E' stata
l'antica traduzione greca della Bibbia ad attribuire al terzo libro dell'Antico
Testamento il titolo Levitico, cioè di <<libro dei leviti o
sacerdoti>>. E non solo perché elaborato dalla tradizione sacerdotale, ma
anche perché i contenuti riguardano spesso la legislazione liturgica e sacrale
del popolo ebraico.
Abbiamo usato l'aggettivo
<<sacrale>>, che in ebraico rimanda a un termine che significa
<<sacro, santo>>: <<Siate santi/sacri, perché io, il Signore,
sono santo>>, ripete un ritornello del Levitico. Noi siamo soliti
distinguere tra la <<santità>>, che è una virtù morale e nasce
dalla coscienza, e la <<sacralità>> che è l'area in cui si compiono
i riti e che ha nel tempio il suo segno più alto.
Il Levitico si interessa delle norme
che rendono possibile l'accesso del fedele al culto. Sono norme sacrificali,
rituali, sociali che permettono di celebrare nella liturgia e nelle vita
quotidiana l'incontro col Dio santo e puro, separato dalle creature, limitate e
imperfette (non per nulla l'ebraico qadosh, <<sacro, santo>>,
significa letteralmente <<separato>>). Il libro, che ha come sfondo
ideale il Sinai e la rivelazione di Dio a Mosè, contiene quattro grandi
complessi di leggi: i rituali per i sacrifici (capp. 1-7), la consacrazione
sacerdotale (8-10), la legge di <<purità>>, che delinea le norme di
purificazione rituale soprattutto per la sfera sessuale e le malattie (11-16),
e la legge di <<santità>> che regola la vita sociale, liturgica e
annuale del popolo secondo le tradizioni sacre (17-26). L'appello alla purità e
santità esteriore e la complessità delle regole vogliono, però, esaltare oltre
il mistero divino anche la totalità della donazione dell'uomo a Dio. Tutta
l'esistenza del fedele viene, infatti, coinvolta nell'adesione al Signore.
FONTE:
Titolo: Nuova guida alla Bibbia; Autore: Gianfranco Ravasi; Editore: San Paolo
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