mercoledì 17 aprile 2013

Principi non negoziabili: FAMIGLIA



Il principio non negoziabile di cui parliamo oggi è la famiglia.
La famiglia non si può ridurre ad un manuale di codice di diritto, la famiglia nasce spontanea in una relazione d’amore tra un uomo ed una donna e quindi non può essere schematizzato in regole legali.
“Il diritto – e quindi la longa manus dello Stato – non è lo strumento adatto a interferire con le relazioni interne alla vita famigliare stessa, almeno fino a quando esse non diventino patologiche.

         Il buon padre si fa obbedire dai figli senza impugnare ogni volta il codice civile, e la buona moglie è fedele al marito senza bisogno di compulsare ogni giorno un manuale di diritto di famiglia.”
La famiglia  esiste da quando esiste l’uomo, anche se non era proprio come la conosciamo noi oggi. Lo possiamo vedere nella attualità dei nostri giorni, per esempio, nelle tribù amazzoniche che vivono ancora separate dalle nostre civiltà odierne.
         “La famiglia ha infatti una natura intima e domestica, ma allo stesso tempo essa costituisce un fenomeno di straordinaria rilevanza pubblica. E’ precisamente per questa rilevanza sociale, per questo nesso robustissimo con la categoria del bene comune, che la famiglia (e il matrimonio come atto cruciale) diventa oggetto delle doverose attenzioni del legislatore. Al punto che l’istituto giuridico del matrimonio è antichissimo, non nasce con il cristianesimo ma lo precede.
          Il matrimonio è stato per secoli un fenomeno naturale del quale il diritto ha preso atto, dotato di alcune caratteristiche immodificabili:
1.    Un legame fra un uomo e una donna;
2.    Un legame totalizzante, irrevocabile, stabile, indissolubile, specialissimo;
3.    Un legame che impegna all’educazione dei figli;
4.    Un luogo che rivendica il carattere di “corpo intermedio” dotato di una sua “giuridicità speciale e autonoma che limita l’invasività dello Stato;
5.    Il luogo della vera solidarietà fra le generazioni, in cui si dà tutto gratuitamente.”
Ma come si comportano gli Stati di fronte a matrimonio e famiglia? E prima ancora degli Stati come la pensano i politici sul matrimonio?
“Questo volto fresco e pulito del matrimonio oggi è stato sfregiato e reso irriconoscibile. Paradossalmente, ma per ragioni spiegabilissime, nella nostra civiltà post moderna il diritto si comporta in maniera esattamente capovolta rispetto a quanto dovrebbe; da un lato, le leggi si “intrufolano” nella vita familiare, mettendo in discussione perfino i poteri correttivi e disciplinari – anche i più blandi – dei genitori; dall’altro, da molto tempo gli Stati hanno stravolto la disciplina del matrimonio, ferendolo a morte. Le tappe di questo sgretolamento si sono susseguite secondo una strategia della lenta progressione, in maniera che oggi molti – perfino tra i cattolici – fanno fatica a ricordarle o a riconoscerle. In sintesi, esse si possono riassumere così:
a.   Legalizzazione del divorzio. In questo modo il matrimonio non perde solo un suo elemento accessorio, ma cessa di essere un vero matrimonio. L’indissolubilità è spiegabile con la legge naturale. Un matrimonio che non sia “per sempre” non è un vero matrimonio. Va da se che un matrimonio “ divorziabile” certifica anche il venir meno di un serio impegno verso i figli, che sopravvive esclusivamente sotto il profilo mercantile degli obblighi di mantenimento.
b.   Omologazione dei ruoli dei coniugi. Questa trasformazione è stata realizzata innanzitutto sotto il profilo culturale mediante la diffusione del femminismo. Queste leggi hanno trasformato il matrimonio in un contratto fra individui che vantano molti diritti in cambio di (pochi) doveri, ciascuno alla ricerca del proprio personale vantaggio.
c.    Riconoscimento delle unioni di fatto. Il matrimonio è trasformato in un contratto a termine sotto scacco della volontà arbitraria dei singoli fino al paradosso di esigere un riconoscimento giuridico anche per la mera convivenza, rendendo del tutto insignificante l’istituto matrimoniale.
d.   Riconoscimento delle unioni fra persone dello stesso sesso. Passo conseguente è l’equiparazione di ogni legame affettivo, a cominciare con quello omosessuale. Il matrimonio è infatti ormai un fenomeno convenzionale: ognuno decide che cosa, secondo il suo insindacabile giudizio, è o non è matrimonio. E lo stato asseconda con le sue leggi questo arbitrio assoluto.
e.    Riconoscimento del “diritto al figlio”. L’esito di una simile deriva è la codificazione del desiderio che si fa diritto: non solo la donna può decidere se vuole il figlio (legalizzazione di aborto e fecondazione artificiale), ma perfino la coppia “impossibile” può pretendere, con l’adozione o con la provetta, di diventare genitore in totale assenza della sintesi padre-madre.”
Matrimonio e principi non negoziabili: una guida per i politici.
“Di fronte a questa autentica catastrofe antropologica e giuridica, appare del tutto evidente che una simile materia occupa un posto fondamentale nella galassia dei principi non negoziabili. Cedere infatti sul matrimonio e sulla famiglia significa capitolare sul modo cruciale di ogni struttura sociale. Da una concezione erronea del matrimonio e della famiglia derivano inevitabilmente disastri civili, economici, politici, morali e perfino internazionali. Distruggere giuridicamente il matrimonio è, metaforicamente, come smuovere una piccola quantità di neve in cima a una montagna, provocando però un’enorme, inarrestabile valanga. A valle, le vittime nemmeno si rendono conto della causa. Proprio come avviene oggi nelle società ricche e disperate, devastate dalla solitudine e dall’individualismo diffuso, società nelle quali in pochi si accorgono che all’origine del disastro ci sono il divorzio e al progressiva erosione del concetto di matrimonio. Di fronte a questa materia, il politico si trova vincolato in coscienza a tenere una linea rigorosa che non ammette compromessi al ribasso.
         I politici non possono votare leggi contro la vita o contro la famiglia e il matrimonio; e che i cittadini non possono sostenere politici o partiti che nei propri programmi sostengano tali ingiuste leggi. Il secondo documento riguarda i progetti di riconoscimento delle unioni omosessuali. La Congregazione parla molto chiaro: lo Stato non deve né riconoscere legalmente tali unioni, né – che sarebbe peggio – equipararle al matrimonio propriamente detto. Il politico cattolico dovrà opporsi in maniera chiara, incisiva e pubblica a leggi che riconoscono le unioni fra omosessuali.
         Il messaggio è inequivocabile: la presenza del cristiano nella vita politica conserva un senso, anche di testimonianza, soltanto a condizione che egli non si metta in vendita – o peggio: non abbia idee sinceramente sbagliate – sulla frontiera cruciale della famiglia. Ogni tradimento è, su questo terreno, intollerabile.”
Emmanuele
Fonte: IL TIMONE (del Dicembre 2011)

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