Palermo 15
Settembre 1993 ore 20.45: siamo in Piazza Garibaldi in una sera di metà
settembre in cui la piazza è svuotata, al sud a quell’ora si cena o, forse
quella sera la piazza non necessitava occhi indiscreti.
Siamo nel quartiere
Brancaccio, quartiere più famoso per i peccatori che per i santi, eppure quella
sera un nuovo santo sta nascendo anzi, è già nato un nuovo martire.
Nel silenzio di
quella piazza vuota risuona l’eco del motore di un’auto che rallenta fino a
fermarsi portando a casa colui che la guida. Chi ne scende sa che per lui
quello è un giorno speciale perché è il giorno del suo compleanno ma non sa che
sarà anche il giorno più importante di tutta la sua vita. Per lui e per colui
che sta per incontrare.
Quell’uomo chiude
con attenzione lo sportello della sua fiat uno e si avvia verso il portone di
casa. Lui è Don Pino Puglisi ma per tutti è “3P” perché in Sicilia tutti i sacerdoti
vengono chiamati Padre e non Don, e lui ha tutto il diritto di essere chiamato
Padre perché di figli ne ha “generati” molti nei suoi anni di sacerdozio, molti
lo hanno compreso, molti lo hanno seguito, molti altri si sono persi seguendo
la strada spesso più semplice.
Don Pino è un prete
di frontiera, di quelli abituati a tirarsi su le maniche della tonaca, di
quelli pronti ad alzare la voce per farsi sentire, uno di quelli che sanno
conquistare con il sorriso…”Don Pino che orecchie grandi che hai!” dicevano
spesso i bambini, “Per sentirvi meglio” rispondeva lui; “Don Pino che mani
grandi che hai!” proseguivano i bambini, “Per servirvi meglio” affermava lui. “Don
Pino che fronte ampia che hai!!” si divertivano i bambini prendendolo in giro
per la sua calvizie, “Per riflettere meglio la luce di Dio” rispondeva lui.
Ma torniamo a
quella sera. Don Puglisi fruga nelle tasche ed estrae le chiavi del portone di
casa. Il rombo del motore di un’altra auto si avvicina, Don Pino non ci fa caso
o, probabilmente non lo ritiene una sorpresa, perché quando si attende qualcuno
non si rimane sorpresi del suo arrivo. Lo si attende e basta. Prima o poi
arriverà.
Passano pochi
istanti e una voce: “Don Pino!” rompe nuovamente il silenzio della piazza. E’ a
questo punto che Don Puglisi compie un gesto che abbiamo visto fare altre volte
in passato da altri personaggi. Don Pino voltandosi verso colui che sta per
ucciderlo gli sorride e risponde: “Me lo aspettavo”.
Questo
atteggiamento segnerà per sempre la vita dell’assassino che diventerà più tardi
collaboratore di giustizia.
“Me lo aspettavo”
cosa significa realmente questa frase?
Gesù non rispose
con insulti a Giuda dopo il bacio traditore. Santo Stefano chiede al Signore di
perdonare coloro che lo stanno lapidando. “Me lo aspettavo” non può essere
riferito all’omicidio che si sta compiendo, altrimenti non verrebbe detto con
il sorriso.
Don Pino conosce
chi ha di fronte e lo perdona, “Me lo aspettavo” deve allora significare
qualche cosa che va oltre il tempo e lo spazio. Quando noi pecchiamo, il
Signore è pronto a perdonarci, pur sapendo che peccheremo ancora. Il Signore
non desidera altro che il nostro cuore, prima o poi, ritorni a Lui.
Ecco allora che “Me
lo aspettavo” diventa profezia del cuore dell’uomo che seppur oppresso dal
peccato potrà riempirsi d’amore.
Quell’amore che un
martire sa riflettere con la luce di Dio.
Tobia
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