Esiste un
disegno di Dio sull'uomo. Ma "noi siamo sempre tentati di sovrapporre al
disegno del Grande Artista i nostri scarabocchi, che spesso sono
rovesciamenti integrali della
prospettiva originaria" (G. Biffi). Questo capovolgimento presenta alcuni
elementi caratteristici: la diffusione di leggi contro la famiglia, la
svalutazione sociale della famiglia, lo scandalo del costume, la rivoluzione
sessuale. Soffermiamoci in particolare sulle leggi contro la famiglia.
a) Il divorzio
Con questa normativa il matrimonio è
stato ferito mortalmente nella sua struttura essenziale che lo prevede - per
diritto naturale - indissolubile. Il divorzio trasforma il matrimonio civile in
una particolare forma di contratto a tempo indeterminato con possibilità di
recessione unilaterale.
Nessuna novità, per il matrimonio
celebrato davanti al sacerdote che, se validamente rato e consumato, non può
essere sciolto in alcun modo e resta valido al di là delle scorciatoie
predisposte dalla legge civile. L'effetto culturale è stato però devastante:
oggi non poche coppie contraggono lo stesso matrimonio- sacramento con la
segreta riserva mentale che, in caso di difficoltà, il divorzio possa costruire
una legittima e necessaria via d'uscita.
b) Il nuovo diritto di famiglia
La seconda aggressione si è
consumata in modo più subdolo, con l'introduzione di un nuovo diritto di
famiglia - in Italia, ad esempio, ciò è avvenuto nel 1975 - che ha trasformato
la famiglia stessa da comunità di affetti e di mutua assistenza in una
sommatoria di più individualità distinte ed autonome. La filosofia che ispira i
nuovi articoli del Codice civile ritiene che le esigenze dei singoli componenti
assumono un valore privilegiato rispetto agli interessi tipici della famiglia:
unità, stabilità, desiderio di ciascun coniuge di portare i pesi dell'altro,
educazione dei figli, attenzione e sostegno
dei parenti anziani, apertura alla comunità. Si tratta di una riforma ispirata
dalla mentalità individualista e dalla logica femminista, i cui effetti
deleteri sulla famiglia non sono stati ancor ben compresi dallo stesso mondo
cattolico. I dati su separazioni e divorzi dimostrano tuttavia che le
difficoltà e le incomprensioni - inevitabili in qualsiasi matrimonio - non
possono essere superate se si afferma una visione "contrattualistica"
del vincolo nuziale, nella quale le parti si fronteggiano in un permanente
scambio di rivendicazioni e di diritti. Una volta accettata l'idea che la
famiglia è il luogo della "autoaffermazione personale" e non della
"affermazione dell'altro attraverso la quale io realizzo me stesso",
il matrimonio si trasforma progressivamente in una SpA, dove ognuno desidera
semplicemente trarre il maggior profitto per se stesso. Contro di essa si
levano voci assolutamente autorevoli quanto inascoltate: particolarmente
critico fu il gesuita e grande giurista Salvatore Lener. Si potrebbe
addirittura dire che il matrimonio cessa di esistere come istituto per venir
rimpiazzato da una semplice convivenza sentimentale, sopra la quale pende la
spada di Damocle del capriccio personale. Prima gli sposi si dicevano
"Promettiamoci, per sempre"; ora si dicono: "Proviamoci, finché
dura". Il matrimonio di una volta era forse non esaltante, ma solido e
assai sereno, pur nella rozzezza di certi rapporti. Occorre riconoscere che le
donne d'altri tempi dovevano fare i conti con condizioni di vita molto
disagevoli; tuttavia, le sopportavano con discreta serenità, senz'altro assai
maggiore di quella di tante donne d'oggi, circondate da ogni benessere
materiale e culturale.
Come si spiega questo paradosso? Con
il problema dell'assoluto e dell'inganno idolatrico: quando una persona ha
sistemato l'assoluto, non entra in crisi per il relativo. Per l'assoluto si
sopporta ogni tipo di prova.
Il colpo più duro alla solidità del
vincolo arriva in particolare dalla scelta di eliminare il riferimento al
marito come fulcro delle decisioni più importanti della famiglia: si preferisce
battere la strada - demagogica e forse perfino utopica - della "democrazia
familiare", applicando un modello di Stato ad una realtà, quella della
famiglia, che Stato non è. La legge italiana del 1975 (la 151) abolisce
l'istituto della potestà maritale e stabilisce la piena uguaglianza dei
coniugi, fondando la famiglia su una sorta di diarchia (art 143 e 144) che, in
una società di soli due membri qual è il matrimonio, equivale semplicemente
all'instaurazione dell'anarchia organizzata. Dal codice scompare,
sorprendentemente, anche l'obbligo da parte dei figli di onorare i genitori.
Dalla lettura del codice salta subito agli occhi che le esigenze degli sposi
appaiono "individualizzate": il matrimonio non sembra affatto
realizzare quella reductio in unum
che rende i due una sola cosa; si citano, è vero, le esigenze della famiglia,
ma significativamente in secondo piano, quasi sfumate dietro alle
"esigenze" dei due individui.
E se le esigenze confliggono?
Nemmeno in questo caso il Codice affida la scelta ad uno dei due coniugi -come
suggerisce il buon senso- ma preferisce chiamare in causa il giudice. Il gioco
è fatto: non più di due sposi si tratta, ma di controparti, di attori
processuali, di contendenti che si litigano un posto al sole dentro il
contratto (a termine) che hanno stipulato.
EMMANUELE
FONTE: Da i quaderni del Timone; AUTORE: Mario
Palmaro; TITOLO: Matrimonio e famiglia; EDITORE: Edizioni Art.
seconda parte
seconda parte
Nessun commento:
Posta un commento