Il principio non
negoziabile di cui parliamo oggi è la famiglia.
La
famiglia non si può ridurre ad un manuale di codice di diritto, la famiglia
nasce spontanea in una relazione d’amore tra un uomo ed una donna e quindi non
può essere schematizzato in regole legali.
“Il
diritto – e quindi la longa manus dello Stato – non è lo strumento adatto a
interferire con le relazioni interne alla vita famigliare stessa, almeno fino a
quando esse non diventino patologiche.
Il buon padre si fa obbedire dai figli
senza impugnare ogni volta il codice civile, e la buona moglie è fedele al
marito senza bisogno di compulsare ogni giorno un manuale di diritto di
famiglia.”
La famiglia esiste da quando esiste l’uomo, anche se non
era proprio come la conosciamo noi oggi. Lo possiamo vedere nella attualità dei
nostri giorni, per esempio, nelle tribù amazzoniche che vivono ancora separate
dalle nostre civiltà odierne.
“La famiglia ha infatti una natura
intima e domestica, ma allo stesso tempo essa costituisce un fenomeno di
straordinaria rilevanza pubblica. E’ precisamente per questa rilevanza sociale,
per questo nesso robustissimo con la categoria del bene comune, che la famiglia
(e il matrimonio come atto cruciale) diventa oggetto delle doverose attenzioni
del legislatore. Al punto che l’istituto giuridico del matrimonio è
antichissimo, non nasce con il cristianesimo ma lo precede.
Il
matrimonio è stato per secoli un fenomeno naturale del quale il diritto ha
preso atto, dotato di alcune caratteristiche immodificabili:
1. Un
legame fra un uomo e una donna;
2. Un
legame totalizzante, irrevocabile, stabile, indissolubile, specialissimo;
3. Un
legame che impegna all’educazione dei figli;
4. Un
luogo che rivendica il carattere di “corpo intermedio” dotato di una sua “giuridicità
speciale e autonoma che limita l’invasività dello Stato;
5. Il
luogo della vera solidarietà fra le generazioni, in cui si dà tutto
gratuitamente.”
Ma
come si comportano gli Stati di fronte a matrimonio e famiglia? E prima ancora
degli Stati come la pensano i politici sul matrimonio?
“Questo
volto fresco e pulito del matrimonio oggi è stato sfregiato e reso
irriconoscibile. Paradossalmente, ma per ragioni spiegabilissime, nella nostra
civiltà post moderna il diritto si comporta in maniera esattamente capovolta
rispetto a quanto dovrebbe; da un lato, le leggi si “intrufolano” nella vita
familiare, mettendo in discussione perfino i poteri correttivi e disciplinari –
anche i più blandi – dei genitori; dall’altro, da molto tempo gli Stati hanno
stravolto la disciplina del matrimonio, ferendolo a morte. Le tappe di questo
sgretolamento si sono susseguite secondo una strategia della lenta
progressione, in maniera che oggi molti – perfino tra i cattolici – fanno
fatica a ricordarle o a riconoscerle. In sintesi, esse si possono riassumere
così:
a.
Legalizzazione del divorzio.
In questo modo il matrimonio non perde solo un suo elemento accessorio, ma
cessa di essere un vero matrimonio. L’indissolubilità è spiegabile con la legge
naturale. Un matrimonio che non sia “per sempre” non è un vero matrimonio. Va
da se che un matrimonio “ divorziabile” certifica anche il venir meno di un
serio impegno verso i figli, che sopravvive esclusivamente sotto il profilo
mercantile degli obblighi di mantenimento.
b.
Omologazione dei ruoli dei
coniugi. Questa trasformazione è stata
realizzata innanzitutto sotto il profilo culturale mediante la diffusione del femminismo.
Queste leggi hanno trasformato il matrimonio in un contratto fra individui che
vantano molti diritti in cambio di (pochi) doveri, ciascuno alla ricerca del
proprio personale vantaggio.
c.
Riconoscimento delle unioni di
fatto. Il matrimonio è trasformato in un contratto a
termine sotto scacco della volontà arbitraria dei singoli fino al paradosso di
esigere un riconoscimento giuridico anche per la mera convivenza, rendendo del
tutto insignificante l’istituto matrimoniale.
d.
Riconoscimento delle unioni fra
persone dello stesso sesso. Passo conseguente
è l’equiparazione di ogni legame affettivo, a cominciare con quello
omosessuale. Il matrimonio è infatti ormai un fenomeno convenzionale: ognuno
decide che cosa, secondo il suo insindacabile giudizio, è o non è matrimonio. E
lo stato asseconda con le sue leggi questo arbitrio assoluto.
e.
Riconoscimento del “diritto al
figlio”. L’esito di una simile deriva è la
codificazione del desiderio che si fa diritto: non solo la donna può decidere
se vuole il figlio (legalizzazione di aborto e fecondazione artificiale), ma
perfino la coppia “impossibile” può pretendere, con l’adozione o con la
provetta, di diventare genitore in totale assenza della sintesi padre-madre.”
Matrimonio e principi
non negoziabili: una guida per i politici.
“Di
fronte a questa autentica catastrofe antropologica e giuridica, appare del
tutto evidente che una simile materia occupa un posto fondamentale nella
galassia dei principi non negoziabili. Cedere infatti sul matrimonio e sulla
famiglia significa capitolare sul modo cruciale di ogni struttura sociale. Da
una concezione erronea del matrimonio e della famiglia derivano inevitabilmente
disastri civili, economici, politici, morali e perfino internazionali.
Distruggere giuridicamente il matrimonio è, metaforicamente, come smuovere una
piccola quantità di neve in cima a una montagna, provocando però un’enorme,
inarrestabile valanga. A valle, le vittime nemmeno si rendono conto della
causa. Proprio come avviene oggi nelle società ricche e disperate, devastate
dalla solitudine e dall’individualismo diffuso, società nelle quali in pochi si
accorgono che all’origine del disastro ci sono il divorzio e al progressiva
erosione del concetto di matrimonio. Di fronte a questa materia, il politico si
trova vincolato in coscienza a tenere una linea rigorosa che non ammette compromessi
al ribasso.
I politici non possono votare leggi
contro la vita o contro la famiglia e il matrimonio; e che i cittadini non
possono sostenere politici o partiti che nei propri programmi sostengano tali
ingiuste leggi. Il secondo documento riguarda i progetti di riconoscimento
delle unioni omosessuali. La Congregazione parla molto chiaro: lo Stato non
deve né riconoscere legalmente tali unioni, né – che sarebbe peggio –
equipararle al matrimonio propriamente detto. Il politico cattolico dovrà
opporsi in maniera chiara, incisiva e pubblica a leggi che riconoscono le
unioni fra omosessuali.
Il messaggio è inequivocabile: la
presenza del cristiano nella vita politica conserva un senso, anche di
testimonianza, soltanto a condizione che egli non si metta in vendita – o
peggio: non abbia idee sinceramente sbagliate – sulla frontiera cruciale della
famiglia. Ogni tradimento è, su questo terreno, intollerabile.”
Emmanuele
Fonte: IL TIMONE
(del Dicembre 2011)
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