In pratica:
gli USA acquistano prodotti made in China a prezzi competitivi, si indebitano
per continuare a fare i ricchi, e quel debito lo sostengono i cinesi.
Anche in
questo caso il problema non è il meccanismo, ma l'esagerazione.
Ma perché la turbolenza possa
trasformarsi nella tempesta perfetta, oltre al credito facile e al debito
irragionevole, servono altri ingredienti. il più importante risiede nella
proliferazione di prodotti finanziari capaci di nascondere i rischi di questo
gioco pericolosissimo.
Ma se le quotazioni delle case
vendute si impennano di colpo, è chiaro che qualcosa non torna.
Come abbiamo visto, è la politica
monetaria della Federal Reserve , che favorisce i prestiti per l'acquisto di
case, a generare la bolla. Ma a riempirla di plutonio è qualcun altro.
La prima carica esplosiva la mettono
le banche e gli operatori del settore immobiliare. I quali non si accontentano
più di prestare i soldi a clienti che desiderano acquistare una casa, ma si
adoperano con impegno per farla comprare anche a chi faticherebbe persino a
pagare un affitto modesto. Così vengono coinvolte le categorie più povere ed
emarginate della popolazione, illudendole di poter coronare il sogno di un
tetto di proprietà. E' l'invenzione dei mutui subprime, così chiamati perché in termini di rischiosità del
soggetto che li accende stanno molto, ma molto più sotto di quelli concessi ai
clienti affidabili, definiti prime.
Questo tipo di mutui è l'ultimo
livello che si possa immaginare in una graduatoria di rischio. Negli USA
c'erano i mutui sicuri concessi ai clienti affidabili (prime), poi quelli un pò più rischiosi, perché di importo di gran
lunga superiore ai limiti suggerirti dal buon senso (jumbo), poi quelli
concessi senza nemmeno guardare la busta paga dei richiedenti (alt-A). Infine,
ecco i mefitici subprime, erogati a persone che non avevano né lavoro, né
reddito, né tantomeno patrimonio: per questo chiamati anche ninja, no income,
no job, no assest.
Perché se viene a mancare l'anello
decisivo della responsabilità, da parte di chi presta denaro come di chi lo
riceve, il sistema a un certo punto non può che andare in tilt, rendendo
indigesto il caro vecchio pasto gratis.
Spesso non serve nemmeno portare i
documenti per ricevere i soldi: avere un cliente indebitato è già una fonte di
guadagno.
Per rendere un'idea di cosa accade:
nel 2002 i rischiosi subprime rappresentavano solo l'8 per cento del totale dei
mutui, nel 2006 arrivano a essere il 20 per cento, uno su cinque. Questa
dinamica avrebbe dovuto già mettere in allarme istituzioni ed autorità di
vigilanza. Eppure, per un bel pò, non accade nulla. A rendere l'America un Eldorado immobiliare è
il fatto che tutti guadagnano allegramente, perché i prezzi delle case corrono
all'impazzata e sembrano non fermarsi mai. Dunque, per fare un esempio, il
signor Smith o la signora Gonzàles possono comprare una casa per 150mila
dollari, indebitarsi per 170mila dollari, rivenderla dopo un anno a 200mila,
poi accendere un nuovo mutuo per comprare un'altra casa, e via dicendo. Il
mutuo diventa così uno strumento per creare ricchezza facile e diffusa. Gli
americani si indebitano per comprare l'abitazione e con i soldi che ottengono
in prestito si indebitano per comprare l'auto, e poi con quelli fanno le
vacanze o cambiano il frigo. C'è un momento nel quale le famiglie arrivano ad
avere un debito superiore a quello che guadagnano in un anno: 100mila dollari
di stipendio e 120mila dollari di debiti. Una situazione che spinge le imprese
a costruire più case del necessario e gli americani, anche la gente semplice, a
comprare e vendere immobili come se il mercato fosse un gigantesco erogatore di
banconote, un gioco del Monopoli nel quale tutti chiudono gli occhi e smettono
di ragionare. Tanto si vince sempre.
All'origine di tutto c'è sempre uno
strumento eticamente neutro, che nasce per un fine giusto, ma che finisce per
essere impiegato al servizio dell'avidità.
Eppure, manca ancora un tassello,
forse il più importante. Che cosa spinge queste agenzie
<<sponsorizzate>> dal governo a farsi carico di tutti quei
prestiti, che nel complesso valgono ormai quasi la metà del pil americano?
Semplice: il fatto che anch'esse, alla fine, come tante altre istituzioni
simili che fioriscono in questi anni, trovano il modo di liberarsi dei problemi
legati a possibili insolvenze. Il meccanismo è ancora più elementare: prendono
i rischi e li cedono a una vasta platea di investitori e risparmiatori. Spesso
ignari dei pericoli.
EMMANUELE
FONTE:
Autore: Massimo Calvi; Titolo Capire la crisi; Editore: Rubbettino
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