sabato 7 maggio 2011

COMMENTO AL VANGELO: CRISTO L’AGNELLO DI DIO

Ringraziamo il nostro carissimo don Marcello che condivide con noi il commento al Vangelo domenicale (rito ambrosiano).

“Ecco l’agnello di Dio” (Gv 1,29-34). E’ questo il titolo preferito dal Battista per identificare Gesù. Che significato dare a questo titolo? E quale aggancio con la nostra vita?
Anzitutto significa la pazienza con cui Cristo soffre. Il libro degli Atti degli Apostoli, citando Isaia, dice: “Come una pecora egli fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca” (At 9,32). Per imparare la pazienza dobbiamo guardare a Gesù nella sua passione. La pazienza, infatti, è la capacità di portare con dignità situazioni molto pesanti, un modo di reagire alle difficoltà maturo e responsabile. Corrisponde al dominio di sé, alla forza d’animo, alla sopportazione serena e forte nelle prove. Senza di essa non è possibile affrontare le difficoltà della vita. E’ come scalare una montagna: la pazienza è la forza della salita.
“Agnello di Dio” significa anche la sua innocenza. Si legge nella prima lettera di Pietro: “Voi foste liberati dalla vostra vuota condotta con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia” (1Pt 1, 18-19). Anche qui il riferimento è alla passione di Cristo, dove emerge il messaggio che solo un innocente può salvare i peccatori. Un peccatore non può salvare un altro peccatore, perché si trova nella medesima situazione di peccato. Ecco perché ci rivolgiamo agli altri per trovare casa, lavoro, soldi, salute, ma ci rivolgiamo solo a Cristo l’innocente per trovare perdono e pace, fiducia e speranza.
Infine, significa la forza redentrice del suo sacrificio. Ed è il passo di oggi che lo suggerisce: “Ecco l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo”. Ancora una volta il riferimento è alla passione. L’agnello è l’immagine del servo di Dio che prende su di sé - togliendoli - i peccati di tutti. Già dal battesimo si capisce l’intenzione di Gesù. A lui non è bastato farsi uomo, ha voluto farsi carico dei nostri peccati, pur non avendoli. Questo si chiama solidarietà. Una scelta la sua che traccia la via anche a noi: non basta stare insieme agli altri, vivere sotto lo stesso tetto per volersi bene. Conta di più farsi carico dell’altro, con i suoi problemi e i suoi peccati. Il risorto rimane il crocifisso. Ed è un bene per noi che sia così
Don Marcello

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