«Una volta
Le ho detto, caro Mons. Marchetto, e oggi desidero ripeterlo, che La
considero il migliore ermeneuta del Concilio Vaticano II. So che è
un dono di Dio, ma so anche che Ella lo ha fatto fruttificare».
Queste
parole sono di papa Francesco, indirizzate il 7 ottobre all’arcivescovo
Agostino Marchetto, autore di diversi importanti studi di storiografia sul
Concilio Vaticano II (1962-1965).
L’importanza di queste parole sta
nell’interpretazione del Concilio presentata da mons. Marchetto nei suoi libri,
un’interpretazione in totale sintonia con quanto disse papa Benedetto XVI il 22
dicembre 2005 incontrando la Curia romana, alla quale ricordò che il Concilio
doveva essere interpretato come una riforma nella continuità dell’unico
soggetto Chiesa e non come una rottura con la storia della Chiesa. Mons.
Marchetto sostenne questa tesi prima del discorso del 2005 e ovviamente la
confermò anche dopo, nel suo secondo libro, criticando la tesi sostenuta dalla
cosiddetta Scuola di Bologna, secondo la quale il Concilio è stato un evento
rivoluzionario che va molto oltre i documenti conciliari, i quali ne avrebbero
invece ridotto lo spirito rinnovatore.
La Scuola di Bologna prende il nome
dalla città dove ha sede l’Istituto per le scienze religiose fondato da
Giuseppe Dossetti (1913-1996) e diretto per lungo tempo da Giuseppe Alberigo
(1926-2007), il curatore della principale opera storica in commercio sul
Vaticano II, in 5 volumi, dove viene sostenuta l’ermeneutica della
discontinuità del Concilio con la storia precedente della Chiesa. Proprio con
questa Scuola e con l’interpretazione del Concilio come “rottura”, mons.
Marchetto entrò in polemica nei suoi libri, mostrandone la posizione ideologica
e la distanza dall’insegnamento dei Pontefici, da Paolo VI a Benedetto XVI,
passando per il beato Giovanni Paolo II.
Ora le parole di papa Francesco
attribuiscono ulteriore importanza all’opera di mons. Marchetto, che ha avuto
il coraggio e la forza di criticare quell’interpretazione del Vaticano II che
ha dominato per decenni nei seminari, nell’editoria cattolica e laica, nelle
scuole e nelle università, diventando una sorta di luogo comune da cui ci si è
cominciati ad allontanare dopo il famoso discorso di Benedetto XVI del 22
dicembre 2005 e anche grazie al lavoro profondo di mons. Marchetto.
Questa interpretazione del Vaticano
II come “rottura” ha avuto tanta diffusione da contagiare anche
l’interpretazione ideologicamente contrapposta proveniente dal cosiddetto mondo
tradizionalista, che considera anch’essa il Concilio un evento rivoluzionario,
semplicemente ribaltandone la lettura, cioè considerandolo come un evento
rovinoso invece che positivamente profetico.
A entrambe queste interpretazioni
mons. Marchetto oppone quella contenuta negli interventi magisteriali di tutti
i Pontefici successivi al 1965, che non si sono mai stancati di invitare i
fedeli a leggere i documenti invece di “accogliere" le interpretazioni
riduttive, in quanto succubi di una lettura parziale del Concilio che culmina
inevitabilmente in una interpretazione ideologica.
EMMANUELE
FONTE: Tratto da una nota di Marco Invernizzi di Alleanza
Cattolica
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