sabato 23 novembre 2013

SCELSI DI ESSERE PER GLI ALTRI. ANNALENA TONELLI



            Annalena era una donna che sfuggiva a tutte le categorie e gli schemi: intelligente, energica, indipendente, grandissima lavoratrice e organizzatrice, una dedizione straordinaria ai suoi ammalati e una profonda spiritualità. Annalena aveva trovato nell'amore per gli ultimi il senso di una vita degna di essere vissuta. Una vita di sacrificio ad occhi estranei, ma - come lei amava ripetere - <<la migliore delle vite possibili>>.

            Annalena non è stata una meteora sfuggente nei cieli d'Africa o tra i suoi amici sparsi nel mondo. E' un seme fecondo che ha lasciato tracce profonde in tutti coloro che l'anno conosciuta e le hanno voluto bene. Ricordarla significa, innanzitutto, continuare a farla parlare, e nello stesso tempo, a farci interpellare. Come? Con la testimonianza che ha dato, con il suo farsi piccola - <<Io sono nessuno>>, ripeteva sempre - avendo però un radicamento molto alto: l'essere per Dio e per i poveri in Dio, quelli che per tutta la vita ha <<servito sulle ginocchia>>.

            Classe 1943, originaria di Forlì, sin da giovanissima si distingue per il suo impegno per gli altri, i più poveri e sfortunati. Per sei anni si dedica ai bambini dell'orfanotrofio e ai poveri delle sua città. Poi i suoi orizzonti si allargano e contribuisce a fondare il Comitato per la lotta contro la fame nel mondo. Si laurea in Legge e, nel gennaio del 1969, parte per l'Africa. Consegue l'abilitazione per l'insegnamento della lingua inglese nelle scuole superiori del Kenya. Ma è in ambito sanitario che lavorerà per tutta la vita, dopo essersi specializzata in medicina tropicale e nella cura della tubercolosi. Ed è proprio in questo settore che diventa uno dei massimi esperti a livello internazionale. E' suo infatti il protocollo di cura adottato dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) in molti paesi del mondo. Un interesse che nasce quasi per caso, durante la sua permanenza in Kenya. Sedici anni vissuti nel nord-est del Paese, in una delle zone più inospitali, dove comincia a conoscere e ad occuparsi dei nomadi di origine somala. Tutta la sua vita sarà al servizio di questa popolazione. Più di trentatre anni di faticosa ed esaltante condivisione, come lei stessa dice.

            Dopo pressioni e ricatti, Annalena lascia la gestione del suo ospedale nelle mani di Caritas italiana, che invia una dottoressa, Graziella Fumagalli, un'altra grande figura di laica missionaria, donna coraggiosa e integerrima che verrà uccisa poco dopo. Annalena passa un anno in Italia, quasi sempre in preghiera e isolamento in un eremo. <<Nella solitudine - mi dice - ritrovi il senso di tutto. Nella solitudine e nel silenzio ti vedi nella tua povertà, nel tuo essere nulla. Trovi il tuo equilibrio, ma anche la capacità dell'abbandono a Dio>>. Nel '96 si trasferisce in Somaliland, dove crea il Tb Center, un ospedale antitubercolare, che non ha eguali in tutta la Somalia, e dove promuove una serie di iniziative nel campo sanitario ed educativo. 

            Quando cominciammo a essere portate come esempio, un vecchio capo che ci voleva molto bene ci disse:<<Noi musulmani abbiamo la fede, ci disse un giorno, e voi avete l'amore>>.

            Annalena non è donna dalle mezze misure. Sempre e dovunque ha dato tutta se stessa. Senza risparmiarsi. Non c'è vezzo nel suo pudore, nel suo essere schiava, nel non voler comparire. Amava il lavoro nel nascondimento, dove si sentiva libera di essere completamente per gli altri. Nell'aprile 2003 vince il premio Nansen dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati. E' la prima volta che si sente parlare di lei pubblicamente. Per la prima volta tiene una conferenza nella sua città d'origine, Forlì. La sua era una lotta quotidiana per la liberazione integrale dell'uomo: dall'ignoranza, dallo stigma, dalla schiavitù e dai pregiudizi. Una lotta contro il fatalismo, la strumentalizzazione della religione, l'oppressione del più forte... Per questo Annalena era molto amata, ma anche molto odiata.

            <<Per quanto riguarda l'articolo-testimonianza su di me, penso che sarà meglio rimandare dopo la mia morte, se avrà ancora un senso... Forse presto. Potrei morire questo momento stesso>>. Così mi scriveva (dice Anna Pozzi) Annalena, pochi mesi prima di essere uccisa con un colpo alla nuca. Parole come un pugnale, che il giorno del suo brutale assassinio, il 5 ottobre 2003, mi hanno trafitto e illuminato. Lei sapeva con certezza che la morte poteva coglierla in qualsiasi momento. Lo sapeva, ma non ne aveva paura. Ne parlava spesso, con naturalezza. Come solo gli africani sanno fare. Era consapevole e pronta.

            <<Io da lunghi anni ho imparato o meglio ho capito nel profondo dell'essere che, quando c'è qualcosa che non va: incomprensioni, attacchi, ingiustizie, inimicizie, persecuzioni, divisioni, sicuramente la colpa è mia, sicuramente c'è qualcosa che io ho sbagliato>>.

            <<Eppure, la vita ha senso solo se si ama. Nulla ha senso al di fuori dell'amore. La mia vita ha conosciuto tanti e poi tanti pericoli, ho rischiato la morte tante e poi tante volte. Sono stata per anni nel mezzo della guerra. Ho sperimentato nella carne dei miei, di quelli che amavo, e dunque nella mia carne, la cattiveria dell'uomo, la sua perversità, la sua crudeltà, la sua iniquità. E ne sono uscita con una convinzione incrollabile: che ciò che conta è solo amare. Se anche Dio non ci fosse, solo l'amore ha un senso, solo l'amore libera l'uomo da tutto ciò che lo rende schiavo, in particolare solo l'amore fa respirare, crescere, fiorire, solo l'amore fa  che noi non abbiamo più paura di nulla, che noi porgiamo la guancia ancora non ferita allo scherno e alla battitura di chi ci colpisce perché non sa quello che fa, che noi rischiamo la vita per i nostri amici, che tutto crediamo, tutto sopportiamo, tutto speriamo... Ed è allora che la nostra vita diventa degna di essere vissuta. Ed è allora che la nostra vita diventa bellezza, grazia, benedizione. Ed è allora che la nostra vita diventa felicità anche nella sofferenza, perché noi viviamo nella nostra carne la bellezza del vivere e del morire. Io amo pensare: non c'è che una sola tristezza al mondo: quella di non amare>>.

EMMANUELE

FONTE:
AUTORE : Annalena Tonelli
TITOLO: Un Silenzio che grida
EDITORE : Pimedit onlus

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