domenica 22 gennaio 2012

MORALE PARTE 10

La coscienza
         Nell’Antico Testamento l’esistenza della coscienza è un dato indiscutibile . Nel Nuovo Testamento si usa la parola coscienza per ben trenta volte. Ma della coscienza parlavano già personaggi dell’antichità che non sapevano nulla di Abramo e di Mosè, di Gesù e di Maria, del catechismo e del Papa. Pitagora, filosofo e matematico che tutti abbiamo sentito almeno nominare, insegnava ai suoi discepoli a fare l’esame di coscienza due volte al giorno, prima di alzarsi e prima di andare a letto.
         Anche Socrate racconta di una voce interiore un pò misteriosa, che potrebbe essere interpretata come la coscienza morale che permette all’uomo di applicare la legge naturale alla vita concreta. Il filosofo storico Seneca ci ha lasciato una pagina commovente sulla realtà della coscienza:<<Davvero in te vi è Dio, è con te, è dentro di te. Così ti dico, Lucilio, che abita in noi qualche cosa di sacro, testimone e custode di ciò che è male e di ciò che è bene.>> Parole scritte da un pagano.
         Eppure, uomini di culture diverse e di epoche lontane avevano colto alcuni elementi centrali della coscienza, che potremmo riassumere così:
-         Il luogo del più intimo incontro fra creature e Creatore, dove Dio parla all’uomo;
-         Lo strumento di discernimento del bene e del male.
Siamo tutti dotati di una ragione teorica con la quale giudichiamo la verità o la falsità di una verità. San Tommaso spiega che <<il comando della coascienza non è altro che il pervenire del precetto di Dio al singolo>>. Dunque, la coscienza ha il compito di applicare ai casi concreti il principio generale per cui “si deve fare il bene ed evitare il male”. Più precisamente, la coscienza è una realtà che “funziona” secondo alcune regole oggettive:
-         La coscienza ha un ruolo applicativo, nel senso che non crea la legge morale, ma la attua nella realtà.
-         La coscienza è retta quando giudica correttamente, cioè quando applica davvero la legge naturale al caso concreto. E’ invece uno sbaglio parlare di retta coscienza quando la persona, pur sbagliando , agisce in buona fede, cioè nella convinzione di agire bene.
-         La coscienza può essere erronea, non è infallibile e può sbagliare. L’uomo non è impotente di fronte a questa fallibilità, ma ha un compito che dura tutta la vita: formare, educare, istruire la propria coscienza. Infatti, ignorare ciò che è giusto è spesso casuato da una certa dose di colpevolezza.
-         La coscienza può in certi casi concreti essere dubbiosa. Si parla di dubbio positivo quando le ragioni dell’esitazione sono fondate; di dubbio negativo quando non ha basi solide.
-         Nel caso in cui l’errore della coscienza sia invincibile, chi agisce non commette peccato. Se invece l’errore è vincibile, la colpa rimane.
Emmanuele
Fonte: Autore: Mario Palmaro – Titolo:”Introduzione alla morale” da i quaderni de IL TIMONE – Editore Art

Nessun commento:

Posta un commento

Post più popolari