martedì 17 maggio 2016

VITA DI SANTA RITA DA CASCIA



           Il luogo di nascita è concorde per Roccaporena, una frazione montagnosa a circa cinque chilometri da Cascia ( provincia di Perugia), all'epoca uno dei castelli ghibellini facenti parte del contado del comune di Cascia. Le date di nascita e morte sono incerte. Esse dipendono dalla altezza cui si pone la data di morte, ovvero il 1447 per alcuni, o il 1457 per altri, dopo quarant'anni di vita monacale. Da qui si risale, per la nascita, al 1371, o al 1381.

            Secondo le biografie tradizionali, Rita nacque da Antonio Lotti e Amata Ferri, genitori  già anziani, molto religiosi, nominati dal Comune come "paceri di Cristo" nelle lotte politiche e familiari tra guelfi e ghibellini, in discrete condizioni economiche, come proprietari di terreni agricoli. I genitori, come era d'uso la indirizzarono molto presto verso il matrimonio; Rita sposò quindi Paolo di Ferdinando di Mancino (o Mancini), forse un ufficiale della guarnigione di Collegiacone, descritto tradizionalmente come un uomo orgoglioso ed irruente, appartenente alla fazione ghibellina.

Il matrimonio

            Le nozze si tennero nella chiesetta di San Montano a Roccaporena. Secondo le agiografie tradizionali, il carattere mite di Rita acquietò, col tempo, lo spirito impulsivo e violento del marito, tanto che questi abbandonò le armi per convertirsi al lavoro presso un mulino da poco accomodato come loro casa. Nacquero due figli (forse gemelli), Giangiacomo Antonio e Paolo Maria.

            Dopo diciotto anni di matrimonio, Paolo Mancini venne ucciso -  probabilmente da suoi ex-compagni, a causa di rancori passati  ed accuse di tradimento -  mentre rincasava in piena notte. Tuttavia, Rita non  serbò odio per gli assassini, anzi pregò anche per i suoi due figli che, come era costume del tempo, probabilmente stavano pensando alla vendetta. I due figli, da li ha breve, morirono di malattia, quasi contemporaneamente. Tale sventura avvenne forse in un periodo compreso tra il 1401 e il 1403.

Monaca agostiniana

            Abbandonata anche dai parenti del marito, Rita decise di prendere i voti ed entrare nel monastero agostiniano di Santa Maria Maddalena, a Cascia. Chiese per tre volte inutilmente il noviziato, che le venne rifiutato per ragioni non chiare; alcuni biografi pensano che rappresentasse un ostacolo la presenza di una parente del marito mai vendicato tra le monache. Tuttavia, con tenacia, fede preghiera, Rita convinse la famiglia Mancini ad abbandonare ogni proposito di vendetta. Dopo aver riconciliato i Mancini con le fazioni degli assassini, Rita riuscì ad entrare in monastero intorno al 1407. Secondo la tradizione agiografica che si rifà alla biografia di Cavallucci, Rita, in piena notte, venne portata in volo dal cosiddetto "scoglio" di  Roccaporena (altura dove andava spesso a pregare) fino dentro le mura del monastero di Cascia  dai suoi tre santi protettori (Agostino, Giovanni Battista e Nicola da Tolentino, quest'ultimo canonizzato soltanto nel 1446).

            Sempre secondo Cavallucci, la badessa del monastero mise a dura prova la vocazione e l'obbedienza di Rita, facendole, annaffiare un arbusto di vite secco, presente nel chiostro del  monastero.  Il legno, dopo un po' di tempo,  riprese vita e dette frutto. Nello stesso chiostro, oggi, è presente una vite risalente al XIX secolo. Durante i quarant'anni di vita  monacale, Rita non solo si dedicò alla preghiera, a penitenze e a digiuni nel monastero, ma uscì spesso per andare in servizio a poveri e ammalati di Cascia.

La spina sulla fronte

            Secondo la tradizione devozionale, la sera del Venerdì Santo nell'anno 1432, ritirarsi in preghiera della Passione di Gesù, dopo la predica di frà Giacomo della Marca, avrebbe ricevuto una spina dalla corona del Crocifisso conficcata in fronte. L'evento è uno dei pochi della vita della monaca esplicitamente  ricordato nell'iconografia quattrocentesca pervenutaci e nel breve testo dipinto sulla "cassa solenne" ( 1457),  nel quale si legge " quindici anni la spina patisti".

Gli ultimi giorni

            Rita rimase malata a letto per molto tempo. Sempre secondo la tradizione devozionale seicentesca, che lega strettamente Rita  alle api, come apparvero api bianche sulla sua culla, così apparvero api nere sul letto di morte. Inoltre, nonostante la fredda stagione, nell'inverno prima di morire Rita mandò sua cugina a prendere una rosa e due fichi nel suo orto a Roccaporena. La cugina, incredula, pensavo che delirasse, ma effettivamente trova tra la neve la rosa rossa e i fichi richiesti, segni interpretati come la salvezza ed il candore nell'anima di suo marito e dei suoi  figli.

            Sulla base questi racconti, le api, le rose e la spina sono diventati gli attributi iconografici più frequenti della Santa. La monaca agostiniana si spense la notte del 22 maggio 1447 ( o, per altri, 1457).

Il culto e la canonizzazione

            Il suo corpo venne collocato dapprima in una cassa semplice, detta "cassa umile", e non fu mai  inumato a causa dell'immediata devozione dalla quale venne investito. I primi miracoli vennero registrati dai notai  nel Codex miraculorum (codice dei Miracoli) a partire dal 1457 e fino al 1563 ( in totale, quarantasei miracoli). In seguito ad un incendio, nel 1457, venne realizzata la cosiddetta "cassa solenne", decorata con immagini della Santa e con un breve testo in dialetto casciano quattrocentesco che riassume gli ultimi anni della sua vita. La cassa è ancora oggi conservata nella cella dove morì, nella parte antica del monastero di Cascia.  Nel 1743 la salma fu traslata in un'urna in stile barocco, e nel 1947 nell'attuale teca di vetro all'interno della basilica.

            La venerazione di Rita da Cascia da parte dei fedeli iniziò subito dopo la sua morte e fu caratterizzata dall'elevato numero e dalla qualità degli eventi prodigiosi, riferiti alla sua intercessione, tanto che acquisì l'allocuzione di " santa degli impossibili". La sua beatificazione  avvenne, però, dopo varie vicissitudini, soltanto nel 1628, 180 anni dopo la sua morte, durante il pontificato di Urbano VIII, già vescovo di Spoleto. Leone XIII, nel 1900, la  canonizzò come santa. I credenti suoi devoti  la chiamano "santa degli impossibili", perché dal giorno  della sua morte sarebbe " scesa"  al fianco dei più bisognosi, realizzando per loro miracoli prodigiosi,  eventi altrimenti ritenuti  irrealizzabili. La devozione popolare cattolica per santa Rita è tutt'ora  una delle più diffuse al mondo, ma, fin dal 1600 e per opera degli agostiniani, è particolarmente radicata, oltre che in Italia, in Spagna, Portogallo e America Latina.

Il corpo

            Il resti della Santa sono conservati  a Cascia, all'interno della Basilica di Santa Rita, facente parte dell'omonimo santuario e fatta erigere tra il 1937  e il 1947. Il corpo è rivestito dall'abito agostiniano cucito dalle monache  del monastero, come voluto dalla badessa Maria Teresa  Fasce, e posto in una teca  all'interno della cappella in stile neobizantino.  Ricognizioni mediche effettuate nel 1972  e nel 1997 hanno confermato la presenza, sulla zona frontale sinistra, di tracce di  una lesione  ossea aperta ( forse osteomielite), mentre il piede destro mostra segni di una malattia sofferta negli ultimi anni di vita, forse associate ad una sciatalgia. Era alta 1 metro e 57 cm. Il viso, le mani e i piedi sono mummificati, il resto del corpo, coperto dall'abito agostiniano, è in forma di semplice scheletro.

FONTE: Wikipedia

Nessun commento:

Posta un commento

Post più popolari