lunedì 15 ottobre 2012

GESU' COME ALLENATORE....


Eccoci puntuali anche questo mese con un interessante pubblicazione di Carlo Nesti, che come sempre ringrazio per la disponibilità.

Gesù come allenatore! Bel colpo sarebbe avere Cristo come allenatore della nostra squadra... mi viene subito spontaneo pensare però se vinceremmo ogni partita oppure le perderemmo tutte per poi sederci, nelle consuete sedute post-partita, ascoltandolo fino a comprendere il motivo del nostro fallimento che un giorno si tramuterà in vittoria. Lui diceva: "gli ultimi saranno i primi..." un concetto forse strano da accomunare alle gare sportive dove è esattamente il contrario, eppure..... (Tobia)


Gesù come allenatore

Accostare la vita del cristiano allo spirito dello sport non è affatto una stravaganza: “Non sapete che i corridori nello stadio corrono tutti, ma uno solo ottiene il premio? Voi dovete correre in modo da guadagnarlo!... Essi lo fanno per ottenere una corona che appassisce, noi invece una indistruttibile”. (1Cor 9, 24-25)

Ecco 2 concetti-chiave. L'esistenza, come una "gara", presenta sempre una serie di ostacoli da superare. Inoltre, il premio finale non è collocato in questa dimensione terrena, ma in una dimensione Eterna-Felice successiva. La vittoria definitiva, condizionata dal nostro "rendimento", è, comunque, rimandata.

Mi ha sempre stimolato paragonare ogni problema quotidiano a una partita di calcio. Scendiamo in campo, infatti, come se fossimo in uno stadio pieno di gente, perché abbiamo tante persone intorno, che ci consigliano una cosa o l’altra. Non esistono, purtroppo, solo i gol segnati, e cioè i problemi risolti positivamente.

Esistono, infatti, anche i pali colpiti, quando sfioriamo l'obbiettivo, senza raggiungerlo. Esistono i falli, le scorrettezze che commettiamo, o che subiamo, nella ricerca del traguardo. Ed esistono i gol subiti, nel momento in cui non riusciamo ad attuare la soluzione desiderata e progettata.

Ma l'aspetto-base è capire che, nelle pause del gioco, in cui è possibile riflettere, dobbiamo guardare verso il nostro Allenatore, in panchina, prodigo di indicazioni per noi. E chi è questo Allenatore, reale, e non virtuale, pronto a essere l’unica guida? Chi può suggerire la scelta giusta da compiere?

Semplice! Colui, che ci ha creati, e che, quindi, ci conosce meglio di tutti, perché segue ogni minuto delle nostre partite: Gesù. Se fatichiamo ad ascoltarlo, è perché non sfruttiamo abbastanza il modo, che ha insegnato, per comunicare con Lui, e per sintonizzarsi sulla Sua Frequenza: la Preghiera.

Naturalmente, occorre imparare a pregare, secondo una impostazione ideologica ottimale. La conoscenza del Vangelo, come fondamento del dialogo con il Signore, è il sistema per sapere cosa ci chiede, e capire, nel silenzio del raccoglimento, cosa gradirebbe, da noi, in qualsiasi circostanza.

Papa Giovanni Paolo II, in occasione del Giubileo degli sportivi del 2000, diede al linguaggio dello sport un valore ecumenico, come se fosse un vero "esperanto". Dire "goal", oppure "Olympic Games", significa farsi comprendere in qualsiasi angolo del mondo. Ciò che sembra dividere, con la sfida, al contrario, unisce.

L’errore comune è confondere il messaggio dello sport puro con le distorsioni dello sport business. Lo sport puro, in rapporto al Vangelo, è splendidamente pedagogico. Basta pensare al rispetto del prossimo, che non è un rivale-nemico, ma un proprio limite da superare. Al rispetto della “legge”: rispettare l’arbitro.

Basta pensare alla capacità di vincere, senza mai esaltarsi pericolosamente. Alla capacità di perdere, che si collega direttamente al senso delle Beatitudini. Dalla sofferenza per un insuccesso, nascono sempre un insegnamento per il futuro, e un’ipoteca sul “premio finale” della Felicità Assoluta.

Proviamo a paragonare la volontà a un arco, e il destino a una freccia, scoccata verso il cielo. La prima parte della traiettoria, ascendente, dipende da noi: dalla direzione che abbiamo stabilito con l’arco, e dalla potenza che abbiamo impresso alla freccia. In ciò, siamo in grado di condizionare la sorte.

La seconda parte della traiettoria, discendente, non dipende da noi, ma dal vento che, in quel momento, attraversa il cielo. Possiamo solo osservare cosa succede, in attesa di sapere dove cadrà la freccia, se vicina o lontana dal bersaglio. E’ la sorte, esclusivamente, a guidarla verso la fine del percorso.

Gesù, da un lato, afferma: “Non chiunque mi dice: «Signore, Signore», entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21). Dall’altro, insegnandoci il Padre Nostro (Mt 6,9-13), afferma: “Sia fatta la tua volontà”. Prima c’è l’azione (libero arbitrio), poi l’accettazione.

Analogamente, nello sport, ci si impegna per raggiungere un risultato, ma poi occorre accettare il verdetto, perché, se non esistessero un “primo” e un “secondo”, non esisterebbe la competizione. Nelle Olimpiadi di Londra, ad esempio, siamo stati primi 8 volte, secondi 9, e terzi 11, subendo qualche torto.

Mauro Berruto, allenatore della Nazionale di pallavolo maschile, medaglia di bronzo: “La Cagnotto, la Ferrari e Cammarelle, che avrebbero il diritto di recriminare, al di là del dispiacere, sanno che avere realizzato bene il loro lavoro conta più del risultato, legato ad altri fattori, compresi arbitro e giuria”.

Questo modo di ragionare rientra perfettamente nella filosofia cattolica, perché Gesù, guardando al nostro cuore, non ci chiede, per forza, le opere, legate a tante variabili, ma la volontà di compiere le opere. La volontà di essere buoni cristiani, infatti, dipende esclusivamente da noi, ed è ciò che ci salva. 
CARLO NESTI

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