Il luogo di
nascita è concorde per Roccaporena, una frazione montagnosa a circa cinque chilometri
da Cascia ( provincia di Perugia), all'epoca uno dei castelli ghibellini
facenti parte del contado del comune di Cascia. Le date di nascita e morte sono
incerte. Esse dipendono dalla altezza cui si pone la data di morte, ovvero il
1447 per alcuni, o il 1457 per altri, dopo quarant'anni di vita monacale. Da
qui si risale, per la nascita, al 1371, o al 1381.
Secondo le biografie tradizionali,
Rita nacque da Antonio Lotti e Amata Ferri, genitori già anziani, molto religiosi, nominati dal Comune
come "paceri di Cristo" nelle lotte politiche e familiari tra guelfi
e ghibellini, in discrete condizioni economiche, come proprietari di terreni
agricoli. I genitori, come era d'uso la indirizzarono molto presto verso il
matrimonio; Rita sposò quindi Paolo di Ferdinando di Mancino (o Mancini), forse
un ufficiale della guarnigione di Collegiacone, descritto tradizionalmente come
un uomo orgoglioso ed irruente, appartenente alla fazione ghibellina.
Il matrimonio
Le nozze si tennero nella chiesetta
di San Montano a Roccaporena. Secondo le agiografie tradizionali, il carattere
mite di Rita acquietò, col tempo, lo spirito impulsivo e violento del marito,
tanto che questi abbandonò le armi per convertirsi al lavoro presso un mulino
da poco accomodato come loro casa. Nacquero due figli (forse gemelli), Giangiacomo
Antonio e Paolo Maria.
Dopo diciotto anni di matrimonio,
Paolo Mancini venne ucciso -
probabilmente da suoi ex-compagni, a causa di rancori passati ed accuse di tradimento - mentre rincasava in piena notte. Tuttavia,
Rita non serbò odio per gli assassini,
anzi pregò anche per i suoi due figli che, come era costume del tempo, probabilmente
stavano pensando alla vendetta. I due figli, da li ha breve, morirono di
malattia, quasi contemporaneamente. Tale sventura avvenne forse in un periodo
compreso tra il 1401 e il 1403.
Monaca
agostiniana
Abbandonata anche dai parenti del
marito, Rita decise di prendere i voti ed entrare nel monastero agostiniano di
Santa Maria Maddalena, a Cascia. Chiese per tre volte inutilmente il noviziato,
che le venne rifiutato per ragioni non chiare; alcuni biografi pensano che
rappresentasse un ostacolo la presenza di una parente del marito mai vendicato
tra le monache. Tuttavia, con tenacia, fede preghiera, Rita convinse la
famiglia Mancini ad abbandonare ogni proposito di vendetta. Dopo aver
riconciliato i Mancini con le fazioni degli assassini, Rita riuscì ad entrare
in monastero intorno al 1407. Secondo la tradizione agiografica che si rifà alla
biografia di Cavallucci, Rita, in piena notte, venne portata in volo dal
cosiddetto "scoglio" di
Roccaporena (altura dove andava spesso a pregare) fino dentro le mura
del monastero di Cascia dai suoi tre
santi protettori (Agostino, Giovanni Battista e Nicola da Tolentino,
quest'ultimo canonizzato soltanto nel 1446).
Sempre secondo Cavallucci, la
badessa del monastero mise a dura prova la vocazione e l'obbedienza di Rita,
facendole, annaffiare un arbusto di vite secco, presente nel chiostro del monastero.
Il legno, dopo un po' di tempo,
riprese vita e dette frutto. Nello stesso chiostro, oggi, è presente una
vite risalente al XIX secolo. Durante i quarant'anni di vita monacale, Rita non solo si dedicò alla
preghiera, a penitenze e a digiuni nel monastero, ma uscì spesso per andare in
servizio a poveri e ammalati di Cascia.
La spina
sulla fronte
Secondo la tradizione devozionale,
la sera del Venerdì Santo nell'anno 1432, ritirarsi in preghiera della Passione
di Gesù, dopo la predica di frà Giacomo della Marca, avrebbe ricevuto una spina
dalla corona del Crocifisso conficcata in fronte. L'evento è uno dei pochi
della vita della monaca esplicitamente
ricordato nell'iconografia quattrocentesca pervenutaci e nel breve testo
dipinto sulla "cassa solenne" ( 1457), nel quale si legge " quindici anni la
spina patisti".
Gli ultimi
giorni
Rita rimase malata a letto per molto
tempo. Sempre secondo la tradizione devozionale seicentesca, che lega
strettamente Rita alle api, come
apparvero api bianche sulla sua culla, così apparvero api nere sul letto di
morte. Inoltre, nonostante la fredda stagione, nell'inverno prima di morire
Rita mandò sua cugina a prendere una rosa e due fichi nel suo orto a
Roccaporena. La cugina, incredula, pensavo che delirasse, ma effettivamente
trova tra la neve la rosa rossa e i fichi richiesti, segni interpretati come la
salvezza ed il candore nell'anima di suo marito e dei suoi figli.
Sulla base questi racconti, le api, le
rose e la spina sono diventati gli attributi iconografici più frequenti della
Santa. La monaca agostiniana si spense la notte del 22 maggio 1447 ( o, per
altri, 1457).
Il culto e
la canonizzazione
Il suo corpo venne collocato dapprima
in una cassa semplice, detta "cassa umile", e non fu mai inumato a causa dell'immediata devozione
dalla quale venne investito. I primi miracoli vennero registrati dai notai nel Codex miraculorum (codice dei Miracoli) a
partire dal 1457 e fino al 1563 ( in totale, quarantasei miracoli). In seguito
ad un incendio, nel 1457, venne realizzata la cosiddetta "cassa
solenne", decorata con immagini della Santa e con un breve testo in
dialetto casciano quattrocentesco che riassume gli ultimi anni della sua vita. La
cassa è ancora oggi conservata nella cella dove morì, nella parte antica del
monastero di Cascia. Nel 1743 la salma
fu traslata in un'urna in stile barocco, e nel 1947 nell'attuale teca di vetro
all'interno della basilica.
La venerazione di Rita da Cascia da
parte dei fedeli iniziò subito dopo la sua morte e fu caratterizzata
dall'elevato numero e dalla qualità degli eventi prodigiosi, riferiti alla sua
intercessione, tanto che acquisì l'allocuzione di " santa degli
impossibili". La sua beatificazione
avvenne, però, dopo varie vicissitudini, soltanto nel 1628, 180 anni
dopo la sua morte, durante il pontificato di Urbano VIII, già vescovo di
Spoleto. Leone XIII, nel 1900, la
canonizzò come santa. I credenti suoi devoti la chiamano "santa degli
impossibili", perché dal giorno
della sua morte sarebbe " scesa" al fianco dei più bisognosi, realizzando per
loro miracoli prodigiosi, eventi
altrimenti ritenuti irrealizzabili. La
devozione popolare cattolica per santa Rita è tutt'ora una delle più diffuse al mondo, ma, fin dal
1600 e per opera degli agostiniani, è particolarmente radicata, oltre che in Italia,
in Spagna, Portogallo e America Latina.
Il corpo
Il resti della Santa sono
conservati a Cascia, all'interno della
Basilica di Santa Rita, facente parte dell'omonimo santuario e fatta erigere
tra il 1937 e il 1947. Il corpo è rivestito
dall'abito agostiniano cucito dalle monache
del monastero, come voluto dalla badessa Maria Teresa Fasce, e posto in una teca all'interno della cappella in stile
neobizantino. Ricognizioni mediche
effettuate nel 1972 e nel 1997 hanno
confermato la presenza, sulla zona frontale sinistra, di tracce di una lesione
ossea aperta ( forse osteomielite), mentre il piede destro mostra segni
di una malattia sofferta negli ultimi anni di vita, forse associate ad una
sciatalgia. Era alta 1 metro e 57 cm. Il viso, le mani e i piedi sono
mummificati, il resto del corpo, coperto dall'abito agostiniano, è in forma di
semplice scheletro.
FONTE:
Wikipedia
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