In
occasione del 186° anniversario della nascita del Beato Luigi Maria Monti dal
23 al 25 luglio 2011 si è tenuto, presso
il Santuario di Saronno a lui dedicato, un ritiro di preghiera con giovani
provenienti da tutta Italia e religiosi concezionisti provenienti da tutto il
mondo.
Vi proponiamo di seguito l’omelia tenuta da Padre Aleando Paritanti, superiore provinciale della congregazione, che i lettori del nostro blog conoscono anche come autore di alcune poesie come “Il piede dell’Immacolata”. Per l’occasione Radio Mater ha trasmesso in diretta la celebrazione liturgica alla quale hanno fatto seguito delle interviste ad alcuni partecipanti.
Vi proponiamo di seguito l’omelia tenuta da Padre Aleando Paritanti, superiore provinciale della congregazione, che i lettori del nostro blog conoscono anche come autore di alcune poesie come “Il piede dell’Immacolata”. Per l’occasione Radio Mater ha trasmesso in diretta la celebrazione liturgica alla quale hanno fatto seguito delle interviste ad alcuni partecipanti.
Tobia
Es 33, 18 – 34, 10
Cor 3, 5-11
Lc 6, 20-31
Non ci stanchiamo
mai di cogliere la vivacità della Parola di Dio che ogni domenica accompagna il
nostro vivere da cristiani. Come sempre il seme della Parola cade su terreni
diversi e sa fruttificare in percentuali differenti.
La prima Parola è
quella ascoltata dal libro dell’Esodo: Dio si manifesta scrivendo le Dieci
Parole e dando di sé una identità di un Dio “misericordioso e pietoso, lento
all’ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille
generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia
senza punizione”.
Nello stesso
istante questo Dio non è visibile: “Tu non potrai vedere il mio volto”, nemmeno
Mosè può.
E’ come se l’uomo
antico fosse cieco oppure non ammesso alla visione del Dio che invece noi
possiamo chiamare “Abbà-Papà”.
A Mosè, il grande,
il prescelto da Dio, è permesso un pezzo di spalla: “ti coprirò con la mia
mano, finché non sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma
il mio volto non si può vedere”.
Una vista monca, di
spalle, non quella vista di occhi negli occhi, tipica di una madre o di un
padre con il proprio figlio. Gesù ci promette che solo alla fine potremo vedere
Dio faccia a faccia, e sarà eternità.
L’unico che ha
visto, ascoltato il Padre, anzi che sta con il Padre, è Gesù ed è Lui che ci
permette di “vedere”: non più guardare ma vedere. Il vedere è il passaggio
della fede che apre alla visione, non più alla cronaca.
E Paolo,
giustamente parla di farci “servitori” di questa Parola che alimenta la fede:
“Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere. Sicchè, né
chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere.”
E siamo invitati ad
essere: “Collaboratori di Dio, campo di Dio, edificio di Dio”: è Lui il saggio
architetto che ha “posto il fondamento”; e “ciascuno stia attento a come costruisce”.
Da servitori,
collaboratori della Parola ci facciamo anche oggi “campo di Dio, edificio di
Dio” lasciandoci costruire dalla sapienza di Dio.
Ed è il brano del
vangelo di Luca a dirci quale sia questa sapienza. E lo fa tracciando una linea
di demarcazione: la beatitudine è la via del contendere e del rovesciare:
non vi è
beatitudine solo in Dio e nella sua misericordia
beati voi e
rallegratevi di fronte alle cose storte: poveri, affamati, assetati, coloro che
sono nel pianto, i perseguitati,
la beatitudine si
riserva anche il giudizio:
guai a coloro che
hanno il cuore duro e violento, ai senza legge e regole, ai potenti.
Noi che ascoltiamo
oggi queste parole di Gesù lasciamoci ricondurre ad una regola di partenza:
come volete che gli
uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro.
E come?
Le frasi sono
pietre pesanti che se appese al collo ci affondano:
amate i vostri
nemici,
fate del bene a
quelli che vi odiano,
benedite coloro che
vi maledicono,
pregate per coloro
che vi trattano male.
A chi ti percuote
sulla guancia, offri anche l’altra;
a chi ti strappa il
mantello, non rifiutare neanche la tunica.
Dà a chiunque ti
chiede,
e a chi prende le
cose tue, non chiederle indietro.
La linea di
demarcazione è chiara: o prendo le sberle e benedico, oppure mi schiero tra i
violenti.
Alziamo gli occhi
al cielo come fa Gesù all’inizio del vangelo di oggi:
per benedire o
maledire
per accettare
l’umiliazione o umiliare
per fare le cose
che non vorremmo siano fatte a noi
anche quando la
sberla non è meritata
anche quando
subiamo persecuzioni e violenza senza alcun motivo
Una scelta e un
bivio pauroso:
o il cristiano è
martire
o il cristiano è un
adattato, un politicamente corretto, un equilibrista
La beatitudine del
povero e dell’umiliato non è di questo mondo mercantile:
il benessere è
l’idolo a cui sacrificare ogni altra cosa.
Quelle stesse Leggi
scolpite su pietra dureranno poco:
presto saranno
sostituite da quelle degli idoli.
La corruzione
indurisce il cuore e svuota la mente:
Quale beatitudine
il cristiano può oggi accettare?
Non fare agli altri
quello che tu non desideri che ti facciano:
una regola di
giustizia e di equilibrio e sarebbe molto.
Perché amare i
nemici?
Perché si rompono
le frontiere e si oltrepassano i confini disarmati
Perché la non
violenza sconfigge i piani militari
Perché l’essere
coraggiosi è non aver paura della potenza dei ragionamenti devianti.
Nella vita di Padre
Monti, come in quella di tanti Santi e di molti cristiani di oggi, la
beatitudine e la violenza si sfidano, e noi sappiamo come la Provvidenza di Dio
guida gli uomini in sentieri dall’immediato giudizio negativo e poi a breve la
ragione dei fatti e delle cose ha il sopravvento, come vittoria, come soluzione
migliore, come glorificazione.
La beatitudine è
visione del futuro: e tale benedizione accompagna Padre Monti: la intuisce da
giovane guidando la compagnia dei frati, la soffre nella ricerca della
vocazione specifica a Brescia, prima nel Lazzaretto dei colerosi e poi nelle
contraddizioni di vita consacrata a Roma nell’ospedale Santo Spirito.
Poi lo vediamo
tracciare un sentiero di autonomia con la stesura delle Costituzioni e la
richiesta del sacerdozio, fino agli attimi conclusivi della sua vita: pensava
al dopo, anche al dopo di lui.
La profezia usa
parole umane: voi l’avrete, l’Immacolata vincerà, studia perché sarai una
colonna dell’Istituto. Tu, ladro di rape, sarai un santo fratello. Tu,
straniero che non sai parlare bene l’italiano, sarai formatore di giovani
religiosi.
Tracce di
benedizione e di profezia dal sapore santo, umanamente ricche ed entusiasmanti.
Vorremmo anche oggi un po’ di quella profezia dei santi per la Chiesa di oggi, per
la congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, per i più giovani, per
la politica non solo economica, per ogni genitore che con amore mette al
mondo dei figli e li ama fino alla
crescita e alla compiutezza della loro vocazione umana e cristiana.
In questo
compleanno del Beato Monti vogliamo pregare che gli anni della storia siano
insegnamento e nuovo impulso alla santità, alla beatitudine evangelica, vissuta
e testimoniata.
Solo attraversando
le avversità e i pericoli, solo offrendo una guancia alla violenza gratuita con
coraggio e fermezza, solo con la consapevolezza cha la pazienza, la dolcezza,
la semplicità
-
Sapranno costruire ponti a campate
lunghe e sicure;
-
Sapranno dire e fare opere
intelligenti e socialmente utili;
-
Sapranno accogliere e assistere il
povero e il ricco, il prepotente e l’umiliato.
In quella pazienza, dolcezza e semplicità, la
carità avrà l’ultima parola, quella che coniuga il comandamento dell’amore
dell’amore a tutte le latitudini.
Carissimi devoti e amici del Beato Monti godiamo
di questo compleanno, rallegrandoci e benedicendoci l’uno con l’altro, come figli dallo sguardo penetrante
ed evangelicamente saggio.
Il Beato Monti aiuti i nostri passi a percorrere
strade nuove, dal volto giovane.
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