Dio è misericordioso. Il suo amore è misericordia. Dio ci guarda, ci tratta, ci guida, ci assiste con misericordia. Se Dio non fosse misericordiosa sarebbe un Dio tiranno, ma invece Lui ci sostiene con misericordia.
Portare la capacità di " misericordia " nel vissuto personale, familiare e sociale, come anima della propria giornata, fa parte di uno dei sogni di Gesù. Lui, quando la volle insegnare, si espose a incomprensioni che si tradussero in giudizi pesanti, per non dire, insulti. " Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è la donna che si è avvicinata a lui " commentò l'osservante fariseo Simone (Lc 7,39), " è uno che se la fa con i pari suoi, i demòni " (Mc 3,22; Mt 12,24), e così via. Nel primo caso si tratta di una prostituta, nel secondo di un povero ossesso: Gesù, alla prima, ridonò l'accoglienza negatale dalla società religiosa del tempo; al secondo, la liberazione da una schiavitù che gli rendeva la vita invivibile.
Di fronte a certe negatività umane,
forse nel segreto personale siamo più buoni di quanto sembra, siamo cioè più
misericordiosi. Il difficile viene quando la misericordia vuole entrare nel
proprio sociale e familiare: siamo sotto lo sguardo di tutti. A volte,
letteralmente, si esplode e appellarsi alla " misericordia " può
sembrare addirittura offensivo. La realtà è che " essere misericordiosi
" richiede di intraprendere un'umile cammino di ri-avvicinamento a Gesù
(Lc 7, 36-50, come fece la prostituta che pianse ai piedi di Gesù), alla Chiesa
(un po' più difficile se è rimasto scandalizzato), alla tua famiglia, alla
gente " malvagia " tra virgolette, che disgraziatamente si incontra
nella vita (non si vuole neppure sentir parlare). Si arriva così al bivio della
" non misericordia ", se vi si entra qualcuno può morire. Ma si può
arrivare anche al bivio della " misericordia " e qualche strada di
vita si apre, dando - dice l'Esortazione Apostolica di Papa Francesco, la
Evangelii gaudium, n. 169 - " al nostro cammino il ritmo salutare della
prossimità " che, rispettando, incoraggia " a maturare nella vita
cristiana ".
Rita da Cascia, nel vivo delle sue
difficoltà familiari, capì queste cose dialogando ininterrottamente col
Crocifisso. Imparò da Gesù che, anche quando stava morendo, disse parole di
amore per tutti: perché gli voleva bene (la madre, il discepolo Giovanni) come
per quelli che lo avevano condannato. Questi ultimi, mentre aspettavano che
morisse dissanguato, beffardamente lo deridevano: " Ehi, Tu, che se il re,
su! scendi dalla croce "! Ma Gesù rispose pregando: " Padre, perdona
loro, non sanno quello che fanno ".
Non sappiamo quanti dei presenti
accolsero la sua preghiera, di certo sappiamo che poco tempo dopo, un giovane,
forse di origine greca di nome Stefano, mentre lo lapidavano morì con la stessa
preghiera di Gesù morente. Dopo Stefano, tanti lo imitarono e continuano a
seguire Gesù, pregando con lui in quella testimonianza silenziosa della vita
che è amore che salva. Sono coniugi, figli, mamme e papà, consacrati. Grazie a
loro, la vita continua a produrre il battito del suo respiro. Essi hanno
conosciuto e fatto proprio quell'abbraccio dell'amore che il perdono, donato da
Gesù alla prostituta di Gerusalemme. Esso è la misericordia. Solo donandola, si
continua a vivere abbracciati.
FONTE:
Dalle Api alle Rose - La Rivista di Santa Rita da Cascia.
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