sabato 9 giugno 2012

BENEDETTO XVI-13. LUPI TRA I LUPI

I cristiani non diventino lupi tra i lupi.
         <<Chi è in cammino verso Dio non può non trasmettere pace, chi costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio>>.
Come cristiani, siamo convinti che il contributo più prezioso che possiamo dare alla causa della pace è quello della preghiera. Il Signore può illuminare la nostra mente e i nostri cuori e guidarci a essere costruttori di giustizia e di riconciliazione nelle nostre realtà quotidiane e nel mondo.
         Dio promette la salvezza, invita ad <<esultare grandemente>> perchè questa salvezza si sta per concretizzare. Si parla di un re:<<Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso>>, ma quello che viene annunciato non è un re che si presenta con la potenza umana, la forza delle armi; non è un re che domina con il potere politico e militare; è un re mansueto, che regna con l’umiltà e la mitezza di fronte a Dio e agli uomini, un re diverso rispetto ai grandi sovrani del mondo: <<cavalca un asino, un puledro figlio d’asina>>, dice il profeta. Egli si manifesta cavalcando l’animale della gente comune, del povero, in contrasto con i carri da guerra degli eserciti dei potenti della terra.  Anzi, è un re che farà sparire questi carri, spezzerà gli archi di battaglia, annuncerà la pace alle nazioni.
         Ma andiamo anche ai momenti finali della vita di Cristo, quando Egli entra in Gerusalemme accolto da una folla festante. Egli cavalca un’asina, presa in prestito: non è su di una ricca carrozza, non è a cavallo come i grandi. Non entra in Gerusalemme accompagnato da un potente esercito di carri e di cavalieri. Egli è un re povero, il re di coloro che sono i poveri di Dio.
         Gesù è il re degli anawin, di coloro che hanno il cuore libero dalla brama di potere e di ricchezza materiale, dalla volontà e dalla ricerca di dominio sull’altro. Gesù è il re di quanti hanno quella libertà interiore che rende capaci di superare l’avidità, l’egoismo che c’è nel mondo, e sanno che Dio solo è la loro ricchezza. Gesù è re povero tra i poveri, mite tra quelli che vogliono essere miti. In questo modo Egli è re di pace, grazie alla potenza di Dio, che è la potenza del bene, la potenza dell’amore.
         La croce è il nuovo arco di pace, segno e strumento di riconciliazione, di perdono, di comprensione, segno che l’amore è più forte di ogni violenza e di ogni opressione, più forte della morte: il male si vince con il bene, con l’amore. L’orizzonte di questo re povero, mite non è quello di un territorio, di uno Stato, ma sono i confini del mondo.
         Ma come possiamo costruire questo regno di pace di cui il Cristo è il re? Il comando che Egli lascia ai suoi apostoli e, attraverso di loro, a tutti noi è:<<Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli... Ed ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo>>. Come Gesù, i messaggeri di pace del suo regno devono mettersi in cammino, devono rispondere al suo invito. Devono andare, ma non con la potenza della guerra o con la forza del potere.
         San Giovanni Crisostomo, in una delle sue omelie, commenta:<<Finchè saremo agnelli, vinceremo e, anche se saremo circondati da numerosi lupi, riusciremo a superarli. Ma se diventeremo lupi, saremo sconfitti, perchè saremo privi dell’aiuto del pastore>>. I cristiani non devono mai cedere alla tentazione di diventare lupi tra i lupi; non è con il potere, con la forza, con la violenza che il regno di pace di Cristo si estende, ma con il dono di sè, con l’amore portato all’estremo, anche verso i nemici. Gesù non vince il mondo con la forza delle armi, ma con la forza della Croce, che è la vera garanzia della vittoria. E questo ha come conseguenza per chi vuole essere discepolo del Signore, suo inviato, l’essere pronto anche alla passione e al martirio, a perdere la propria vita per Lui, perchè nel mondo trionfino il bene, l’amore, la pace. E’ questa la condizione per poter dire, entrando in ogni realtà:<<Pace a questa casa>>.
         La battaglia di san Paolo non fu quella della violenza, della guerra, ma quella del martirio per Cristo. La sua unica arma fu proprio l’annuncio di <<Gesù Cristo e Gesù crocifisso>>. La sua predicazione non si basò <<su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifesta zione dello Spirito e della sua potenza>>. Dedicò la sua vita a portare il messaggio di riconciliazione e di pace del Vangelo, spendendo ogni sua energia per farlo risuonare fino ai confini della terra. E questa è stata la sua forza: non ha cercato una vita tranquilla, comoda, lontana dalle difficoltà, dalla contrarietà, ma si è consumato per il Vangelo, ha dato tutto se stesso senza riserve, e così è diventato il grande messaggero della pace e della riconciliazione di Cristo. La spada che san Paolo tiene nelle mani richiama anche la potenza della verità, che spesso può ferire, può far male; l’apostolo è rimasto fedele fino in fondo a questa verità, l’ha servita, ha sofferto per essa, ha consegnato la sua vita per essa. Questa stessa logica vale anche per noi, se vogliamo essere portatori del regno di pace annunciato dal profeta Zaccaria e realizzato da Cristo: dobbiamo essere disposti a pagare di persona, a soffrire in primapersona l’incomprensione, il rifiuto, la persecuzione. Non è la spada del conquistatore che costruisca la pace, ma la spada del soffernte, di chi sa donare la propria vita.
Emmanuele




Fonte: Avvenire del 27 Ottobre  2011

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