A soddisfare
i palati degli avventurieri c'è quella formidabile innovazione finanziaria che
si chiama cartolarizzazione. E con lei ci sono i meravigliosi subprime da
spremere fino in fondo.
Questo abile e geniale giochetto si
chiama cartolarizzazione di un credito. Serve a diluire i rischi quando si fa
un prestito. E' talmente promettente che viene replicato più e più volte, come
in una catena di sant'Antonia. Ad ogni passaggio i rendimenti ovviamente
salgono, i soldi che si guadagnano sono di più, e la patata bollente finisce
sempre nelle mani dell'ultimo arrivato.
Insomma, la porcheria, se c'è, è
tutta fuori dal bilancio, ben nascosta da istituti protetti dall'ombra di
mercati non vigilati in prodotti che appaiono abbronzati e sorridenti.
E' la prova che la finanza ha ormai
vinto la sua partita sull'economia reale. Non conta più produrre, ma far girare
i soldi per poter farne sempre di più, e in poco tempo. Quando il sistema
comincia ad andare in tilt a causa della flessione del settore immobiliare, nel
2007, sui mercati ci sono quasi 1000 miliardi di dollari di mutui subprime e,
appoggiati su questi, qualcosa come 4200 miliardi di dollari di RMBS, 3000
miliardi di CDO e oltre 530mila miliardi di strumenti derivati vari. Chiamarla
polveriera fa sorridere.
Invece, è
stata proprio la globalizzazione della follia a rendere sistemico il pericolo.
Perché è solo compiendo un
microscopico atto di fiducia nei nostri confronti che il barista può appoggiare
la tazzina sul bancone, fidandosi del fatto che noi pagheremo il nostro euro.
Ed è solo fidandoci del barista che noi possiamo lasciare la moneta sul bancone
prime che il caffè arrivi. Se nessuno si fida, noi e il barista resteremmo
fermi per ore a guardarci con la tazzina e l'euro trattenuti nelle nostre mani.
La fiducia non è cosa da poco, appartiene alla categoria del capitale sociale
di una comunità, piccola o grande che sia. Ci vogliono decenni per costruire un
patrimonio di fiducia, può bastare un niente per distruggerlo. E, a quel punto,
quando il danno è fatto, per rimettere insieme i cocci del vaso possono servire
anni. Quello che avviene nel mondo dopo il fallimento della Lehman Brothers è
proprio questo. Più che l'effetto del contagio finanziario per i titoli tossici
in circolazione legati alla Lehman, a mandare in corto circuito l'economia
planetaria è una gigantesca crisi di fiducia.
Il concetto
di bene comune è sacrificato a favore del bene individuale.
Ai francescani va, invece, il merito
di <<trovare la via d'uscita dall'imbarazzo della ricchezza, con
l'invenzione dell'economia di mercato civile>>, come insegna uno dei
massimi esperti della materia, l'economista Stefano Zamagni.
Il discorso valeva allora, quando
vengono fondati i Monti di Pietà e l'attività di credito viene sottratta alla
comunità degli avari usurai per essere destinata a favore della collettività.
Ma varrebbe ancora oggi, se, ad esempio, la finanza tornasse alla sua funzione
originaria di sostegno dell'economia reale e del benessere dell'umanità, e non
venisse utilizzata per produrre ricchezza a favore di pochi e a danno di altri.
Gli strumenti del mercato in sé sono
neutri, è l'uso che se ne fa, o l'assenza di regole, a cambiare le cose.
L'economia di mercato nasce, dunque,
come esaltazione della libertà e della tensione verso il bene comune.
Il problema dei subprime, del
credito facile, delle speculazione con i derivati, e, in ultima istanza, della
crisi che si genera negli Stati Uniti e travolgerà l'Europa, è tutto qui. Non
negli strumenti del mercato, ma dell'uso di questi a favore di un guadagno
esclusivamente individuale, per gonfiare il pil e per far credere alle persone
di poter raggiungere più velocemente la felicità. Consumando e indebitandosi.
Sotto
i colpi della crisi e della speculazione internazionale, l'euro si rivela una
moneta non completa, nata da un'unione imperfetta.
Ovviamente, il problema non sono i
disegni sulle banconote, ma il modo in cui è stata costruita l'Eurozona.
L'Europa che ha aderito al progetto della moneta si è lanciata nell'avventura
senza compiere subito quei passi necessari a garantire la tenuta di un'unione
monetaria. Come la storia di altre esperienze simili ha insegnato, è difficile
stare insieme sotto lo stesso cambio senza integrare veramente le economie,
senza un sistema di governo economico efficiente e comune, senza coordinare le
politiche fiscali, di bilancio e quelle sociali. Senza un Ministero delle
Finanze comune, o almeno una via di fuga in caso di emergenza.
L'ultima crisi colpisce
l'architettura stessa dell'Unione Europea, il suo sistema di governo e quello
di gestione delle emergenze, i trattati che la regolano, la moneta comune.
EMMANUELE
FONTE:
Autore: Massimo Calvi; Titolo Capire la crisi; Editore: Rubbettino
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