venerdì 27 gennaio 2012

GESU’ NELLA SUA FAMIGLIA (Lc 2,41-52)

Per fortuna ci sono dei cristiani che credono nella famiglia. Prima di noi ci ha creduto Gesù, il quale ha voluto nascere e crescere in una famiglia. Il profeta Isaia parla di “un Dio nascosto” (I lettura). Difatti, Gesù è vissuto nascosto in famiglia per trent’anni. Come ha vissuto Gesù in famiglia?

Stando al Vangelo (Lc 2,41-52), Gesù condivideva i momenti religiosi dei genitori che “si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua”. Anche noi dobbiamo scommettere sulla trasmissione della fede in famiglia. Ciò avviene quando i genitori pregano con i figli e celebrano con loro le feste liturgiche nel tempo e nel modo dovuto. Abbiamo moltissime occasioni: l’avvento e il Natale, la quaresima e la Pasqua, la Pentecoste, il mese di maggio, la feste della Madonna. Se ogni famiglia saprà dare anche solo un segno per ognuna di queste feste - nella preghiera, nel cibo, nei piccoli regali, in qualche ornamento esteriore - allora ecco che i figli entreranno quasi naturalmente nel mondo della fede, perchè la loro memoria si è fissata nell’esperienza vissuta.
Gesù poi ubbidiva: “Stava loro sottomesso”. Chi ha autorità in famiglia sono i genitori che esercitano la propria responsabilità sui figli mai separata dall’amore, fatto di delicatezza, di ascolto, di fiducia, di perdono. Quando è così, i figli ci guadagnano ad ubbidire, perchè l’autorità è per loro un riferimento, una sicurezza, persone che confermano, sostengono, incoraggiano.
Infine, “Gesù cresceva in sapienza, età e grazia”.
Crescere in sapienza non significa sapere più cose, ma trarre dal sapere e dall’esperienza un significato per la vita. Ecco perché l’anziano dovrebbe essere il più saggio, perché sa che vivere non è solo fare e correre, ma è anche accogliere e amare.
Crescere in grazia significa crescere nell’amore di Dio, perché questo ci fa diventare meno egocentrici, meno acerbi, meno aggressivi, meno intolleranti delle debolezze altrui.
Maria “custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore”. Guardava al suo Gesù, e col passare degli anni avrà pensato: “Non è più lui che deve imparare da me, ma io da lui”. Come Maria, anch’io sono sempre alla scuola del Vangelo?

Don Marcello

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