Le offese alla dignità del matrimonio
La promulgazione di leggi
profondamente ingiuste e contrarie alla legge naturale provoca nella società il
proliferare di comportamenti e mentalità che minano alle fondamenta la famiglia
stessa. Se la promulgazione di leggi contro la famiglia ha avuto - e continua
ad avere - un effetto devastante sulla società, non meno deleteria si rivela
l'azione insistita con cui i mezzi di comunicazione presentano al famiglia in
una luce sfavorevole.
Telegiornali e spettacoli di svago
sono impegnati a insinuare nell'opinione pubblica un'idea: la famiglia
tradizionale - luogo delle ipocrisie, delle violenze, dei tradimenti,
dell'alienazione - non è affatto il
luogo ideale per la crescita delle nuove generazioni, che invece devono essere
affidate a nuove "strutture" create allo scopo, dalla società civile
e dallo Stato. Alcune condotte, per quanto giudicate con sufficienza dalla
società in cui viviamo, o addirittura ottenute "normali",
costituiscono gravi attentati alla dignità del matrimonio e alla sopravvivenza
della famiglia.
Le
riassumiamo:
a. l'adulterio: questa
parola designa l'infedeltà coniugale. "Quando due partner - recita il n.
2380 del Catechismo della Chiesa Cattolica - di cui almeno uno sia sposato,
intrecciano fra loro una relazione sessuale , anche episodica, commettono
adulterio". Gesù condanna l'adulterio anche se consumato con il semplice
desiderio. L'adulterio è una forma di ingiustizia, perché chi lo commette viene
meno agli impegni assunti, lede il diritto dell'altro coniuge e attenta
all'istituto del matrimonio, compromette il bene della generazione dei figli,
che presuppone l'unione stabile dei genitori.
b. il divorzio: il
matrimonio rato e consumato tra due battezzati cattolici non può essere sciolto
da nessuna autorità umana, per nessuna causa, eccetto la morte (Codice di diritto canonico, Can. 1141).
Quindi, il divorzio esprime la pretesa di sciogliere il patto con cui gli sposi
liberamente hanno promesso di vivere l'uno con l'altro fino alla morte.
Se poi viene contratto un nuovo
vincolo - magari riconosciuto dalla legge civile - ciò accresce la gravità
della rottura: il coniuge risposato si trova in una condizione di adulterio
pubblico e permanente.
Inoltre, il divorzio è immorale
perché causa di disordine nella società, un disordine che genera gravi danni:
- per il
coniuge abbandonato;
- per i
figli, se vi sono, traumatizzati dalla separazione dei genitori e magari
contesi fra questi.
- per il suo
effetto contagioso, che ne fa una vera piaga sociale.
Attenzione:
quando uno dei coniugi è vittima innocente del divorzio pronunciato dalla legge
civile, questi non contravviene alla norma morale, e dunque non ha colpa
alcuna. Resta egualmente valido il divieto di contrarre nuovo matrimonio,
perché - come abbiamo visto - il matrimonio rimane in tutta la sua validità.
c. la libera unione: si verifica
quando uomo e donna si rifiutano di dare una forma giuridica e pubblica a un
legame che implica l'intimità sessuale. In questi casi, è l'idea stessa di
famiglia che viene distrutta. In ogni caso, l'atto sessuale deve avere posto
esclusivamente nel matrimonio e al di fuori di esso costituisce sempre un
peccato grave che esclude dalla Comunione sacramentale.
d. la convivenza: si basa
sulla falsa idea che esista un "diritto alla prova" per coloro
intenzionati a sposarsi. Ma l'amore umano non ammette "la prova",
perché esige un dono totale e definitivo delle persone fra loro. qualunque sia
la fermezza del proposito, i rapporti prematrimoniali non possono garantire,
proprio per la loro natura, sincerità e fedeltà al rapporto fra uomo e donna:
solo il vincolo contratto liberamente e lucidamente permette all'amore umano di
compiersi secondo la volontà di Dio e per il bene dell'uomo. Il fatto che oggi
molte di queste condotte siano diventate "normali" agli occhi di
molti non deve spaventarci. Il filosofo anticattolico Voltaire nel 1764
scriveva che l'indissolubilità del matrimonio è un'imposizione "barbarica
e crudele", poiché in favore del divorzio "stanno l'equità, la storia
e l'esempio di tutti popoli, salvo il popolo cattolico romano". Secondo
Montagne, che scrive nel 1580, ciò che più assicura la durata del matrimonio è
la possibilità del divorzio. Kant nel '700 sostiene che la procreazione non è
il fine proprio e intrinseco del matrimonio, poiché la si può escludere per
volontà dei coniugi. Le false idee non sono poi così originali, sono dure a
morire, ma dobbiamo essere sorretti dalla certezza che esse non hanno il potere
di oscurare definitivamente lo splendore della verità.
EMMANUELE
FONTE: Da i quaderni del Timone; AUTORE: Mario
Palmaro; TITOLO: Matrimonio e famiglia; EDITORE: Edizioni Art.
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