venerdì 9 maggio 2014

SAULO

Dalla lettura della S.Messa di:
GIOVEDÌ (08.05.2014) DELLA III SETTIMANA DI PASQUA

Lettura degli Atti degli Apostoli 9, 1-9

In quei giorni. Saulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via. E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?». Rispose: «Chi sei, o Signore?». Ed egli: «Io sono Gesù, che tu perséguiti! Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare». Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedendo nessuno. Saulo allora si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco. Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda.

Il cavallo nell’iconografia della conversione di san Paolo apostolo: segno superfluo o espressivo?


(di Andrea Lonardo)

Perché un cavallo è stato aggiunto alla narrazione nella raffigurazione della conversione di Paolo apostolo? Come è noto, nel testo degli Atti degli Apostoli che per ben tre volte narra l’incontro di Paolo sulla via di Damasco con il Signore risorto mai si parla di un cavallo. Benché esso non sia a priori da escludere gli Atti parlano più semplicemente di Paolo che «era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco» (At 9, 3 e, in prima persona, At 22, 6 e 26, 13).





Caravaggio, Conversione di San Paolo (1600-1601)
Roma, Cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo




Caravaggio, Conversione di San Paolo, prima versione su tavola
per la Cappella Cerasi, ora nella collezione Odescalchi



Eppure la rappresentazione del cavallo e della caduta a terra di Paolo ha una fortissima carica simbolica che non allontana minimamente dal senso del testo, anzi ne permette una comprensione profonda. La pittura e la scultura si sono spesso servite del cavallo per dare un volto al potere smisurato, alla grandezza di un personaggio, alla statura morale, alla compostezza dell’autorità.
Chi lo cavalcava, guardando dall’alto gli altri mortali, manifestava così la sua dignità superiore.
Paolo è disarcionato. Non cade semplicemente a terra, ma viene sbalzato da ogni suo potere, da tutto il suo orgoglio, da ogni sua autosufficienza. Egli rovina a terra. Dovrà imparare, lui così fieramente attaccato alla Legge e attraverso di essa all’illusione che l’uomo abbia una forza tale da potersi salvare con le proprie forze, che niente può l’uomo senza la grazia di Cristo. L’uomo deve ricevere la salvezza, senza alcun merito. La deve accogliere come una realtà che non ha principio primo in lui.
Deve ricevere l’amore per poter poi vivere di esso ed in esso.

Meditate gente, meditate.
FIGLIODELTUONO


fonte: gliscritti.it

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