Dalla lettura
della S.Messa di:
GIOVEDÌ (08.05.2014) DELLA III
SETTIMANA DI PASQUA
Lettura degli Atti degli Apostoli 9, 1-9
In quei giorni. Saulo, spirando ancora minacce e stragi
contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese
lettere per le sinagoghe di Damasco, al fine di essere autorizzato a condurre
in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne,
appartenenti a questa Via. E avvenne
che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all’improvviso lo
avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli
diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?». Rispose: «Chi sei, o
Signore?». Ed egli: «Io sono Gesù, che tu perséguiti! Ma tu àlzati ed entra
nella città e ti sarà detto ciò che devi fare». Gli uomini che facevano il
cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedendo nessuno.
Saulo allora si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così,
guidandolo per mano, lo condussero a Damasco. Per tre giorni rimase cieco e non
prese né cibo né bevanda.
Il cavallo
nell’iconografia della conversione di san Paolo apostolo: segno superfluo o
espressivo?
(di Andrea Lonardo)
Perché un
cavallo è stato aggiunto alla narrazione nella raffigurazione della conversione
di Paolo apostolo? Come è noto, nel testo degli Atti degli Apostoli che per ben
tre volte narra l’incontro di Paolo sulla via di Damasco con il Signore risorto
mai si parla di un cavallo. Benché esso non sia a priori da escludere gli Atti
parlano più semplicemente di Paolo che «era in viaggio e stava per avvicinarsi
a Damasco» (At 9, 3 e, in prima persona, At 22, 6 e 26, 13).
Caravaggio, Conversione di San Paolo (1600-1601)
Roma, Cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo
Caravaggio, Conversione di San Paolo, prima versione su tavola
per la Cappella
Cerasi, ora nella collezione Odescalchi
Eppure la
rappresentazione del cavallo e della caduta a terra di Paolo ha una fortissima
carica simbolica che non allontana minimamente dal senso del testo, anzi ne
permette una comprensione profonda. La pittura e
la scultura si sono spesso servite del cavallo per dare un volto al potere
smisurato, alla grandezza di un personaggio, alla statura morale, alla
compostezza dell’autorità.
Chi lo
cavalcava, guardando dall’alto gli altri mortali, manifestava così la sua
dignità superiore.
Paolo
è disarcionato. Non cade semplicemente a terra, ma viene sbalzato da ogni suo
potere, da tutto il suo orgoglio, da ogni sua autosufficienza. Egli rovina a
terra. Dovrà imparare, lui così fieramente attaccato alla Legge e attraverso di
essa all’illusione che l’uomo abbia una forza tale da potersi salvare con le
proprie forze, che niente può l’uomo senza la grazia di Cristo. L’uomo deve
ricevere la salvezza, senza alcun merito. La deve accogliere come una realtà
che non ha principio primo in lui.
Deve
ricevere l’amore per poter poi vivere di esso ed in esso.
Meditate gente, meditate.
FIGLIODELTUONO
fonte: gliscritti.it
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