Ci sono casi
in cui i divorziati possono fare la comunione, purché rispettino certe
condizioni. Se non si astengono da relazioni sessuali, commettono adulterio. E
la Chiesa non può dare loro l'Eucarestia. Non sarebbe fedele al suo Signore che
ha condannato l'adulterio e insegnato l'indissolubilità del matrimonio.
Il Diritto canonico stabilisce che
valutare se un matrimonio è valido o nullo compete ai tribunali ecclesiastici.
Già oggi i divorziati possono fare
la comunione:
- se hanno
subito (dall'altro coniuge) e non voluto il divorzio e non sono risposati;
- se hanno
chiesto il divorzio, lo hanno confessato e non si sono risposati;
- se sono
risposati ma, con il nuovo "coniuge", decidono e riescono, negli
anni, a vivere come fratello e sorella: è una cosa ardua, ma possibile, il
desiderio dei sacramenti è così forte che inclina a vivere castamente.
La Chiesa, tuttavia, ribadisce la
sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione
eucaristica i divorziati risposati.
C'è inoltre un altro peculiare
motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all'Eucarestia, i fedeli
rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa
sull'indissolubilità del matrimonio.
Il non essere ammesso a un
sacramento non è un'esclusione infamante,
ma fa parte di un percorso di conformazione a Cristo che passa dalla
rinuncia a un proprio modo di vedere i sacramenti, al modo con cui Cristo pensa
ai sacramenti. E' questa la metanoia, il cambiamento di pensiero a cui tutti
siamo chiamati. Questa è l'autentica conversione: pensare come Cristo, avere lo
stesso pensiero di Cristo, la sua stessa mentalità e il suo stesso sguardo
sulle persone e le creature.
Lo stesso cardinal Kasper ricorda un
testo molto significativo: Agostino, La fede e le opere 19,35, il quale
riferisce che alcuni vescovi sono stati negligenti verso gli adulteri.
<<Sembra che per i costumi dei cattivi cristiani, un tempo addirittura
pessimi, non fosse un male il fatto che uomini sposassero la moglie di un altro
o che donne sposassero il marito di un'altra, per questo forse si insinuò
presso alcune chiese questa negligenza per cui nelle istruzioni ai richiedenti
non si indagava né si riprovava [biasimava] su tali vizi. Così è avvenuto che
si è incominciato anche a difenderli. Tali vizi tuttavia sono ancora rari nei
battezzati, a meno che non li facciamo aumentare col trascurarli>>.
Questo rischio di essere negligenti e di tacere è oggi reale: l'incidenza
dell'adulterio in una popolazione aumentata quando non si rimprovera tale
peccato, quando lo si trascura o anzi lo si difende.
EMMANUELE
FONTE:
Rivista "IL TIMONE"
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