Il
matrimonio è un lavoro certosino e quotidiano, un'opera d'arte eroica e
maestosa, ben più di una cattedrale, perché quella, magari anche dopo mille
anni, va in rovina, e si sbriciola e si perde nella polvere, mentre le vite che
nascono da una famiglia sono chiamate all'eternità, e allora quello scolpire,
quel cesellare, quel rifinire che tanta fatica può costare non sarà perso mai.
Stare insieme è un lavoro
quotidiano, che richiede la massima attenzione. <<Tre parole
chiave!Chiediamo permesso per non essere invadenti in famiglia. "Posso
fare questo?", col linguaggio del chiedere permesso. Diciamo grazie,
grazie per l'amore! Ma dimmi, quante volte al giorno tu dici grazie a tua
moglie, e tu a tuo marito? Quanti giorni passano senza dire questa parola, grazie!
E l'ultima: scusa. Tutti sbagliano e alle volte qualcuno si offende nella
famiglia e nel matrimonio, e alcune volte - io dico - volano i piatti, si
dicono parole forti, ma sentite questo consiglio: non finire la giornata senza
fare la pace>>.
Mai è una facile gratuita spontanea
simbiosi, ed è invece molto più il frutto di una scelta, di una dedizione, di
un impegno volontario, consapevole, quotidiano. Una lotta di trincea, un
conquistare un centimetro per centimetro, per smussare angoli, strappare sorrisi,
scartavetrare superfici scabrose.
E' rimasta solo la Chiesa a dire la
verità, cioè che amare è anche difficile, a volte faticoso, è bello ma non
sempre semplice, e che l'amore vero ha poco a che fare col batticuore, col
desiderio di conquista, con l'agognare qualcuno di irraggiungibile.
Vietati dunque i "vestiti da
casa", solo l'idea mi farebbe rabbrividire: avere una tuta infirme e
magari la maglietta bucata o macchiata da tenere in casa certifica l'idea che
fuori ci si presenti al meglio, mentre tra le mura domestiche si possa dare
libero sfogo ai nostri lati peggiori, perché <<tanto ormai>> lui o
lei ci hanno presi, e quindi alla fine ci terranno, in qualunque modo ci
metteremo. Il vestito da casa non è che la rappresentazione concreta di un atteggiamento,
dell'idea che non dobbiamo più sforzarci di piacere all'altro. E invece essere
sposati dovrebbe essere un continuo chiedersi "come posso fare quello che
piace a mia moglie, a mio marito? Come posso fare il suo vero bene, ma anche
come posso semplicemente rendergli o renderle la giornata più allegra, la casa
un posto più piacevole?
Nella vita facciamo molti errori,
tanti sbagli. Li facciamo tutti. Ecco allora la necessità di usare questa
semplice parola; "scusa". In genere ciascuno di noi è pronto ad
accusare l'altro e a giustificare se stesso. Impariamo a riconoscere i nostri
errori e a chiede scusa. "Scusa se oggi ho alzato la voce";
"scusa se sono passato senza salutare"; "scusa se ho fatto
tardi", se questa settimana sono stato così silenzioso", "se ho
parlato troppo senza ascoltare mai"; scusa mi sono dimenticato";
"scusa ero arrabbiato e me la sono presa con te". Tanti
"scusa" al giorno noi possiamo
dire. Anche così cresce una famiglia cristiana. Sappiamo tutti che non esiste
la famiglia perfetta, e neppure il marito perfetto, o la moglie perfetta. Non
parliamo della suocera perfetta ... . Esistiamo noi, peccatori. Gesù, che ci
conosce bene, ci insegna un segreto: non finire mai una giornata senza
chiedersi perdono, senza che la pace torni nella nostra casa, nella nostra
famiglia.
EMMANUELE
FONTE:
Rivista "IL TIMONE"
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