Elena,la sua vita sembra divisa in momenti
dettati dal dolore : quello causato dalla malattia di suo figlio Maxim, affetto da paralisi celebrale e scomparso a
30 anni nel 2015; e un secondo momento
in cui il dolore incontra un senso anche
grazie alla sua condivisione. Quanto è importante non chiudersi nella
disperazione, ma affrontarla con gli
altri?
Per ogni famiglia che ha un bambino con
problemi di salute, il primo periodo è
difficile, porta con sé un grande
dolore e ci si sente smarriti davanti alla malattia. Si è in preda
allo sconforto e alla frustrazione che logora dentro. La mia famiglia non è stata
un'eccezione. Le persone che
consideravo anche sì sono rivelate
distaccate davanti al problema. Ho
dovuto lasciare il lavoro, perché Maxim ha avuto bisogno di cure costanti. E' stata la situazione stessa a darmi
forza, insieme alla fede e a nuove
persone più attente. All'inizio, mi sentivo come la sola al mondo ad avere un
figlio disabile, poi, l'incontro con le altre mamme con il mio stesso destino
mi hanno dato coraggio, ci siamo
sostenute e date forza.
Come si accetta la malattia di un figlio?
Per me, Maxim è stato il miglior figlio che potessi
avere ringrazio Dio di avermelo donato nonostante tutto, non l'ho considerato mai semplicemente
malato, ma un bambino venuto per
insegnarmi qualcosa in più, almeno farmi
scoprire più forte. Avere un figlio con
una patologia così invalidante è qualcosa che farebbe sanguinare il cuore di
ogni mamma. Rendermi conto che mio
figlio non reagiva ad alcuno stimolo è stata una sofferenza indicibile. Per quanto fosse faticoso stare a casa in
quella situazione, ogni suo sorriso mi
dava la forza di spostare le montagne. Sono
grata all'esempio di Santa Rita e all'aiuto delle suore che mi hanno permesso
di capire che se si ha fede si può superare tutto. Parlare di questa esperienza è per me molto emozionante, ma mi fa piacere se può
servire come incoraggiamento per quelli che vivono questa prova.
Che ruolo ha
il suo impegno a Gomel, dell'Associazione delle famiglie con i figli
inabili, colpiti da paralisi celebrale o patologie di midollo
spinale, di cui è fondatrice e
presidente?
Il contatto con la sofferenza ti
trasforma, ti rende più sensibile alla
sofferenza degli altri. Essere di aiuto
e aiutare i ragazzi in un percorso di inserimento allevia il mio dolore. L'associazione è nata per riempire il vuoto
di solitudine in cui si sentivano le mamme dei bambini con
disabilità. Il nostro motto è "insieme siamo più forti". Questo impegno mi fa sentire
gratificata, perché l'aiuto concreto è
molto importante che parlare solo di disabilità. Le famiglie hanno bisogno di assistenza sia
morale che materiale e l'associazione lavora per questo.
<<Santa Rita, certamente, mi è venuta incontro e mi è stata
vicina, sostenendomi dal cielo e dandomi
così la forza e il coraggio di andare avanti.>>
FONTE:
Bimestrale del Monastero agostiniano Santa Rita da Cascia. MAG.-GIU. 2016
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