giovedì 15 dicembre 2011

IL SEGNO DELLA CROCE.... E GLI 800 MARTIRI


Dai “Commenti sull’Apocalisse” di Pietro Colonna detto il Galatino Presbitero

Riferirò poche cose viste con i miei occhi.

Espugnata Otranto, città della provincia di Calabria, detta anche Japigia o Salentina, i Turchi, appena v’entrarono, irruppero con grande violenza nella Chiesa cattedrale e uccisero numerosi tra i sacerdoti che stavano celebrando il sacrificio eucaristico. E giunti vicino all’Arcivescovo (Stefano Pendinelli) che era sulla sua cattedra episcopale vestito dei paramenti pontificali e con in mano la croce, uno di loro, impugnata la scimitarra, gli staccò la testa con un sol colpo. E così decapitato sulla propria cattedra, diventò martire di Cristo,  nell’anno del Signore 1480, il giorno 11 agosto.
Al terzo giorno, il comandante dell’esercito, che i Turchi chiamano “Pascià”, ordinò che tutti i cristiani di sesso maschile, qualunque età avessero al di sopra dei quindici anni, fossero portati al suo cospetto, in una località chiamata “Campo Minerva”, distante circa un miglio dalla città, dove egli era attendato.
le teche con le ossa di martiri nella cattedrale di Otranto (LE)
Ed essendo stata condotta dinanzi a lui una moltitudine quasi innumerevole di cristiani, fece rivolgere loro (dall’interprete) la domanda per quale delle due scelte essi volessero optare: o rinnegare la fede in Gesù Cristo, o morire di morte atroce.
Ed uno di essi, che gli era più vicino, rispose: “Scegliamo piuttosto di morire per Cristo con qualsiasi genere di morte, anziché rinnegarlo”.
E poiché uno soltanto aveva risposto, il Pascià fece interrogare gli altri su cosa scegliessero. Ed essi subito gridarono in coro: “In nome di tutti ha risposto uno solo: siamo pronti a morire anziché abbandonare Cristo e la fede in Lui”. E si sentì un mormorio tra loro per lo spazio di circa un’ora, mentre si esortavano a vicenda e dicevano: “Moriamo per Gesù Cristo, tutti; moriamo volentieri, per non rinnegare la sua santa fede”.
Allora il Pascià, stravolto dall’ira, comandò che tutti, sotto i suoi occhi, fossero passati a fil di spada.
* * *
Perché questa lettura? Questa è una lettura che ho trovato su uno dei foglietti usati nelle chiese per seguire la Messa…. Sì ma perché? L’idea di proporvi questa storia, mi è nata una domenica mentre insieme ad alcune persone stavo assistendo ad una partita di calcio in TV. I calciatori escono dagli spogliatoi, percorrono i lunghi corridoi e fanno il loro ingresso sul verde prato dello stadio. Il primo gesto (spontaneo?)  fatto ancor prima di stringersi la mano è farsi un segno della croce. A quel punto arriva pronto il commento di una delle persone accanto a me: “Come sono ipocriti gli sportivi quando si fanno il segno della croce, ma non si vergognano?”. Tale commento era probabilmente rivolto al fatto che dopo il fischio iniziale dell’arbitro, i giocatori avrebbero dato vita ad una vera e propria battaglia in campo…. Ma la domanda mi ha fatto riflettere e la mia, forse impulsiva, risposta è stata: “Forse dovremmo vergognarci noi ogni qualvolta non abbiamo il coraggio di farcelo… il segno della croce”!
Capita spesso sui luoghi di lavoro di dimenticare a Chi apparteniamo… e ce ne ricordiamo quando le cose vanno male e magari diciamo: “Facciamoci un bel segno della croce e che Dio ce la mandi buona”. Non abbiamo più la buona abitudine degli anziani di fare un segno della croce prima di mangiare, ringraziando per quanto abbiamo sulla tavola. La croce che magari portiamo al collo, difficilmente è ben visibile… di solito è ben nascosta sotto la maglietta intima.  Siamo capaci di insegnare questo semplice gesto ad un bimbo quando viene portato in una chiesa, eppure siamo capaci di dimenticare come si fa… o magari semplicemente ce ne vergogniamo. Vergognarsi di cosa?
Voglio ora proseguire con la storia che vi ho proposto. La “moltitudine” di cristiani  è esattamente 800: gli 800 martiri di Otranto. Il primo che fu decapitato sopra un masso che ancora oggi viene conservato nella cattedrale otrantina era Antonio Primaldo. Mentre il suo capo rotolò a terra, il busto si alzò in piedi, e  inutili furono i tentativi dei saraceni di far cadere il corpo, che rimase in tale posizione fino a quando venne ucciso anche l’ultimo dei suoi compagni.  A quel punto il boia, tale Berlabei, cadendo in ginocchio per il prodigio, si convertì al cristianesimo. Il Pascià, a tale comportamento, fece uccidere anche lui.
Se è pur vero che non tutti siamo così coraggiosi da farci ammazzare per la nostra fede… è forse anche bene ricordare che, se è dal prezzo che si comprende il valore delle cose, la salvezza dell’intera umanità è stata “acquistata” con il sangue innocente di Cristo. Ecco quanto vale la nostra vita, la vita di ognuno di noi, indistintamente ancora prima che nascessimo. Consapevoli di ciò, forse la prossima volta non avremo timore di farci un semplice segno della croce ma, anzi, lo faremo con orgoglio.

TOBIA


1 commento:

  1. Leggendo questa righe affiorano nella mia mente le parole che porto stampate nel cuore, forse tra le più alte che siano mai state usate per definire il Crocifisso: "Il Crocifisso, Colui che sta con le braccia aperte e confitte per dirvi che vi ama, e che non vuole, non può colpirvi perché vi ama, e preferisce negarsi di potervi abbracciare, unico dolore del suo esser confitto, anziché aver libertà di punirvi..." (Tratto da "Il Poema dell'Uomo-Dio", scritti di Maria Valtorta). Possiamo non essere commossi, grati, orgogliosi (come ha detto Tobia) e, oserei dire, innamorati di un Dio così?

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