sabato 29 giugno 2013

STEFANO BORGONOVO E LA SUA PARTITA...


Se ne è andato. Se ne è andato col sorriso di sempre, quel sorriso che lo contraddistingueva prima sulle figurine Panini e poi negli ultimi anni della sua vita dopo-calcio.


Dopo l’addio di Gianluca Signorini “il capitano”, ecco l’addio di Stefano Borgonovo, entrambi portati via dalla vita dalla Sla (Sclerosi laterale amiotrofica), una malattia che ti “mangia” piano piano, che ti avvicina alla morte lentamente dandoti forse la possibilità di arrivare preparato al momento più importante.

Non è difficile ricordare chi era Stefano per chi mastica di calcio. Cresciuto nelle giovanili del Calcio Como che tanti campioni ha sfornato da Vierchowod a Zambrotta, il suo apice è stato alla Fiorentina in prestito dal Milan, e quell’anno forma una strepitosa coppia d’attacco con Roberto Baggio tanto da guadagnarsi il soprannome di B2.

Tornato al Milan Nel 1990 un gol all’Olimpiastadion di Monaco regala alla squadra allenata da Arrigo Sacchi la finale di Coppa dei Campioni.

Conclude la sua carriera calcistica all’Udinese nel 1996 e nel 2005 è allenatore della squadra primavera del Como. Dovrà poi abbandonare proprio per la sua malattia.

Non ha fortuna nella nazionale, forse per questo motivo il Signore decide di chiamarlo a giocare per Lui in una “nazionale” più importante. Ci sono già altri ad aspettarlo, Signorini appunto, ma anche Morosini, Di Bartolomei, Petrini, Scirea.

Si sprecano in questi casi le discussioni sulla sofferenza, su quanto sia giusto vedere una persona cara che non è più autonoma nei gesti più semplici e soprattutto quanto sia giusto lasciarla vivere pur sapendo che non avrà alcuna speranza….

Prendo in prestito però una frase che il noto giornalista sportivo Ivan Zazzaroni (che ringrazio per avermi dato gentilmente il suo permesso) ha pubblicato su Twitter: “Non dite che “almeno non soffre più”: voleva vivere. Amava anche una vita così”.

Qualcuno storce il naso e si domanda: “Ma come si fa ad amare una vita così?”, certo può essere difficile da comprendere ma Stefano la risposta ce la dà con una semplice frase che troviamo sul sito della sua fondazione: Io, se potessi, scenderei in campo adesso, su un prato o all'oratorio. Perché io amo il calcio . Il calcio è un po’ come la vita, non si scende in campo se si ha paura di perdere, nessuno parte mai sconfitto perché, come si suol dire: “la palla è rotonda”, fino al fischio finale dell’arbitro nessuno può perdere la speranza di portare a proprio favore la partita che sta giocando.

E Stefano ha saputo lottare fino alla fine sotto lo sguardo dei suoi 4 figli e con le amorevoli carezze di Chantal, donna meravigliosa con cui ho avuto la fortuna di parlare alcuni mesi fa.

A Stefano non è mancato l’amore della sua famiglia  e nemmeno quello dei suoi amici più stretti come Baggio, che spesso lo andava a trovare nella sua casa di Giussano (MI). Da un uomo a cui non manca l’amore non ci si può aspettare che voglia abbandonare la vita.

Spesso la vita non è come la sognamo, “le mie vie non sono le vostre vie” leggiamo in Isaia 55; il Signore dà spesso prove che paiono insormontabili eppure non ci lascia soli nella sofferenza. Le persone care sono la Sua presenza accanto a noi. Cristo sul Calvario viene innalzato sulla croce e certamente dall’alto ha una visione migliore di quanto accade ma poco prima cade per ben tre volte. Da terra riesce a guardarci negli occhi uno per uno e il suo sguardo è amorevole perché “avendoli amati li amò fino alla fine”.

Non tutte le partite terminano al novantesimo, ci sono i minuti di recupero, i tempi supplementari, i calci di rigore. Stefano è arrivato alla finale, non è stato sostituito dal mister, non ha abbandonato per crampi. La speranza è che nella Nazionale di Dio lui possa alzare la coppa più grande della sua carriera e la speranza si sa, non delude mai….
Ciao Stefano segna ancora per noi!

Tobia

1 commento:

  1. Ricordo di aver sentito nel 2008 un'intervista a Chantal Borgonovo in cui le chiedevano del suo coraggio e della sua grande serenità di cui tutti parlavano. Lei rispose che si imbarazzava quando sentiva parlare così di sè perché "quando si è in ballo bisogna ballare, non ci vuole un coraggio particolare". Alla domanda successiva se il futuro le facesse paura risposte di no, assolutamente no, perché "io vedo sempre il lato positivo delle cose". Nell'apparente semplicità e nell'immensa profondità di queste parole ho letto un inno di amore assoluto alla vita che contiene implicitamente un inno di lode e di gratitudine a Dio che ce l'ha donata. Che grande esempio di VITA da entrambi!

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