Se ne è andato. Se
ne è andato col sorriso di sempre, quel sorriso che lo contraddistingueva prima
sulle figurine Panini e poi negli ultimi anni della sua vita dopo-calcio.
Dopo l’addio di
Gianluca Signorini “il capitano”, ecco l’addio di Stefano Borgonovo, entrambi
portati via dalla vita dalla Sla (Sclerosi laterale amiotrofica), una malattia
che ti “mangia” piano piano, che ti avvicina alla morte lentamente dandoti forse
la possibilità di arrivare preparato al momento più importante.
Non è difficile
ricordare chi era Stefano per chi mastica di calcio. Cresciuto nelle giovanili
del Calcio Como che tanti campioni ha sfornato da Vierchowod a Zambrotta, il
suo apice è stato alla Fiorentina in prestito dal Milan, e quell’anno forma una
strepitosa coppia d’attacco con Roberto Baggio tanto da guadagnarsi il
soprannome di B2.
Tornato al Milan Nel
1990 un gol all’Olimpiastadion di Monaco regala alla squadra allenata da Arrigo
Sacchi la finale di Coppa dei Campioni.
Conclude la sua
carriera calcistica all’Udinese nel 1996 e nel 2005 è allenatore della squadra
primavera del Como. Dovrà poi abbandonare proprio per la sua malattia.
Non ha fortuna
nella nazionale, forse per questo motivo il Signore decide di chiamarlo a
giocare per Lui in una “nazionale” più importante. Ci sono già altri ad
aspettarlo, Signorini appunto, ma anche Morosini, Di Bartolomei, Petrini,
Scirea.
Si sprecano in
questi casi le discussioni sulla sofferenza, su quanto sia giusto vedere una
persona cara che non è più autonoma nei gesti più semplici e soprattutto quanto
sia giusto lasciarla vivere pur sapendo che non avrà alcuna speranza….
Prendo in prestito
però una frase che il noto giornalista sportivo Ivan Zazzaroni (che ringrazio
per avermi dato gentilmente il suo permesso) ha pubblicato su Twitter: “Non dite che “almeno non soffre più”:
voleva vivere. Amava anche una vita così”.
Qualcuno storce il
naso e si domanda: “Ma come si fa ad amare una vita così?”, certo può essere
difficile da comprendere ma Stefano la risposta ce la dà con una semplice frase
che troviamo sul sito della sua fondazione: “Io, se potessi, scenderei in campo adesso, su un
prato o all'oratorio. Perché io amo il calcio “. Il calcio è un po’ come la vita, non si scende in campo se si ha paura di
perdere, nessuno parte mai sconfitto perché, come si suol dire: “la palla è
rotonda”, fino al fischio finale dell’arbitro nessuno può perdere la speranza
di portare a proprio favore la partita che sta giocando.
E Stefano ha
saputo lottare fino alla fine sotto lo sguardo dei suoi 4 figli e con le
amorevoli carezze di Chantal, donna meravigliosa con cui ho avuto la fortuna di
parlare alcuni mesi fa.
A Stefano non è
mancato l’amore della sua famiglia e
nemmeno quello dei suoi amici più stretti come Baggio, che spesso lo andava a
trovare nella sua casa di Giussano (MI). Da un uomo a cui non manca l’amore non
ci si può aspettare che voglia abbandonare la vita.
Spesso la vita
non è come la sognamo, “le mie vie non
sono le vostre vie” leggiamo in Isaia 55; il Signore dà spesso prove che
paiono insormontabili eppure non ci lascia soli nella sofferenza. Le persone
care sono la Sua presenza accanto a noi. Cristo sul Calvario viene innalzato
sulla croce e certamente dall’alto ha una visione migliore di quanto accade ma
poco prima cade per ben tre volte. Da terra riesce a guardarci negli occhi uno
per uno e il suo sguardo è amorevole perché “avendoli
amati li amò fino alla fine”.
Non tutte le
partite terminano al novantesimo, ci sono i minuti di recupero, i tempi
supplementari, i calci di rigore. Stefano è arrivato alla finale, non è stato
sostituito dal mister, non ha abbandonato per crampi. La speranza è che nella
Nazionale di Dio lui possa alzare la coppa più grande della sua carriera e la
speranza si sa, non delude mai….
Ciao Stefano
segna ancora per noi!
Tobia
Ricordo di aver sentito nel 2008 un'intervista a Chantal Borgonovo in cui le chiedevano del suo coraggio e della sua grande serenità di cui tutti parlavano. Lei rispose che si imbarazzava quando sentiva parlare così di sè perché "quando si è in ballo bisogna ballare, non ci vuole un coraggio particolare". Alla domanda successiva se il futuro le facesse paura risposte di no, assolutamente no, perché "io vedo sempre il lato positivo delle cose". Nell'apparente semplicità e nell'immensa profondità di queste parole ho letto un inno di amore assoluto alla vita che contiene implicitamente un inno di lode e di gratitudine a Dio che ce l'ha donata. Che grande esempio di VITA da entrambi!
RispondiElimina