Il libro
dell'Esodo (<<uscita>>) si sviluppa attorno a
un'<<uscita>> materiale, sociale e spirituale: Il popolo ebraico,
oppresso dalla potenza egiziana, "esce" dalla terra dei faraoni verso
la patria promessa ai padri da Dio, "esce" dal giogo pesante della
schiavitù verso un orizzonte di libertà, "esce" dalle limitazioni e
imposizioni religiose egiziane per servire il Signore in un culto libero e
sincero.
Alcuni studiosi sono convinti che
questo libro biblico conservi l'eco di due distinti esodi, avvenuti in momenti
diversi e unificati in un unico racconto. C'è un esodo fondamentale, una vera e
propria <<fuga>> dall'oppressione faraonica, in cui gli ebrei sono
costretti a seguire la via tortuosa e difficile della penisola sinaitica per
evitare di incorrere in pattuglie di frontiera egiziane. Si era forse nel XIII
sec. a.C., allorquando, dopo il regno del faraone oppressore Ramses II,
governava l'Egitto il faraone Mernepitah, del quale nel 1859 a Tebe fu trovata
una stele di basalto nero che citava per la prima volta nella storia il popolo
ebraico dichiarandolo vinto: <<Israele è distrutto, è ormai senza
seme>>. Ma, all'interno delle pagine bibliche e sotto il manto di questo
esodo glorioso e avventuroso sembra emergere la memoria di un altro esodo, forse
avvenuto molto prima. Esso sembra avere le caratteristiche di una
<<espulsione>>: gli egiziani avviano gruppi di ebrei verso la terra
di Canaan facendo loro attraversare la frontiera settentrionale e immettendoli
lungo la via litoranea del Mediterraneo, la più breve e diretta. Comunque sia,
l'esodo rimarrà nella storia e nella fede d'Israele come un grande segno
divino: il Dio di Israele si rivela come il Signore della libertà, che non è
indifferente al grido degli oppressi.
Il libro dell'Esodo, però, è
dominato anche da un monte, il Sinai, che si erge nell'aspra solitudine del
deserto in cui vaga Israele. E' su quella vetta che la grande guida dell'esodo,
Mosè, riceve le <<dieci parole>>, il decalogo, che sarà la base
della morale biblica e della risposta che Israele dovrà offrire al Dio che si è
alleato con lui. Attorno a quelle parole si distenderanno per lunghi capitoli
le altre leggi, civili e religiose, del popolo ebraico.
Il libro dell'Esodo non è, dunque,
un testo di memorie celebrative di eventi antichi. E', invece, un appello
rivolto al popolo di Dio di tutti i tempi perché senta la presenza divina che
lo guida verso la libertà, perché celebri nella Pasqua il Signore liberatore,
salvatore e rivelatore. Il trattato rabbinico sulla Pasqua afferma, infatti,
che <<ogni generazione deve considerare se stessa come uscita dall'Egitto>>.
Nessun commento:
Posta un commento