domenica 13 maggio 2012

MORALE PARTE 12

Le virtù teologali e le passioni
Le virtù teologali sono le virtù soprannaturali, date all’uomo direttamente da Dio: fede, speranza, carità. Ad esse vanno aggiunti i doni dello Spirito Santo: Sapienza, Intelletto, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietà, Timor di Dio.
Le virtù teologali sono specifiche della morale cristiana, e sono di eccezionale importanza.
Fede: è la virtù per la quale crediamo in Dio e nelle verità che Egli ci ha rivelato, secondo gli insegnamenti della Chiesa. La fede è il motore, il fondamento dell’esistenza del cristiano, che ha il compito di:
custodire la fede: pecca chi la nega o la mette in pericolo;
aumentare la fede: con la preghiera e i sacramenti:
difendere la fede: ha l’obbligo di combattere gli errori contro di essa;
diffondere la fede: annunciarla a chi non conosce Cristo o a chi ne ha una conoscenza deformata o erronea è un dovere.
Speranza: è la virtù che permette al cristiano di sperare in ogni circostanza di perseverare in vista della salvezza eterna. Si aspira al Paradiso e si confida di poterlo conquistare, con la Grazia di Dio.
         Carità: è la virtù per la quale amiamo Dio sopra ogni cosa e il prossimo per amore di Dio. Questo amore non è prodotto dal cuore dell’uomo, ma è una pura donazione di Dio che lo infonde nel battesiomo.




Le passioni
2500 anni fa Buddha incontrò un vecchio, un ammalato, un morto e un asceta, Buddha concluse che l’uomo affida la propria felicità a cose che non possiede: la giovinezza, ed è insidiato dalla vecchiaia; la salute, ed è insidiato dalla malattia; la vita, ed è insidiato dalla morte. Dunque, Buddha scelse l’ascesi e la “fuga” sistematica dai beni terreni e dalle passioni. Le passioni dell’uomo non vanno sradicate, ma incanalate verso il bene.
Si deve escludere che la felicità dell’uomo consista nei beni del corpo (nutrizione e sessualità), perchè nessun uomo appagato da questi beni è completamente felice; lo stesso si deve dire della fama, della ricchezza, del potere, della salute, della bellezza, del lavoro. Anche le virtù sono solo una via per la felicità. Che consiste nel raggiungere Dio. L’uomo cerca un bene che lo riempia per sempre.
Soltanto in Dio sgorga una sorgente che toglie all’uomo la sete. Per sempre. Dio solo è il traguardo dell’uomo, la sua meta, la sua felicità. Dunque le passioni vanno considerate come una ricchezza, una forza dell’anima, a patto che siano assoggettate alla ragione e alla volontà.
Dunque, quando ci capita di avvertire certi stati d’animo o certi slanci emotivi, non dobbiamo spaventarci. Le stesse tentazioni in sè non sono cattive nè costituiscono peccato. Il punto è se decidiamo di acconsentire in modo sbagliato a queste inclinazioni. Soltanto in questo caso, allora, le passioni diventano la strada che ci porta a commettere il peccato. Tenendo presente, per altro, che quando vi è il rischio prevedibile di peccare, anche il mettersi nella condizione prossima al peccato grave è in sè stesso un peccato. Bisogna, in sostanza, evitare le occasioni.

Emmanuele
Fonte: Autore: Mario Palmaro – Titolo:”Introduzione alla morale” da i quaderni de IL TIMONE – Editore Art

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