Dai
“Commenti sull’Apocalisse” di Pietro Colonna detto il Galatino Presbitero
Riferirò poche cose
viste con i miei occhi.
Espugnata Otranto, città della provincia di Calabria,
detta anche Japigia o Salentina, i Turchi, appena v’entrarono, irruppero con
grande violenza nella Chiesa cattedrale e uccisero numerosi tra i sacerdoti che
stavano celebrando il sacrificio eucaristico. E giunti vicino all’Arcivescovo
(Stefano Pendinelli) che era sulla sua cattedra episcopale vestito dei
paramenti pontificali e con in mano la croce, uno di loro, impugnata la
scimitarra, gli staccò la testa con un sol colpo. E così decapitato sulla
propria cattedra, diventò martire di Cristo,
nell’anno del Signore 1480, il giorno 11 agosto.
Al terzo giorno, il
comandante dell’esercito, che i Turchi chiamano “Pascià”, ordinò che tutti i
cristiani di sesso maschile, qualunque età avessero al di sopra dei quindici
anni, fossero portati al suo cospetto, in una località chiamata “Campo
Minerva”, distante circa un miglio dalla città, dove egli era attendato.
le teche con le ossa di martiri nella cattedrale di Otranto (LE) |
Ed uno di essi, che
gli era più vicino, rispose: “Scegliamo piuttosto di morire per Cristo con
qualsiasi genere di morte, anziché rinnegarlo”.
E poiché uno
soltanto aveva risposto, il Pascià fece interrogare gli altri su cosa
scegliessero. Ed essi subito gridarono in coro: “In nome di tutti ha risposto
uno solo: siamo pronti a morire anziché abbandonare Cristo e la fede in Lui”. E
si sentì un mormorio tra loro per lo spazio di circa un’ora, mentre si esortavano
a vicenda e dicevano: “Moriamo per Gesù Cristo, tutti; moriamo volentieri,
per non rinnegare la sua santa fede”.
Allora
il Pascià, stravolto dall’ira, comandò che tutti, sotto i suoi occhi, fossero
passati a fil di spada.
* * *
Perché questa
lettura? Questa è una lettura che ho trovato su uno dei foglietti usati nelle
chiese per seguire la Messa…. Sì ma perché? L’idea di proporvi questa storia,
mi è nata una domenica mentre insieme ad alcune persone stavo assistendo ad una
partita di calcio in TV. I calciatori escono dagli spogliatoi, percorrono i
lunghi corridoi e fanno il loro ingresso sul verde prato dello stadio. Il primo
gesto (spontaneo?) fatto ancor prima di
stringersi la mano è farsi un segno della croce. A quel punto arriva pronto il
commento di una delle persone accanto a me: “Come sono ipocriti gli sportivi
quando si fanno il segno della croce, ma non si vergognano?”. Tale commento era
probabilmente rivolto al fatto che dopo il fischio iniziale dell’arbitro, i
giocatori avrebbero dato vita ad una vera e propria battaglia in campo…. Ma la
domanda mi ha fatto riflettere e la mia, forse impulsiva, risposta è stata:
“Forse dovremmo vergognarci noi ogni qualvolta non abbiamo il coraggio di
farcelo… il segno della croce”!
Capita spesso sui
luoghi di lavoro di dimenticare a Chi apparteniamo… e ce ne ricordiamo quando
le cose vanno male e magari diciamo: “Facciamoci un bel segno della croce e che
Dio ce la mandi buona”. Non abbiamo più la buona abitudine degli anziani di
fare un segno della croce prima di mangiare, ringraziando per quanto abbiamo
sulla tavola. La croce che magari portiamo al collo, difficilmente è ben
visibile… di solito è ben nascosta sotto la maglietta intima. Siamo capaci di insegnare questo semplice
gesto ad un bimbo quando viene portato in una chiesa, eppure siamo capaci di
dimenticare come si fa… o magari semplicemente ce ne vergogniamo. Vergognarsi
di cosa?
Voglio ora
proseguire con la storia che vi ho proposto. La “moltitudine” di cristiani è esattamente 800: gli 800 martiri di Otranto.
Il primo che fu decapitato sopra un masso che ancora oggi viene conservato
nella cattedrale otrantina era Antonio Primaldo. Mentre il suo capo rotolò a
terra, il busto si alzò in piedi, e
inutili furono i tentativi dei saraceni di far cadere il corpo, che
rimase in tale posizione fino a quando venne ucciso anche l’ultimo dei suoi
compagni. A quel punto il boia, tale
Berlabei, cadendo in ginocchio per il prodigio, si convertì al cristianesimo.
Il Pascià, a tale comportamento, fece uccidere anche lui.
Se è pur vero che
non tutti siamo così coraggiosi da farci ammazzare per la nostra fede… è forse
anche bene ricordare che, se è dal prezzo che si comprende il valore delle
cose, la salvezza dell’intera umanità è stata “acquistata” con il sangue innocente
di Cristo. Ecco quanto vale la nostra vita, la vita di ognuno di noi,
indistintamente ancora prima che nascessimo. Consapevoli di ciò, forse la
prossima volta non avremo timore di farci un semplice segno della croce ma,
anzi, lo faremo con orgoglio.
TOBIA
Leggendo questa righe affiorano nella mia mente le parole che porto stampate nel cuore, forse tra le più alte che siano mai state usate per definire il Crocifisso: "Il Crocifisso, Colui che sta con le braccia aperte e confitte per dirvi che vi ama, e che non vuole, non può colpirvi perché vi ama, e preferisce negarsi di potervi abbracciare, unico dolore del suo esser confitto, anziché aver libertà di punirvi..." (Tratto da "Il Poema dell'Uomo-Dio", scritti di Maria Valtorta). Possiamo non essere commossi, grati, orgogliosi (come ha detto Tobia) e, oserei dire, innamorati di un Dio così?
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