono i gay - naturale?.
Torniamo
alla definizione di "natura". Cosa significa "naturale"?
E' naturale non ciò che esiste, e
nemmeno ciò che "fanno gli animali" (sarebbero naturali anche l'infanticidio
e il cannibalismo). Il termine "natura" indica ciò che dovremmo
essere, ciò che saremmo se il nostro sviluppo non incontrasse ostacoli. In una
parola è il nostro "progetto". Ad esempio, l'obesità esiste, ma non è
naturale.
Allo stesso modo, l'omosessualità
non è naturale in quanto essa non insorgerebbe se non ci fossero interferenze
ambientali. Nessuna persona, infatti, nasce omosessuale.
Omosessuali si nasce o si diventa?
Diversi studi scientifici escludono
la possibilità di una causa biologica dell'omosessualità. Non esistono un
"gene gay", un "cervello gay", un "ormone gay"
né, tanto meno, un "gene gay".
Il celebre studio di Bailey &
Pillard (J. Michael Bailey, Richard C. Pillard, A genetic study of male sexual orentation, in Archives of General Psychiaty, n. 48, dicembre 1991, pp. 1089-1096)
ha preso in analisi coppie di fratelli - gemelli omozigoti, gemelli
eterozigoti, fratelli biologici e fratelli adottivi - uno dei quali con
tendenze omosessuali, allo scopo di rilevare eventuali ereditarietà
dell'omosessualità. I risultati del suo studio furono i seguenti: dati due
fratelli gemelli omozigoti (cioè che condividono lo stesso patrimonio
genetico), se il primo è omosessuale, il secondo ha il 52% di probabilità di
esserlo. La percentuale del 52% è sicuramente elevata ma, poiché i gemelli
omozigoti condividono esattamente lo stesso patrimonio genetico, la concordanza
avrebbe dovuto essere del 100%. Proseguendo, se i due fratelli sono
eterozigoti, la percentuale scende al 22%; se i due fratelli non sono gemelli,
ci si ferma al 9,2 contro il 10,5 dei fratelli adottivi. Come è evidente, i
risultati elencati qui sopra non solo escludono - come si è detto - la
possibilità di una causa genetica dell'omosessualità; al contrario, avvalorano
- soprattutto con l'ultimo dato quello riguardante i fratelli adottivi -
l'ipotesi ambientale (e familiare, in particolare).
Altri studi, che vengono
frequentemente citati - ad esempio quello di Hamer (Dean Hamer et AL.,...) sui
marcatori genetici e quello di Le Vay...) sul terzo nucleo interstiziale
dell'ipotalamo interiore -, oltre a presentare diversi errori metodologici, non
giungono a dimostrare l'esistenza di una causa biologica dell'omosessualità. Si
può quindi soltanto ipotizzare una eventuale predisposizione biologica, non
certo una causa. Cosa, quindi, determina lo sviluppo di un orientamento
omosessuale? In ultima analisi sono gli influssi ambientali (famiglia, società,
esperienze di vita) a determinare lo sviluppo omosessuale di quegli individui.
Come abbiamo detto, l'omosessualità ha le sue radici in una ferita
dell'identità di genere, ossia in un senso di inferiorità nei confronti delle
persone del proprio sesso. Da cosa può essere provocata questa ferita? E' bene
ricordare che ogni persona ha la sua storia e non è giusto generalizzare; si
può però affermare che spesso i fattori che ostacolano la formazione
del'identità di genere possono essere riscontrati nelle relazioni familiari.
Ad un certo
punto dello sviluppo, come abbiamo visto, il bambino si separa dalla madre e
comincia ad identificarsi con il padre. Questo processo, tuttavia, è possibile
solo se entrambi i genitori incoraggiano e sostengono questo avvicinamento tra
padre e figlio.
Si può cambiare?
Spesso si sente affermare - da parte
dei gay - che se si "è" omosessuali, lo si è per sempre.
Questo non è
vero: cambiare si può.
Lo testimoniano sia esperienze
cliniche (Nicolosi, van den Aardweg, Bieber, Spitzer...) che testimonianze ed
associazioni di persone che hanno cambiato il loro orientamento.
Abbiamo definito l'omosessualità
come il sintomo di bisogni affettivi non soddisfatti durante l'infanzia o la
prima adolescenza; dietro alla ricerca di un abbraccio maschile, la persona con
una tendenza omosessuale cercherebbe l'affetto, la protezione e il
riconoscimento da parte delle figure di riferimento maschili che sono mancati
durante l'infanzia e la prima adolescenza. Tuttavia, questo tentativo
riparativo è destinato al fallimento: l'irrealistica idolatria nei confronti di
chi è individuato come dispensatore di virilità, affetto e protezione conduce
inevitabilmente alla delusione e, quindi, all'ennesima ferita.
Già negli anni '60 lo psicoanalista
Irving Bieber (1908-1991, in una sua ricerca, attestava che circa il 27% dei
pazienti con tendenze omosessuali sottoposti a un trattamento psicoanalitico
aveva cambiato orientamento sessuale.
Un'altra ricerca sui positivi esiti
della terapia riparativa è quella condotta nel 2001 (e replicata nel 2003)
dallo psichiatra statunitense Robert Spitzer. Questa ricerca è particolarmente
significativa perché il dottor Spitzer era presidente della sezione
nomenclatura dell'APA (American Psychological Association) quando questa
importante associazione rimosse, nel 1973, l'omosessualità egosintonica dal
manuale diagnostico DSM. Spitzer ha intervistato 200 uomini e donne i quali
almeno cinque anni prima dell'intervista, avevano affrontato un percorso
psicoterapeutico di cambiamento dell'orientamento sessuale. Da questa ricerca è
risultato che il 67% degli uomini che prima raramente o mai sperimentavano
attrazione per il sesso opposto, in seguito ad un trattamento psicoterapeutico
riportavano una attrazione eterosessuale significativa e stabile.
Sia van den Aardweg che Nicolosi
riportano numerosissimi casi di riorientamento sessuale.
EMMANUELE
FONTE: Da i quaderni de "Il Timone";
AUTORE: Roberto Marchesini; TITOLO: L'identità di genere; EDITORE: Edizioni
Art.
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