sabato 26 gennaio 2013

ALLEANZA CATTOLICA-ANGELO SCOLA

Comunità Ambrosiana
Newsletter n. 77 – dicembre 2012

 Newsletters n. 77 a cura di Marco Invernizzi di Alleanza Cattolica
 
Care amiche, cari amici,
il discorso del card. Angelo Scola tenuto nella solennità di sant’Ambrogio, il 6 dicembre, non è adatto a lettori frettolosi e superficiali e, d’altra parte, non si presta a letture semplificatrici. Il mio suggerimento è di leggerlo e rileggerlo più volte e di riflettere sui molti problemi che vengono impostati e che non necessariamente possono essere risolti subito facilmente.

Da parte mia sto facendo altrettanto. Mi limiterò perciò in questa occasione ad affrontare un aspetto dei tanti sollevati dall’arcivescovo ambrosiano, anche se forse è quello a cui ha dedicato maggiore approfondimento.

Da autentico pastore in questo caso, e non semplicemente da studioso, il card. Scola si pone il problema di come affrontare una delle maggiori difficoltà della “società plurale”, come l’arcivescovo chiama le società occidentali caratterizzate dal pluralismo religioso e soprattutto culturale.
Il problema è semplice e drammatico allo stesso tempo: come e quale convivenza pubblica è possibile in una società cosiffatta? L’arcivescovo ricorda anzitutto che il primo problema, in Europa, non riguarda i conflitti fra diverse comunità religiose, ma quello fra diverse culture o concezioni del mondo e dell’uomo. E, in particolare, il principale problema riguarda oggi il fatto che gli Stati occidentali hanno assunto una posizione ideologica che chiamano “neutrale”, rispetto alle diverse identità religiose, ma che in verità neutrale non è perché afferma e usa il secolarismo (o laicismo) come ideologia dello Stato. Questo comporta che le diverse esperienze religiose presenti nella società, soprattutto quelle, per varie ragioni, più esposte a critiche, vengono escluse dalla vita pubblica e ridotte all’ambito privato. Ma questo priva la società di un bene e genera un conflitto all’interno della società stessa.

Questo conflitto si è determinato in Europa dopo la Rivoluzione francese e per 200 anni ha caratterizzato la storia dei rapporti fra Stato e Chiesa. Oggi, la situazione è aggravata dal fatto che sono mutati i valori di riferimento e quindi il corpo sociale non è più omogeneo: infatti, non si deve pensare che tutti abbiano in mente la stessa cosa quando si parla di maschio e femmina, di matrimonio, di nascita e di morte, perché i riferimenti antropologici sono profondamente cambiati e ne esistono di diversi all’interno delle stesse comunità locali e nazionali.

Questo conflitto va superato, per l’arcivescovo milanese, “ripensando il tema della aconfessionalità dello Stato nel quadro di un rinnovato pensiero della libertà religiosa”. Quest’ultima, infatti, non significa semplicemente rispettare la peculiarità delle diverse comunità religiose presenti su un territorio, ma è molto di più e deve diventare una forma di libertà per cui queste esperienze religiose partecipano positivamente alla costruzione del bene comune. Per fare un esempio, le scuole espressione di comunità religiose o di famiglie, devono potere avere gli stessi riconoscimenti giuridici ed economici (e anche gli stessi controlli) delle scuole statali. E così per l’assistenza, gli ospedali, le università. Insomma, anche per quanto riguarda la libertà religiosa bisogna uscire dalla cultura statalista per cui lo Stato propone e organizza la società e quest’ultima si lascia “occupare”, negando di fatto e di principio il valore della sussidiarietà.

E allora, conclude l’arcivescovo, come si può uscire da questo equivoco per cui l’aconfessionalità dello Stato viene tradotta come indifferenza verso la religione e verso il dovere di cercare la verità?
Il problema appunto è la verità, “il caso serio” della vita come lo chiama il card. Scola. Verità che l’uomo ricerca, ma soprattutto Verità che “ci cerca e ci possiede” come ha detto l’arcivescovo citando sant’Agostino. Verità che, pur nel rispetto della libertà di tutti, non può essere sacrificata sull’altare del relativismo, perché in questo caso verrebbe snaturata l’idea stessa che sta alla base della libertà religiosa.

Marco Invernizzi

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