martedì 27 maggio 2014

L'IDENTITA' DI GENERE PARTE 5



L'omosessualità è naturale?

L'omosessualità è - come dicono i gay - naturale?.

Torniamo alla definizione di "natura". Cosa significa "naturale"?

            E' naturale non ciò che esiste, e nemmeno ciò che "fanno gli animali" (sarebbero naturali anche l'infanticidio e il cannibalismo). Il termine "natura" indica ciò che dovremmo essere, ciò che saremmo se il nostro sviluppo non incontrasse ostacoli. In una parola è il nostro "progetto". Ad esempio, l'obesità esiste, ma non è naturale.


            Allo stesso modo, l'omosessualità non è naturale in quanto essa non insorgerebbe se non ci fossero interferenze ambientali. Nessuna persona, infatti, nasce omosessuale.

Omosessuali si nasce o si diventa?

            Diversi studi scientifici escludono la possibilità di una causa biologica dell'omosessualità. Non esistono un "gene gay", un "cervello gay", un "ormone gay" né, tanto meno, un "gene gay".

            Il celebre studio di Bailey & Pillard (J. Michael Bailey, Richard C. Pillard, A genetic study of male sexual orentation, in Archives of General Psychiaty, n. 48, dicembre 1991, pp. 1089-1096) ha preso in analisi coppie di fratelli - gemelli omozigoti, gemelli eterozigoti, fratelli biologici e fratelli adottivi - uno dei quali con tendenze omosessuali, allo scopo di rilevare eventuali ereditarietà dell'omosessualità. I risultati del suo studio furono i seguenti: dati due fratelli gemelli omozigoti (cioè che condividono lo stesso patrimonio genetico), se il primo è omosessuale, il secondo ha il 52% di probabilità di esserlo. La percentuale del 52% è sicuramente elevata ma, poiché i gemelli omozigoti condividono esattamente lo stesso patrimonio genetico, la concordanza avrebbe dovuto essere del 100%. Proseguendo, se i due fratelli sono eterozigoti, la percentuale scende al 22%; se i due fratelli non sono gemelli, ci si ferma al 9,2 contro il 10,5 dei fratelli adottivi. Come è evidente, i risultati elencati qui sopra non solo escludono - come si è detto - la possibilità di una causa genetica dell'omosessualità; al contrario, avvalorano - soprattutto con l'ultimo dato quello riguardante i fratelli adottivi - l'ipotesi ambientale (e familiare, in particolare). 

            Altri studi, che vengono frequentemente citati - ad esempio quello di Hamer (Dean Hamer et AL.,...) sui marcatori genetici e quello di Le Vay...) sul terzo nucleo interstiziale dell'ipotalamo interiore -, oltre a presentare diversi errori metodologici, non giungono a dimostrare l'esistenza di una causa biologica dell'omosessualità. Si può quindi soltanto ipotizzare una eventuale predisposizione biologica, non certo una causa. Cosa, quindi, determina lo sviluppo di un orientamento omosessuale? In ultima analisi sono gli influssi ambientali (famiglia, società, esperienze di vita) a determinare lo sviluppo omosessuale di quegli individui. Come abbiamo detto, l'omosessualità ha le sue radici in una ferita dell'identità di genere, ossia in un senso di inferiorità nei confronti delle persone del proprio sesso. Da cosa può essere provocata questa ferita? E' bene ricordare che ogni persona ha la sua storia e non è giusto generalizzare; si può però affermare che spesso i fattori che ostacolano la formazione del'identità di genere possono essere riscontrati nelle relazioni familiari.
Ad un certo punto dello sviluppo, come abbiamo visto, il bambino si separa dalla madre e comincia ad identificarsi con il padre. Questo processo, tuttavia, è possibile solo se entrambi i genitori incoraggiano e sostengono questo avvicinamento tra padre e figlio.

Si può cambiare?

            Spesso si sente affermare - da parte dei gay - che se si "è" omosessuali, lo si è per sempre. 

Questo non è vero: cambiare si può.

            Lo testimoniano sia esperienze cliniche (Nicolosi, van den Aardweg, Bieber, Spitzer...) che testimonianze ed associazioni di persone che hanno cambiato il loro orientamento.

            Abbiamo definito l'omosessualità come il sintomo di bisogni affettivi non soddisfatti durante l'infanzia o la prima adolescenza; dietro alla ricerca di un abbraccio maschile, la persona con una tendenza omosessuale cercherebbe l'affetto, la protezione e il riconoscimento da parte delle figure di riferimento maschili che sono mancati durante l'infanzia e la prima adolescenza. Tuttavia, questo tentativo riparativo è destinato al fallimento: l'irrealistica idolatria nei confronti di chi è individuato come dispensatore di virilità, affetto e protezione conduce inevitabilmente alla delusione e, quindi, all'ennesima ferita.

            Già negli anni '60 lo psicoanalista Irving Bieber (1908-1991, in una sua ricerca, attestava che circa il 27% dei pazienti con tendenze omosessuali sottoposti a un trattamento psicoanalitico aveva cambiato orientamento sessuale.

            Un'altra ricerca sui positivi esiti della terapia riparativa è quella condotta nel 2001 (e replicata nel 2003) dallo psichiatra statunitense Robert Spitzer. Questa ricerca è particolarmente significativa perché il dottor Spitzer era presidente della sezione nomenclatura dell'APA (American Psychological Association) quando questa importante associazione rimosse, nel 1973, l'omosessualità egosintonica dal manuale diagnostico DSM. Spitzer ha intervistato 200 uomini e donne i quali almeno cinque anni prima dell'intervista, avevano affrontato un percorso psicoterapeutico di cambiamento dell'orientamento sessuale. Da questa ricerca è risultato che il 67% degli uomini che prima raramente o mai sperimentavano attrazione per il sesso opposto, in seguito ad un trattamento psicoterapeutico riportavano una attrazione eterosessuale significativa e stabile.

            Sia van den Aardweg che Nicolosi riportano numerosissimi casi di riorientamento sessuale.

EMMANUELE

FONTE:  Da i quaderni de "Il Timone"; AUTORE: Roberto Marchesini; TITOLO: L'identità di genere; EDITORE: Edizioni Art.

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