mercoledì 15 gennaio 2014

FAMIGLIA ED ECONOMIA. PARTE II



             Proseguiamo la delucidazione dei molteplici modi attraverso cui la famiglia è estremamente benefica per le imprese e per l'economia. Dunque la crisi della famiglia comporta crisi economiche.

         L'economia ha bisogno di etica altrimenti rischia di crollare: è ormai risaputo che la crisi economica mondiale è stata determinata anche da un pesante deficit etico. Il fallimento di Lehman Brothers e la crisi economica della Grecia, sono stati causati sia da malversazioni ed operazioni disoneste di alcuni manager, imprenditori e politici, sia da uno stile di vita sregolato, come ha spiegato recentemente Massimo Introvigne, in quanto moltissimi occidentali hanno coltivato uno stile di vita basato sui debiti allegri che non ci si può più permettere, così che, solo con quella che il Papa chiama una nuova sobrietà di vita, sarà possibile almeno frenare la crisi. L'economia ha bisogno di etica e la famiglia insegna le virtù.

         L'economia è debole in una situazione di violenza e criminalità. Ora, dove si sfascia la famiglia dialogano proprio la violenza e la criminalità.

         L'economia ha bisogno di attori economici che non siano poveri, che possano comprare. Ora, lo sfascio della famiglia incrementa la povertà.

     L'economia cresce se i lavoratori sono esseri umani psicologicamente sereni e preparati. La ricercatrice R. O'Neill ha rilevato i seguenti dati. I bambini che vivono con un solo genitore, rispetto ai bambini che vivono con entrambi i genitori, hanno una probabilità tre volte maggiore di conseguire cattivi risultati a scuola, un più alto tasso di bocciature e di abbandono scolastico, minori probabilità di laurearsi, il doppio dei rischi di contrarre malattie psicosomatiche e di avere la depressione o comportamenti antisociali ed il triplo di probabilità di avere problemi relazionali.

         Lo Stato può aiutare le imprese quanto più non ha costi sociali da assorbire. Ebbene, la famiglia assiste i malati e gli anziani e si sobbarca dei costi enormi che altrimenti graverebbero sullo Stato.

         La diminuzione delle nascite, talvolta al disotto del cosiddetto "indice di sostituzione", mette in crisi anche i sistemi di assistenza sociale, ne aumenta i costi, contrae l'accantonamento di risparmio e di conseguenza le risorse finanziarie necessarie agli investimenti. Quando la famiglia si sfascia i conti sociali diventano spaventosi.

           Per esempio, in Gran Bretagna è stato calcolato che il costo dello sfacelo della famiglia è di circa 20 miliardi di sterline all'anno, a causa dei bambini da prendere in carico, delle persone che restano senza casa, di quelle che finiscono nelle spire della droga, a causa dell'aumento della criminalità, delle numerosissime domande per i servizi sanitari, del bisogno maggiore di insegnamenti di sostegno nelle scuole, ecc... E negli Stati Uniti si calcola che ogni matrimonio che fallisce comporta un costo sociale che va dai 50.000 ai 100.000 dollari.

         I Paesi che in passato sono diventati grandi nazioni << hanno potuto uscire dalla miseria anche grazie al grande numero e alle capacità del loro abitanti>>, mentre la crisi demografica <<riduce la disponibilità dei lavoratori qualificati, restringe il bacino dei "cervelli" a cui attingere per le necessità della Nazione>> (Caritas in veritate, N.44)

         Similmente, l'inverno demografico diminuisce il livello generale di imprenditorialità, la quale porta alla creazione di nuovi posti di lavoro ed incrementa il fatturato. Infatti, l'imprenditorialità è molto correlata ai figli: chi investe in un'attività produttiva e continua a farlo ha in mente chi proseguirà in quest'opera; ma se non ha figli l'interesse e la voglia di investire diminuiscono. Parimenti, l'invecchiamento della popolazione determina quello della forza lavoro e della capacità di utilizzare le nuove tecnologie e ciò determina la perdita di competitività con le nazioni che hanno più giovani.

         Si può comprendere la giustezza della seguente affermazione della Caritas in veritate: è <<una necessità sociale, e perfino economica, proporre ancora nelle nuove generazioni la bellezza della famiglia e del matrimonio, la rispondenza di tali istituzioni alle esigenze più profonde del cuore e della dignità della persona. In questa prospettiva, gli Stati sono chiamati a varare politiche che promuovano la centralità e l'integrità della famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, prima e vitale cellula della società, facendosi carico anche dei suoi problemi economici e fiscali, nel rispetto della sua natura relazionale>> (n.44).

EMMANUELE

Fonte: rivista "IL TIMONE"

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