venerdì 9 gennaio 2015

SOLIDARIETA' E BENE COMUNE



         Uno dei pilastri su cui appoggia la pace sociale è la solidarietà. Nell'esortazione apostolica Evangelii gaudium, papa Francesco ricorda che la solidarietà indica molto di più di qualche sporadico atto di generosità; essa <<richiede di creare una nuova mentalità che pensi in termini di comunità, di priorità della vita di tutti rispetto all'appropriazione dei beni da parte di alcuni>>. 

La destinazione universale dei beni

             Per parlare in modo appropriato di giustizia sociale e solidarietà, bisogna innanzitutto ricordare che il mondo è di tutta l'umanità e per tutta l'umanità, in altre parole che esiste una destinazione universale dei beni anteriore al diritto di proprietà. In questa prospettiva il possesso privato dei beni si giustifica alla luce del loro orientamento al bene della persona e, attraverso essa, al bene comune.

            L'idea della destinazione universale dei beni è stata progressivamente trascurata dalla cultura moderna sino a diventare del tutto marginale. L'ideologia liberare, non di rado fondata sull'esaltazione senza limiti del bene e della libertà individuale, e l'ideologia social-comunista, che teorizza la superiorità delle strutture sociali collettive, considerate più importanti della stessa persona umana, ingenerano nell'epoca moderna l'idea che il bene della persona e quello della società stiano tra loro in un rapporto conflittuale, quasi che il bene individuale e quello collettivo siano necessariamente in contrapposizione tra loro. 

            Il liberalismo che (nella sua versione più diffusa), esalta la libertà assoluta del singolo e il suo diritto di perseguire il proprio bene individuale, giunge fino a negare i legami e le responsabilità interpersonali; mentre il collettivismo, da parte sua, rivendicando il diritto alla realizzazione del bene collettivo, togliere ogni limite al potere dello Stato, sino alla negazione dei diritti inalienabili dell'uomo.

Bene personale e bene comune

            L'individualismo e il collettivismo, che si sono affrontati negli ultimi due secoli, presentandosi come fautori di due visioni dell'uomo e della società radicalmente contrapposte, hanno in realtà in comune un errore di prospettiva fondamentale: entrambi non riescono a vedere che il bene della persona e quello della collettività sono in un rapporto d'implicazione e non di esclusione.

            Il loro errore nasce da una concezione del bene comune limitata agli elementi socio-economici e, come conseguenza, una visione della vita sociale ridotta a competizione tra interessi contrapposti.

             Tale fraintendimento ha una ricaduta anche sul modo di concepire la solidarietà, ricondotta a un  sentimento di comunanza e benevolenza tra uomini o all'assistenza di chi ha bisogno. Quest'idea di solidarietà, solo materiale, non ne coglie il pieno significato, radicato nella natura sociale della persona umana.

            Sia il bene comune che la vita sociale non possono essere ridotti alla sola dimensione materiale; al contrario, essi vanno definiti in relazione alla persona nella sua totalità, che comprende tanto la dimensione materiale quanto quella spirituale e sociale dell'uomo.

            Il bene comune rettamente intenso, di conseguenza, deve comprendere ed essere orientato sia al conseguimento dei beni materiali necessari alla vita, come il cibo, il lavoro, la salute, sia ai beni intangibili come l'educazione e la cultura, o il diritto di fondare una famiglia o quello di esprimere liberamente la propria religiosità, nella stabilità e sicurezza di un giusto ordine sociale e politico.

            La comunità umana nasce dall'unione solidale dei membri che costituiscono una determinata società. Un'unione è solidale quando realizza il giusto equilibrio tra singolo e comunità, tutelando la libertà e la dignità del singolo dalle ingiuste pretese della collettività, ma anche arginando le pretese dell'individualismo che nega il legame esistente per natura tra gli uomini.

EMMANUELE
FONTE: rivista IL TIMONE N. 130

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