Dal giorno
dell'uscita da Sept-Fons, il 2 luglio 1770, Cominciò il pellegrinaggio di
Benedetto Giuseppe: "andò a servire" a Lione, Chambery, Chieri,
Loreto, Assisi, Roma e poi di nuovo Loreto, Bari, Napoli, Malta e ancora in
Francia e a Compostela in Spagna, in Svizzera. E chissà dove, in quale luogo
che noi ancora non conosciamo ma che ha avuto la grazia di ricevere la sua
visita e gode della sua presenza.
Infine ancora a Roma, dove
soggiornò, salvo brevi viaggi, dal 1770 al giorno della sua morte. Camminava,
pellegrino dell'Assoluto, alla ricerca di santuari mariani, sempre assetato di
penitenza e di contemplazione, sempre più incurante di sé e delle sue esigenze.
L'essenzialità della sua vita - mangiava pochissimo, si vestiva di stracci,
dormiva all'agghiaccio nelle grotte della Suburra e sotto l'arco del Colosseo.
Nella Roma del '700, da una parte
opulenta e vanagloriosa, dall'altra piena di "pezzenti", Benedetto
Giuseppe fu un mendicante particolare. Andava con la sua ciotola a chiedere
l'elemosina, silenzioso, quieto, mite. Spesso ridistribuiva ad altri, che
riteneva più poveri di lui, quanto aveva ricevuto.
Attraverso la deposizione di Don
Ferdinado Fraja, un sacerdote che gli fu vicino, possiamo stabilire la sua
settimana di adorazione a Roma. Egli scrive: "Ordinariamente lo vedevo
andare alla Chiesa dei SS. Apostoli il lunedì; ... il martedì mattina a quella
di S. Cosma e S. Damiano, la sera alla Madonna di Loreto ai fori Traiani; il
mercoledì pomeriggio andava a quella del SS. Nome di Maria presso la colonna Traiana;
il giovedì e il sabato sera alla Madonna dei Monti; il venerdì a volte a S.
Agata ai Monti e la domenica a S. Maria in Campo Carle ... Era sempre raccolto,
con gli occhi chiusi, immerso in un amore che lo consumava; unificava tutte le
sue potenze nell'adorazione e nella contemplazione, senza alcun altro
interesse".
Veramente solo con Dio, con se
stesso, con la costante ricerca della volontà di Dio nella sua vita fu però
consolatore degli afflitti, testimone ed operatore di pace in vari conflitti
umani e soprattutto familiari; operò miracoli, si chinò sui sofferenti, accolse
le umiliazioni e si sentì sempre l'ultimo degli ultimi.
La strada per Benedetto Giuseppe non
fu sempre facile; spesso fu percosso, vilipeso e beffeggiato. A volte anche i
sacerdoti non riuscivano a comprendere questo strano pellegrino, giovane, che
passava la giornata immerso nella preghiera.
Il mercoledì santo - 16 aprile -
Benedetto Giuseppe uscì dall'ospizio dove dormiva per ordine del suo confessore
e si recò alla S. messa. Il guardiano dell'ospizio tentò di impedirglielo
poiché a stento si reggeva in piedi. Egli chiese solo un bastone più solido su
cui appoggiarsi. "Morirete per strada", disse il guardiano. "Che
importa!", fu la risposta di Benedetto.
Era l'ora dell'Ave Maria, verso le
18.00, e le campane di Roma iniziarono a suonare, mentre Benedetto Giuseppe
chiudeva la sua esperienza terrena.
Zaccarelli vuotò la sua sacca che
conteneva ben poche cose: un breviario molto rovinato, l'Imitazione di Cristo in
latino e altri pii libretti. Vi erano anche alcune immagini: il Bambino
dell'Arca Coeli, la Vergine di Loreto, una immagine del cuore di Gesù di Paray
le Monial, un'orazione in cui il cristiano offre all'Eterno Padre il Sangue di
Gesù. Ed ancora alcune monete, un almanacco strappato, delle bucce d'arancio e
di limone, delle croste di pane indurite.
EMMANUELE
FONTE:
Titolo: San Benedetto Giuseppe Labre una follia diventata amore; Editore: Laus
Caritas
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