Questa è la
testimonianza di un ragazzo (Gianni di 44 anni) caduto nel tranello della
droga, che arricchisce, alle loro spalle e sulla loro pelle, cartelli e
spacciatori della droga rovinandone la salute ed una normale vita sociale, e inoltre, prima di tutto, di formare una famiglia
normale ed infine di recare danno anche a tutta la società.
Nella comunità di Don Pierino tutti
vengono accolti come persone normali e noi tossicodipendenti normali non siamo.
La mia storia comincia da molto lontano: a 15-16 anni gli spinelli, a 19
l'ectstasy e poi quella prima sniffata. All'inizio, un bisogno latente e una
vita che apparentemente funzionava come quella di una famiglia qualsiasi: avevo
conosciuto Laura, oggi mia ex-moglie, poi sono arrivate le bambine, un lavoro
come impiegato contabile. Piano piano e senza accorgermene, però, la mia vita
andava a rotoli.
Credevo di poter gestire la droga ma
vi facevo ricorso sempre più spesso e non mi accorgevo dei tanti danni che
procuravo: trascuravo famiglia, genitori ed amici, non andavo al lavoro per non
arrivarci " fatto ", facevo mancare i soldi a casa e chiedevo
prestiti. Il ritiro della patente per guida sotto l'effetto di cocaina fu la
goccia che fece traboccare il vaso: persi il lavoro, ero depresso, disperato e
soffocavo questi sentimenti nell'alcol e nella droga. Mi sentivo scoppiare, non
vedevo futuro, volevo distruggermi ma continuavo a fare di testa mia. Fino
all'incontro con un ragazzo che mi raccontò la sua storia, molto simile alla
mia, e mi parlò della nuova famiglia che aveva costruito dopo esser stato nella
Comunità Incontro, da cui era uscito ormai da 10 anni.
Gli chiesi di mettermi in contatto
con loro: volevo tornare ad essere un uomo libero, come era tornato ad esserlo
lui. Da sedici mesi sono anche io in questa " valle della speranza ",
come la chiamava Don Pierino. All'inizio è dura; è un po' come tornare a
scuola. In comunità vigono regole, orari, impegni, responsabilità da rispettare
che la droga mi aveva totalmente tolto. Per me, per esempio, era impossibile
rispettare la puntualità. Un percorso duro, ma mi sta facendo bene.
Sono circa 80 ragazzi, ognuno con la
sua storia, ma tutti consapevoli che senza questo aiuto ci sarebbe stata la
morte. Quando sono entrato avevo paura, ero spaventato da tutto e da tutti; ora
sto ritrovando me stesso e il buono che c'è in me. Aiuto chi è appena entrato e
ho scoperto che farlo mi fa stare bene e mi dà qualcosa che fino ad ora non
avevo. Sono una persona "quasi" normale, non giudico più nessuno,
sono equilibrato, paziente ma penso che mi serva ancora del tempo.
Un
ruolo cruciale lo svolge la fede. Non lo dico con retorica: la droga
ti svuota di tutti i sani principi che la famiglia ti insegna. Parole come
dignità, rispetto, pazienza, amore, la sostanza le aveva cancellate. Ho riscoperto la gioia di pregare insieme
agli altri, ogni giorno recito il rosario, cosa che non avevo mai fatto, ho letto la Bibbia, faccio la comunione ogni domenica: la forza
in me ora la sta mettendo Gesù Cristo. Una rinascita, di questo si tratta,
che dedico alle mie bambine.
FONTE: Dalle
Api alle Rose; Bimestrale del Monastero Agostiniano Santa Rita da Cascia
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