domenica 20 febbraio 2011

Sanremo, il sorriso di Dio e tutto il resto....


61^ Edizione della più famosa kermesse della canzone italiana giunta ieri sera alla conclusione con la vittoria di Roberto Vecchioni.

Sanremo, città dei fiori (che a dire il vero quest’anno non hanno fatto parte dell’arredamento del teatro Ariston se si eccettua qualche mazzo regalato agli ospiti invitati alle cinque serate), anche quest’anno si è rivestita di musica.
“Chi canta prega due volte” si dice, perché la musica è una di quelle forme d’arte che permette di esprimere i sentimenti di gioia o dolore che vengono dal profondo del cuore. Il beato Luigi Maria Monti, imprigionato ingiustamente per 72 giorni con i suoi confratelli, passava le lunghe giornate della stretta prigione cantando e la popolazione di Desio ogni sera si raggruppava sotto le finestre per ascoltare l’inedito “gruppo canoro”. E lo stesso fanno i giovani tra le fiamme nel libro del profeta Daniele: cantano.
Poiché si usa dire che è sempre la canzone che a vincere e non l’interprete, non si può non applaudire la bravura di tutta l’orchestra, nell’era della musica digitalizzata il suono di violini e flauti ha sempre il suo gran fascino.
La tradizione vuole che il testo della classica canzone sanremese debba essere un testo che canti l’amore ma, come spesso accade, alcuni autori cercano l’eccezione che poi raramente ha successo.
Secondo la statistica, quest’anno la parola Amore nei testi delle canzoni è stata nettamente in calo rispetto alle precedenti edizioni, ma al grande Totò che diceva: “E’ la somma che fa il totale”, rispondo con la frase del nostro Padre Giuseppe Bonardi: “Se un uomo mette i piedi in un secchio pieno di ghiaccio e la testa in un forno acceso, avrà una temperatura media…perciò la statistica non sempre conta”.
Se l’amore cantato è anche un amore tradito, ecco la proposta di Anna Tatangelo che, eliminata e poi ripescata, pone l’interrogativo sulla necessità di intitolare la sua canzone con una parolaccia e ripeterla a gran voce più volte nel testo quasi ad imitazione di Marco Masini di qualche anno fa.
Nell’anno dei 150 anni dell’Unità d’Italia, ai primi posti viene quasi salomonicamente rappresentata l’Italia dal Nord al Sud: Al Bano ed Emma salentini doc, Vecchioni per il Nord insieme ai Modà (Kekko, il bravo solista è milanese ma mette tutti d’accordo tifando Napoli).
Peccato per la caduta dei La Crus che, nonostante il nome possa ricordare la croce e il titolo della canzone sia “Io confesso”, non mancano di sottolineare cosa mai ci possa essere di male nel tradimento non essendo per loro un peccato “perché non credo in Dio”. Sarà forse un inizio di ravvedimento quando chiedono: “…e un’altra possibilità io la voglio”? Mi auguro di sì.
Una citazione per la  canzone  “alla Pezzali” di Max Pezzali  che prosegue la sua linea di parafrasare gli eventi della sua vita con termini calcistici con “Il mio secondo tempo”…Nella prossima edizione ci aspettiamo “I minuti di recupero”!
Non manca la canzone patriottica (Tricarico) che infatti viene eliminata grazie ad un momento storico in cui la propria patria è apprezzata solamente da chi è costretto a lasciarla.
Classica anche la presentazione di Al Bano che, impareggiabile, “gioca” con la forza della sua straordinaria voce.
I Modà ed Emma sono la rappresentazione del nuovo che avanza, la forza, la grinta e il coraggio di raccontare tutto l’amore con una canzone con la voce di chi non è lì sul palco di Sanremo per caso.
Il festival come sempre è anche moda e non ho potuto non notare l’inconfondibile Giusy Ferreri che, nella serata del duetto con Stefano Sarcina de Le Vibrazioni, oppone un vistoso anello a forma di croce ai due anelli di Stefano a forma di teschio.
Un po’ troppo impacciate la Rodriguez e la Canalis così come in difficoltà Morandi davanti a Monica Bellucci che mi ha ricordatotanto gentile e tanto onesta pare la donna mia quand'ella altrui saluta, ch'ogne lingua deven tremando muta, e gli occhi no l'ardiscon di guardare di dantesca memoria. Ma mentre Gianni ne sottolinea la bellezza, ho molto apprezzato Monica che, quasi a ricordare la semplice ed effimera vanità che è appunto la bellezza, risponde con l’amore per suo marito e le sue due figlie.
Luca e Paolo sono stati capaci di far ridere senza dover ricorrere alla volgarità e l’ospite Benigni ha fatto capire quanto sia importante conoscere le proprie radici (e i 250.000 euro del compenso sono stati interamente devoluti ad un'ospedale di Firenze).
Dicevamo vince Vecchioni, uno di quei cantautori della musica leggera italiana che dopo tanti anni è ancora in grado di cantare con gli occhi chiusi, proprio a dimostrazione che quando canta dice tutto ciò che sente.
“Chiamami ancora amore” è il titolo, e la dedica non può che essere per colei che condivide da ben 30 anni gioie e dolori, le fatiche tra l’Università, la musica e la forza di crescere un figlio disabile.
Finisce anche questo Festival, vince Vecchioni ed è con le sue parole che voglio concludere ricordando che le idee non vengono solo dalla testa ma soprattutto dal cuore e se il cuore è pieno d’amore lo saranno anche le idee e saranno “come il sorriso di Dio in questo sputo di universo”.
Tobia


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